Il fondatore de La Repubblica deve essere stato contagiato da un grazioso vizio di Silvio Berlusconi: negare il giorno dopo ciò che si è affermato il giorno prima. Su La Repubblica di oggi 5 gennaio, scrive: “È nata una polemica sul tema del peccato e, a detta di alcuni miei critici, io avrei sostenuto che il Papa lo ha di fatto abolito. Io non ho detto questo: un Papa cattolico non può abolire il peccato, può estendere a tutte le anime la misericordia divina fino all'ultimo attimo d'una vita di peccati gravi e ripetuti; ma in quell'attimo finale il peccatore si penta e sarà perdonato. Dunque il peccato c'è e richiede pentimento”. Ed ecco, in un articolo intitolato “La rivoluzione di Francesco: ha abolito il peccato” (La Repubblica del 29 dicembre), che cosa scriveva: “Francesco abolisce il peccato servendosi di due strumenti: identificando il Dio cristiano rivelato da Cristo con l'amore, la misericordia e il perdono. E poi attribuendo alla persona umana piena libertà di coscienza”. Ora, io capisco che la memoria può fare brutti scherzi, giacché non è passato solo un giorno, ma circa una settimana, però, gentile Eugenio, non poteva andare a rileggerselo il suo articolo precedente?
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