Piccole e grandi storie, leggende metropolitane, chiacchiere e “si
dice”, presunti misteri e tante curiosità sono gli elementi che Fabio
Ceraulo ha messo insieme passeggiando per Palermo e imbattendosi in
parenti, amici, conoscenti ed estranei che avevano voglia di
raccontare ricordi a un “esploratore urbano” come lui e raccolto
nell'antologia “Palermo nascosta” (Dario Flaccovio editore, pagg. 158,
€ 10,00) da cui emerge una città in cui si tramandano bizzarre vicende
di spiritismo, si custodiscono amare memorie dell'epoca garibaldina e
delle due guerre mondiali e si delineano ritratti di personaggi –
alcuni illustri e molti sconosciuti – che hanno lasciato traccia di
sé, nel bene o nel male, fra i loro contemporanei rivelando e svelando
aspetti inediti e misconosciuti del capoluogo siciliano. Fabio Ceraulo
con il libro concorre alla terza edizione del Premio Letterario “Torre
dell'Orologio” di Siculiana. L'intervista.
Qual è il lato più affascinante della “Palermo nascosta” e inedita che
emerge dai racconti?
Palermo è una miniera inesauribile di tesori artistici, culturali, e
ricca di storia come forse poche altre città al mondo. L'aspetto più
affascinante nell'affrontare la stesura dei racconti contenuti nel
libro è stato andare al di là del monumento famoso o della pagina di
storia fredda e schematica. La vera Palermo nascosta è nei vicoli, nei
cortili, nei mercati popolari, e dal mio punto di vista (che poi ha
fatto nascere il libro) soprattutto all'interno di noi stessi, nelle
nostre radici, nei nostri ricordi. Esplorare la memoria della gente è
stato portare alla luce storie e aneddoti di ogni sorta, misteri o
anche semplici squarci di vita vissuta. Ad esempio i ricordi legati al
periodo della guerra, con la fame, la miseria, le fughe ai ricoveri
per la paura dei bombardamenti, è stato il momento più toccante, anche
perché vissuto pure dalla mia famiglia. O anche parlare di in modo
inedito di due figure palermitane importanti, anche se totalmente
diverse, come Franco Franchi e don Pino Puglisi. L'esperienza di
questi racconti fa comprendere più facilmente chi siamo e soprattutto
rendere pubblici questi racconti attraverso un libro, penso sia il
modo migliore per evitare che la memoria, che è una risorsa, non vada
perduta. Considero questo l'aspetto più significativo del termine
“nascosta”.
A scoprirne lati diversi ha contribuito maggiomente la sua attività
nel settore turistico o nel web? ci sono delle differenti rilevanti
fra le due fonti?
Le due attività non sono ovviamente correlate tra loro. L'accompagnare
spesso turisti in giro per il centro storico mi ha fatto capire che
non ci accorgiamo dell'inestimabile tesoro che sta davanti a noi. Il
turista apprezza molto più di noi, forse. Girando e osservando si
capisce molto di più che vedendo una foto su un libro di arte o di
storia. Le emozioni vanno vissute sul campo. Il web è il mezzo di
comunicazione immediata più potente, ed è grazie al web e tramite un
blog che ho creato un anno fa, che ho potuto diffondere in modo
semplice e veloce le informazioni sui fatti palermitani di cui mi
piaceva parlare. Il successo del blog ha fatto sì che qualcuno della
casa editrice, un giorno, mi contattò e propose di raccogliere le
storie narrate su internet, in un libro. Il titolo del libro è lo
stesso che avevo dato al blog in tempi non sospetti.
E le informazioni che si ricavano dalla Vucciria o dal Capo hanno
sfumature diverse?
