Intervista all’on. Cinzia Dato (Ulivo)

Iscritta ai Gruppi parlamentari La Rosa nel Pugno

Membro della I Commissione affari costituzionali della Presidenza del Consiglio e Interni

Delegazione italiana all’assemblea parlamentare della organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa

«La questione di questo gruppo di eletti all’estero venga affrontata, mediata dai partiti politici che si facciano portatori dell’interesse generale del paese».

Legge elettorale. Gli italiani all’estero sono preoccupati, si sentono minacciati

Guardi, io trovo che si sia trattato il tema importantissimo degli italiani all’estero in modo molto minimale. Vale a dire che questa riforma sul voto degli italiani all’estero che, va detto, c’era anche prima però dovevano venire in Italia, è stata fatta guardando un po’ai tornaconti politici reali o supposti. Ed è stata fatta mettendo in atto principi e criteri balzani. Le faccio un esempio semplice. L’idea di dividere il mondo in collegi italiani è stata una follia. Inoltre è una legge insoddisfacente perché quello che andava fatto era valorizzare l’italianità nella globalizzazione. L’Italia ha un patrimonio straordinario perché è stato il paese di più massiccia emigrazione. Quindi ha effettivamente dei suoi figli sparsi nel mondo che sarebbe prezioso ricollegare alle strategie italiane per fare delle politiche importanti nella modernità. Invece, è stato curato, questo teorico diritto dello ius sanguinis per proporre delle rappresentanze senza progetto senza programma reale. Che poi che cosa fanno? Dovrebbero battersi per dare delle pensioni? Cioè non è credibile che l’Italia in queste condizioni possa, senza politiche importanti di crescita, attuare politiche assistenziali di questo tipo. E la legge è insoddisfacente. Come si fa a fare una legge per il voto degli italiani all’estero se ancora oggi se lei ed io andiamo all’estero, ci troviamo all’estero, non possiamo votare? Un italiano all’estero non può votare per le due elezioni più importanti che sono quelle regionali e quelle europee. Ci sono vari aspetti di questa legge del tutto insoddisfacenti. Credo che l’Italia dovrebbe lavorare seriamente anche sul piano delle attività del governo. Ripeto, piuttosto che italiani all’estero, bisognerebbe parlare dell’italianità nella globalizzazione e mettere in atto delle politiche delle strategie delle azioni, delle iniziative volte appunto a ricollegare l’italianità non di sangue, l’italianità anche di cultura. L’Italia è un paese straordinariamente amato da parte di tutti coloro che si occupano di arte di musica di design. Noi dovremmo mettere in atto politiche di questo tipo.

Quella che suole definirsi l’informazione di ritorno?

La divisione in partitini che hanno i loro rappresentanti all’estero non è in alcun modo utile e soddisfacente. Una specie di frammentazione di spaccatura ecc che poi ci porta ad eleggere alcuni rappresentanti che mi sembra essi stessi non siano così straordinariamente soddisfatti. Il nostro paese va incontro ad un costo, si parla dei costi della politica, enorme senza riuscire, ripeto, ad utilizzare questo investimento per strategie di crescita e di allargamento proprio dell’italianità.

Devo interpretare che i partiti fanno in qualche modo da impedimento, lei parla di frammentazione, all’attività degli eletti all’estero?

Io credo di sì. Poi lei vede come vengono adoperati e poi in questa difficile situazione del Senato, i piccoli condizionamenti ma difficili da accettare alla luce della visione ampia che richiederebbe la globalizzazione. Voglio dire anche, adesso stiamo discutendo, siamo in dirittura di arrivo per l’approvazione di una nuova legge sulla cittadinanza, che dobbiamo metterci d’accordo noi sul riconoscere, per esempio, l’italianità a tutti coloro che lavorano in Italia che fanno parte di questo tessuto. Insomma ci vuole una visione antropologicamente più ampia e moderna dell’italianità.

Ieri si è tenuta una conferenza stampa in previsione della finanziaria dei cinque senatori dell’Unione con la quale hanno minacciato il governo di diventare, tutti insieme, il Pallaro della presedente finanziaria. Questa volta non sarebbe solo Pallaro a porre l’out out, ma tutti e cinque i senatori. Questa è una palese insoddisfazione non solo per i risultati ma anche per le costrizioni subite dai loro partiti.

E’ troppo facile che in questo momento qualcuno che si trovi al senato si interroghi sul modo in cui può utilizzare questo vantaggio che ha di condizionamento.
Io credo che i fondi sono un aspetto molto importante dell’attuazione di scelte politiche ma di scelte politiche in questo ambito devono essere di ampio respiro. Non possono essere di natura assistenziale perché come lei sa abbiamo il problema delle pensioni in Italia. Abbiamo il problema di una marginalizzazione, di un aumento della povertà. Abbiamo tali e tanti problemi interni che ci sembra davvero poco ammissibile, poco comprensibile, in questo momento, proporsi di mettere in atto politiche assistenziali all’estero. Credo che noi dovremmo finanziare azioni politiche, fare investimenti che abbiano naturalmente come interlocutori forti gli italiani all’estero, ma all’interno di una strategia di espansione e crescita dell’Italia ciò che io intendo per italianità in senso ampio. Bisogna essere realisti. Capire qual è la situazione del nostro paese per quali vie il nostro paese può riprendere un trend di crescita ed espansione di riaffermazione di un qualche primato intellettuale culturale che l’Italia ha sempre avuto nel mondo e che rischia di entrare in crisi. Per esempio, la nostra politica sulla ricerca, sulla università. La cultura ha queste basi, queste radici. Se mi si dicesse di fare una politica per la quale tutta una serie di studiosi, di ricercatori, che sono di origine italiana lavorano su temi molto importanti per l’Italia in collegamento con progetti italiani perché questo determina una capacità di espansione, direi allora che questo sarebbe un investimento che si ricollocherebbe a strategie di crescita e di affermazione dell’italianità. Dare delle pensioni agli italiani di seconda e terza generazione, forse, non abbiamo le spalle sufficientemente robuste come paese. Avere manie di grandezza, ci potrebbero portare ad assistere tutti i figli, nipoti di emigranti in qualunque parte del mondo si trovino. L’impostazione non può che essere che quella di ricollegare l’italianità che è fuori del nostro paese alle strategie del nostro paese e lavorare insieme considerando appunto italiani non solo coloro che vivono e producono in Italia ma anche coloro che si trovano nelle altre parti del mondo. Essere italiani e portatori di italianità significa offrire qualità pregiate, pregevoli e, voglio volgarizzare, straordinariamente vendibile se giustamente comunicato e promosso.

