Un anno di legislatura per gli eletti all’estero

Un solo anno di legislatura non è sufficiente per poter fare un resoconto attendibile dell’operato degli eletti all’estero. Una cosa è certa: il lavoro delle Camere è lento. Tre giorni la settimana sono troppo pochi per poter legiferare con speditezza.
Vero è che, a causa del governo Prodi che ha sfiorato il tracollo, troppa carne a cuocere non poteva esser messa.
In tutto questo i 18 eletti all’estero, si sono trovati spiazzati, ma di più, non potevano fare. Il bilancio è, dunque, positivo. Non siamo al: «Erano 18, erano giovani (sic!) e forti e sono morti».
I richiami ed i moniti del Presidente Napolitano a lavorare di più e meglio, hanno suscitato non pochi imbarazzi tra Camera e Senato.
Tutto il periodo è stato costellato dalla sindrome di Pallaro della quale sembra essersi contagiato, ultimamente anche il Senatore Turano che ha minacciato di lasciare questa maggioranza. Fossi nei panni di un senatore eletto all’estero, mi divertirei a minacciare di lasciare la maggioranza. Si tratta di una sindrome di visibilità connotata da azioni più o meno rilevanti attraverso le quali indicare sé stessi nell’atto di fare, dire, promuovere istanze a favore dei connazionali all’estero. I disturbi provocati da questa sindrome, hanno portato molti parlamentari ad assumere atteggiamenti a volte plateali.
L’informazione di ritorno, ha lasciato a desiderare. Non sappiamo, per esempio, le reazioni dei nostri connazionali in Venezuela per le ultime novità allegramente repressive di Chavez. Come neanche abbiamo avuto notizia delle ultimissime controversie moscovite. Ma si sa, questi sono paesi difficili.
Non si pensi che in Parlamento, questi 18 possano fare chi sa che cosa. Nessuno dei parlamentari può fare chi sa che cosa. Lo dico perché è invalso, nella mente dei cittadini, anche quelli all’estero, l’erronea credenza che, una volta entrati nei meandri dei Palazzi, tutto sia possibile.
Ferrigno, Romagnoli e Picchi non hanno trovato punti di convergenza tra loro. Angeli e Cassola, ciascuno per parte sua, conducono, in solitaria, la propria vita parlamentare. I cinque dell’Ulivo: Fedi, Narducci, Bafile, Bucchino e Farina, sono sembrati più coesi. Gino Bucchino, il cattivone, si è rivoltato, una volta contro Danieli lamentando un lungo e colpevole abbandono.
Pallaro è quello che ha tenuto banco ed ha calcato le tavole della ribalta. Ha presentato pure un libro, in pompa magna, sulla storia dell’emigrazione italiana in Argentina. Il tutto con l’invidia di Pollastri e Randazzo. Quest’ultimo, un libro, l’avrebbe saputo scrivere. A saperlo, avrebbe potuto anticipare il collega.

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