La Vucciria e il Capo, che fanno parte del trio di mercati storici
della città (assieme a Ballarò), oggi sono realtà molto diverse tra
loro rispetto al passato. La Vucciria oggi, come mercato in quanto
tale, non esiste più, ed è un luogo di grande degrado, seppur
movimentato da vari localini nel weekend. È un aspetto che viene
trasmesso e sottolineato con rammarico dai suoi abitanti più anziani e
dalle sue storie. Per ironia, è anche dei tre mercati quello più
famoso nel mondo. Il Capo resiste ancora, anche se a stento, e secondo
me è quello più misterioso e accattivante, in primis perché custodisce
ancora quella che è considerata la leggenda più popolare della città,
cioè della famigerata setta dei Beati Paoli, che è tanto cara ai
palermitani, anche se avvolta quasi totalmente nel mistero. Il Capo è
malato, ma vivo, anche se non si può dire ancora per quanto. Ciò che
viene fuori da chi lo vive quotidianamente è infatti la paura di dire
che si sta sopravvivendo.
Esplorando la città, di quali aspetti ancora oggi i palermitani non si
accorgono o addirittura ignorano del tutto?
I palermitani sono molto pigri, per natura, per DNA. Nella nostra
storia, siamo stati sempre dominati da qualche popolo straniero e
quindi costretti, nel bene o nel male a fare ciò che ci era imposto.
Una volta lasciati “liberi”, ci siamo impigriti, in maniera cronica, e
sicuramente ciò contribuisce al fatto di non aver voglia di vivere la
città come questa meriterebbe. Da un punto di vista culturale e
artistico, io stesso, negli anni '90 mi vantavo di conoscere Londra
alla perfezione, per poi rendermi conto, in tempi recenti, di aver
visitato certi luoghi della mia città solo per inerzia o di non averlo
fatto proprio. Dobbiamo renderci conto che potremmo vivere solo di
turismo perché i nostri beni artistici non temono confronti con quelli
di città più titolate della nostra. Ma questo è un aspetto che i
palermitani, o per lo meno una buona parte, devono ancora capire.
A livello storico, quale avvenimento taciuto o sottovalutato influenza
ancora Palermo secondo lei?
Sicuramente il fatto che Palermo in passato è stata una capitale, ed
anche in più di una occasione. Uno degli imperatori più famosi della
storia, Federico II, ne fece il centro più importante del
Mediterraneo, che a quei tempi significava il centro del mondo. Prova
ne sia che scelse di essere sepolto a Palermo, nella sua Cattedrale.
Fu anche capitale, per breve periodo, del Regno delle due Sicilie. E
anche quando non era capitale, la città era considerata una numero uno
in tutti i sensi, sia nel '600 che in età illuminista. Basta leggere
Goethe o Brydone per capire cosa fosse Palermo in certe epoche. Oggi
molti palermitani non sanno che vivono in una delle più importanti
città dei secoli scorsi. Qualcuno, tuttavia, la difende con grande
orgoglio quando se ne parla male. Il dualismo culturale con Catania
nacque proprio così, anche se oggi lo si vive solo per ragioni
sportive.
Un palermitano doc come lei in che maniera vive i problemi che i
politici e i sindaci di volta in volta hanno finto di non vedere?
Palermo è una città piena di contraddizioni e difficile da capire per
chi non ci vive. Un luogo che si ama o si odia, senza via di mezzo. Al
di là dei fatti e misfatti dei politici o dei sindaci di turno, credo
che noi palermitani dobbiamo vivere la nostra città basandoci
soprattutto su ciò che noi stessi possiamo dare e non sempre su ciò
che ci è dovuto. Bisogna quindi andare al di là dell'aspetto politico,
anche se quello, ovviamente influenza in modo notevole tutto, e non
proprio positivamente. Gli aspetti negativi sono sotto gli occhi di
tutti, ma a volte per provare a risolverli basterebbe solo guardare un
po' più al di là del proprio naso, altrimenti tutti rischiano di
crearsi un proprio mondo e isolarsi in modo inutile e pericoloso.
Ecco, quello che mi fa più riflettere è ciò che questa città potrebbe
essere, ma per tanti motivi ancora non è…
—
Goffredo Palmerini