Se dipendesse da lei, aumenterebbe o diminuirebbe il numero dei parlamentari eletti all’estero?

Guardi, adesso stiamo diminuendo il numero di tutti i parlamentari, quindi evidentemente andrà diminuito anche quello degli eletti all’estero. E’ chiaro ed io mi auguro di non trovarci di fronte a piccoli condizionamenti che abbiano il sapore del ricatto dato la difficile situazione del nostro parlamento. Ciò è il frutto del perverso sistema elettorale con cui è stato composto il parlamento di questa legislatura. Spero che le posizioni che prevaleranno non siano i piccolo condizionamenti di ciascuno a difesa del proprio interesse personale. Vede, in Italia si sta parlando molto della crisi della politica, di questa ventata di antipolitica a partire dalle diagnosi di Montezemolo a quelle dei giornalisti che pubblicano i libri sulla classe politica ed a quelle dei comici che imperversano in modo focoso. Almeno studiassero un poco prima di proporre riforme perché tutto questo avviene nella inconsapevolezza più assoluta. In realtà noi siamo un sistema che si regge insieme e la debolezza di questo sistema paradossalmente non è data dallo strapotere e dalla forza dei partiti. E’ il contrario, la debolezza di questo sistema è data dalla debolezza dei partiti. Voglio dire che la debolezza dei partiti si ha dal momento in cui i cittadini si ritirano dalla partecipazione politica attiva. Il partito si stacca dalla società e si concentrai invece nello Stato dove effettivamente ha una forza. Ma una forza da soggetto debole socialmente. Questo cosa produce? Le faccio un esempio. Le riforme importanti in termini di liberalizzazioni che sono state bloccate non sono state bloccate dall’uno o dall’altro partito anche se l’una o l’altra forza politica hanno fatto da portavoce. Sono state bloccate dalle lobbyes, dai gruppi di interesse. E questa difesa di interessi particolari che non riesce ad essere autorevolmente mediata da partiti forti, dipende dal fatto che i partiti non sono forti e quindi chinano il capo sotto la pressione dei piccoli interessi corporativi di parte. Questo impedisce al nostro paese di fare delle riforme importanti. Allora, il tema qual è? Il tema vero è che i cittadini dovrebbero partecipare di più, occuparsi di più di politica e lavorare all’interno di partiti. Il partito ha come funzione quella di prendere la domanda politica, i bisogni, gli interessi particolari e dar loro una risposta all’interno di una visione generale della società. Operare nell’interesse generale, in un disegno di società in cui non ci sia qualcuno che vince e qualcuno che perde ma è la società nel suo complesso che deve vincere tutta. Un avanzamento della società nel suo complesso. Il partito fragile, il partito da cui il cittadino si ritira, è l’origine del decadimento della politica. Io spero che anche la questione del voto degli italiani all’estero, della loro rappresentanza politica non debba davvero essere trattata alla luce dell’interesse di questo gruppo di eletti all’estero ma venga affrontata, mediata dai partiti politici che si facciano portatori dell’interesse generale del paese. Venga affrontata nel contesto della riforma del parlamento cui stiamo intensamente lavorando in prima commissione e se bisogna diminuire il numero di parlamentari che vada diminuito tutto. Poi ci sono aspetti molto importanti da trattare. Lei pensi la scarsissima partecipazione di donne al parlamento italiano, allora una battaglia che io sto conducendo è quella di far sì che nel momento in cui si fissa un numero di parlamentari da eleggere, si dica pure che non più di una certa quota possa appartenere allo stesso genere. Questa è una riforma che hanno fatto tutti i paesi che in un certo qual modo hanno riequilibrato la presenza di genere. Questo non è un problema delle donne, è incredibile ci possa essere un parlamento di soli uomini. Abbiamo di fronte una riforma importante che è una riforma di sistema che va affrontata in questi termini. D’altro canto se i parlamentari eletti all’estero sono 18 o meno non cambia niente nel senso che è importante che ci siano delle voci che ricolleghino le politiche che fa il nostro paese con le grandi potenzialità e ricchezza che abbiamo a causa della nostra ampia emigrazione. Non è un problema di quantità. Dobbiamo essere tutti quanti uniti in una strategia di crescita ed esaltazione delle enormi potenzialità che il nostro paese ha e che grazie ai suoi figli che vivono altrove può sfruttare in modo straordinariamente proficuo per il nostro paese e per tutti gli italiani e gli amanti dell’Italia.

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