Gli incidenti di annegamento colpiscono in Italia circa 400 persone l’anno. Sono i dati forniti dall’Istituto superiore di sanità registrano una forte diminuzione dagli anni ’70 che sembra essersi stabilizzata negli ultimi 10 anni. Gli incidenti si concentrano soprattutto nel periodo estivo e, un ruolo fondamentale, è svolto dai bagnini che solo nel 2011 hanno salvato 180 persone.
Nell’estate del 2011 su tre tratti del litorale italiano sono state soccorse da bagnini, e quindi salvate, 180 persone, molte delle quali sarebbero andate incontro ad una morte certa”. Questi tratti hanno un’estensione di alcune decine di km, mentre soltanto il litorale marino nazionale ha una lunghezza di oltre 7.000 km.
Poiché questi eventi si concentrano principalmente nei tre mesi estivi, l’effettivo impatto del fenomeno rapportato al periodo “efficace” è molto più alto di quanto non ne riveli il numero complessivo degli annegati. Lo stesso ISS specifica, inoltre, che i 3/4 degli eventi segnalati è accaduto solo negli ultimi 3 mesi e quindi riguarda più che altro turisti. Tuttavia, ha precisato che tali cifre non costituiscono una sorpresa, tenuto conto della grande estensione delle coste italiane, ma semmai stupisce l’aumento di annegamenti nei fiumi, laghi e canali che costituisce un vero e proprio boom negativo anche in considerazione del minor numero di frequentatori delle acque cosiddette interne.
Che invece sia possibile prevenire questi incidenti è dimostrato dai dati resi disponibili dall’Istituto. Il ruolo dei bagnini è indubbiamente enorme. Dove sono presenti i bagnini, come emerge dal rapporto, è difficile che si verifichino incidenti tali da comportare annegamenti. Per lo più le persone vengono soccorse e salvate. Ancora di più la presenza di un bagnino induce ad un comportamento corretto e rappresenta un ulteriore valore aggiunto per i fruitori della spiaggia.
Nelle spiagge dove non è garantita la presenza dei bagnini e soprattutto nelle spiagge libere, sprovviste in generale di qualsiasi forma di sorveglianza e assistenza, i bagnanti dovrebbero essere informati dei pericoli presenti.
I tratti italiani con i più alti numeri di decessi per annegamento riguardano la costa adriatica centro settentrionale da San Benedetto del Tronto a Trieste alcune aree della costa sud della Puglia, la Liguria tra San Remo e Savona, la Toscana tra Carrara e Piombino, il Lazio tra Fiumicino e Terracina, la Campania tra Castel Volturno e Acropoli, la Sicilia nella costa sud-orientale e a Palermo, e la Sardegna lungo la costa meridionale”.
Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, ritiene utile ribadire queste tragiche cifre per riportare l’attenzione su un fenomeno che secondo i dati disponibili, causa circa 380-390 decessi e 440-450 ricoveri l’anno in Italia, costituendo, peraltro, la terza causa di morte accidentale dopo i sinistri stradali e le cadute e per sensibilizzare i cittadini e gli enti deputati ai controlli di diritto privato o pubblico che siano, al fine di poter porvi un argine anche perché nella fattispecie le cause principali di annegamento sono da rinvenirsi nell’imperizia e nella sottovalutazione dei pericoli, spesso associate a malori improvvisi.
In primo luogo, al di là del richiamo a tutti i cittadini ad osservare alcune regole fondamentali che riguardano la tutela della propria persona, tipo di non sfidare il mare grosso o non nuotare in mare aperto se non si è esperti nuotatori, non farsi il bagno dopo mangiato o se non ci si sente bene, non affrontare la corrente di torrenti e fiumi, un particolare riferimento ed un appello all’attenzione dev’essere rivolto nei confronti dei genitori o tutori di figli minori, poiché troppo spesso la mancata sorveglianza dei bambini è causa di conseguenze tragiche in mare o nelle acque interne.
In secondo luogo, si pone l’ulteriore problema della scarsa sorveglianza in determinate parti del territorio nazionale da parte di personale appositamente addestrato. La probabilità che tali tipi d’incidenti accadano, infatti, si riduce progressivamente nelle zone vigilate da bagnini.
L’auspicio è che venga adottata una normativa nazionale che estenda l’obbligo di vigilanza attraverso l’utilizzo di bagnini su tutta la costa dei comuni rivieraschi e non solo nelle spiagge attrezzate.
In un Paese a vocazione turistica qualche piccola torretta alla “Baywatch” sulle nostre spiagge che vigili sui cittadini e per la tutela dell’ambiente costiero, non guasterebbe.
Lecce, 19 luglio 2012
Giovanni D’AGATA