L’ECUMENISMO DEL CONCRETO

L’indagine di Giuseppe Silvestre (Percorsi per un dialogo ecumenico e interreligioso, Editoriale Progetto 2000, 2011) è, certamente, una ricerca sull’ecumenismo nel concreto, perché parte da studi consolidati e da fatti storici significativi, come l’incontro di Assisi del 1986, tra i rappresentanti delle diverse fedi religiose, le esperienze di lettura popolare della Bibbia in Africa e in America Latina (analizzate attraverso l’esempio-guida di alcuni Stati), i numerosi convegni che hanno interessato, da prospettive spesso convergenti, la figura di Maria, nel dibattito tra studiosi di diverse ascendenze confessionali. Tuttavia, il testo ha anche un forte impatto programmatico e normativo: dall’ecumenismo nel concreto all’ecumenismo del concreto, cioè, dalla rassegna delle esperienze storico-teologiche di ecumenismo al fondamento, necessario e attuale, dell’ecumenismo odierno, presupposto, si direbbe, non tanto di nuove forme di evangelizzazione (che resterebbero unicamente di spettanza della comunità ecclesiale) quanto, piuttosto, di nuovi e più veri canali di convivenza.
Tra i numerosi spunti, vi è una particolare attenzione a ricercare la natura ecumenica di figure nella storia della Chiesa che siano testimonianza e voce di una simile necessità, immanente nelle forme, ma trascendente, quanto alla sua rappresentazione oltre le singole esperienze individuali: San Bruno di Colonia e Gioacchino da Fiore, del quale l’Autore propone una ricca analisi dell’Adversus Judeos, testo ancora vitale e fecondo per la riflessione sui rapporti tra Ebraismo e Cristianesimo.
Il terreno di confronto, ovviamente, si allarga all’interno della cristianità e l’Autore svolge riflessioni interessanti sulla diversità di approccio al testo biblico (ma anche al fenomeno liturgico nel suo insieme) tra Ortodossi, Protestanti e Cattolici; la radice comune di queste esperienze, però, deve essere valorizzata, dal momento che, senza in ciò voler stabilire alcun tipo di gerarchia tra i diversi modi di viverla, essa ha avuto e ha un peso specifico notevole nell’esperienza di milioni di fedeli -si pensi alla somministrazione dei sacramenti, da interpretarsi più come esperienza di Fede che strumento di identificazione per il soggetto che li riceve.
Tra gli altri meriti dello studio di Silvestre, si segnala il resoconto delle tre assemblee ecumeniche europee, in ordine alle quali l’Autore raffigura le sedi assembleari come città ideal-tipiche dell’esperienza ecumenica (Basilea, Graz, Sibiu), l’appendice documentale, ove spicca l’intesa tra la Chiesa cattolica in Italia, la Chiesa evangelica valdese e le Chiese metodiste, nonché le postfazioni all’opera, anch’esse immaginate come il precipitato concreto dell’elaborazione del dialogo: la nota di padre Nilos Vatopedinos, Archimandrita ortodosso, e di Jens Hansen, pastore valdese. Due osservazioni conclusive che, nella diversità degli emisferi culturali cui attingono, mantengono obiettivi comuni e immutate speranze di confronto.
Domenico Bilotti

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