Carcer e interesse collettivo

Qualche tempo addietro al Centro Servizi Formazione di Pavia s’è tenuto un workshop sul tema del reinserimento dei detenuti, sull’importanza della rete a lavorare all’insegna dell’integrazione e della concertazione delle risorse disponibili.
Il padrone di casa, Dott. Riccardo Aduasio, ha sottolineato che fare rete intorno ai bisogni della persona consente di accrescere l’efficacia degli interventi evitando che possano trasformarsi in disagio, se non addirittura in esclusione sociale. Perché l’agire congiunto è strumento vincente per raggiungere obiettivi di qualità, non solo per i beneficiari degli interventi ma anche per gli stessi componenti della rete.
Ospiti graditi Lucia Castellano Direttrice della Casa di Reclusione di Bollate, e Piergiorgio Reggio, pedagogista, formatore, ricercatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Ben composto il parterre, gli Istituti Penitenziari, Uffici di esecuzione penale esterna, la Provincia, alcuni Comuni, i Piani di Zona, le Caritas, le Cooperative e le Associazioni del territorio.
Pungolatore e stratega della moderazione, il Prof. Reggio ha “obbligato” tutti i presenti a formulare interrogativi, a evitare la moltiplicazione di verità destinate ad arenarsi su uno stato delle cose terribile qual’è il carcere italiano, per non parlare dei soliti mercantilismi e merceologie di pensiero, rispetto alle modalità di interazione che intervengono nel sistema, per rinsaldare connessioni esistenti e inaugurarne di nuove.
Occorre mantenere alta l’attenzione e il proprio entusiasmo, quale unica strada possibile per leggere i cambiamenti e le trasformazioni, e pensare al futuro con gli strumenti che ci sono, con gli investimenti reperibili, con le lauree del conoscere, anche con quella, come ha detto qualcuno, “in scienze confuse”, che obbligano a guardare in faccia il vissuto e le storie delle persone.
Poi è stata la volta della Dott.ssa Lucia Castellano, “ la Direttrice “ timoniere di ben altra cabina di pilotaggio, un vero e proprio coach efficiente e efficace, uno di quei personaggi “capaci” nel rispondere ai quesiti, e nel condurre a ritrovata buona vita tanti cittadini detenuti, una persona semplicemente coerente al suo mandato da apparire l’ultimo dei Mohicani.
Con poche battute ha messo al centro la persona, ha indicato la necessità di tradurre correttamente i mutamenti che coinvolgono le istituzioni, il territorio, il detenuto, affinché non risulti una utopia mascherata l’abbattimento della recidiva, attraverso una carcerazione dignitosa, con una nuova punteggiatura sull’importanza del lavoro, della formazione.
La rete è importante quando consolida i legami e favorisce il confronto, la ricerca di un’idea, da non licenziare sotto il coperchio del solito sovraffollamento carcerario, ma anzi sollecitando rinnovate energie tra pubblico e privato, chiedendo alle Istituzioni di svolgere la propria parte, accompagnando ciascuno nelle proprie responsabilità, disinnescando la prigione “patogena”, illegale, contenitrice di occupanti abusivi, drogati e extracomunitari, quindi rafforzando il valore del diritto di cittadinanza persino dentro una cella.
Ma a questa rete per il reinserimento dei detenuti, per poter riconoscersi e quindi conoscere dove stanno le assenze e le mancanze autorizzate a passare inosservate, manca uno spazio condiviso, dove contribuire collettivamente allo scopo, che fa sicurezza, nel riconsegnare equilibrio e dignità al carcere e al detenuto.
Manca una squadra per fare diventare sopportabile questa fatica disumana, spesso relegata in solitudine, sovente sminuita del suo valore assoluto e inalienabile, affinché diventi un preciso interesse collettivo rendere migliore la società, il carcere, e gli uomini.

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