La necessità di porre un argine allo sconvolgimento del pianeta terra L’accordo mondiale per poter chiudere il buco dell’ozono. Un unico grande rammarico: gli americani non sono tra i firmatari. Il 16 febbraio 2005 è entrato in vigore il Protocollo di Kyoto. 141 Paesi lo hanno sottoscritto con l’obiettivo di ridurre le emissioni dei gas serra del 5% entro il 2008-2012. Questa è la prima fase, la seconda scatterà a partire dal 2012 comprendendo anche o Paesi in via di sviluppo.Il surriscaldamento atmosferico è dovuto allo CO2, al metano, agli ossidi di azoto, dagli idrofluorocarburi. Oggi è un giorno speciale, una data fondamentale per il futuro del pianeta terra. Con Kyoto finalmente si parla una volta tanto di globalizzazione per la salute dell’ambiente e non di scarna economia. E’ solo l’inizio perché bisogna fare molto di più. Le necessità del pianeta indicano una diminuzione addirittura del 60%. L’Italia si impegna con un taglio del 6,5% e tutta l’Ue per un massimo dell’8%. Il piano italiano è stato bocciato, però, da Bruxelles tanto che la Ue ha già aperto due procedure di infrazione a carico dell’Italia. Infatti, il piano italiano prevedeva aumenti delle emissioni di anidride carbonica del 22,8%, quantità che andava in direzione opposta a quella del protocollo di Kyoto, né prevedeva i tetti massimi di emissioni per le singole industrie. Il Ministro dell’ambiente Matteoli ha reso una dichiarazione disarmante: «Per quanto ambiziosi potranno essere gli sforzi di riduzione delle emissioni messi in atto dalla Ue, non saranno mai di dimensioni tali da poter contrastare i cambiamenti climatici». Due cose, però, sono strabilianti di cui la seconda anche una grandissima sorpresa: gli americani hanno deciso di non sottoscrivere il protocollo di Kyoto perché dovrebbero investire una grande quantità di denaro, la decisione non sorprende affatto; l’Islanda, Paese con emissioni di gas serra bassissime già nel 1990, è autorizzata ad aumentarle sino ad un +10%, notizia che sorprende e meraviglia. Sembra impossibile che esistano Paesi che, pur non inquinando la terra, come l’Islanda, saranno costretti a subite in ogni caso il disastro climatico causato dai combustibili fossili se i Paesi maggiormente responsabili non pongono rimedi drastici ed immediati.