Cellulare ancora sotto accusa. L’ultima indagine dice che l’abuso è rischioso

In attesa di una ricerca che dica il contrario uno studio dimostra che c'è un nesso tra uso e tumori. Subito una campagna di sensibilizzazione su vasta scala sui rischi dell'uso intensivo del telefono cellulare se vogliono evitare un “disastro salute di grandezza” come il tabacco o l'amianto

Secondo uno studio realizzato da ricercatori dell'unità di epidemiologia dell'Università di Bordeaux, mezz'ora al giorno di telefonate al cellulare aumenta il rischio di tumore al cervello. I risultati della ricerca sono stati pubblicati dalla rivista Occupational and environmental medicine. Dopo aver esaminato un campione di persone affette da meningioma e glioma, gli studiosi hanno stabilito un legame tra l'insorgere del male e l'uso prolungato e continuativo negli anni del telefonino.Secondo loro, bastano 15 ore al mese per aumentare i rischi anche del doppio. Un’importante notizia in campo scientifico per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”. Gli Stati europei dovrebbero lanciare campagne di sensibilizzazione su vasta scala sui rischi dell'uso intensivo del telefono cellulare se vogliono evitare un “disastro salute di grandezza” come il tabacco o l'amianto. Un'esposizione ripetuta a onde elettromagnetiche utilizzate dai telefoni cellulari può portare a problemi di salute significativi. A tal proposito, ricordiamo tutti la storia italiana di un dirigente d'azienda divenuto invalido per colpa del telefonino, riconosciuto tale da un giudice. È stata la prima sentenza di un tribunale del lavoro che ha riconosciuto la malattia professionale ad un dirigente di un’azienda bresciana che, per dieci anni, ha lavorato utilizzando per ore e ore il cellullare e il cordless. L’uomo, Innocenzo Marcolini di 57 anni, è stato colpito da un tumore benigno al nervo trigemino. L’intervento chirurgico lo ha salvato ma le conseguenze sulla qualità della vita sono terribili. In parte ricompensato da questa sentenza di vittoria contro l’Inail che gli riconosce nella misura dell’80% la malattia professionale. Si è trattato del primo giudice dunque che riconosce il nesso causale e il conseguente accertamento di invalidità da esposizione professionale.

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