MANOVRE

La manovra economica approvata dal Parlamento a tempo di record si è imposta per le necessità finanziarie internazionali del nostro paese: c’è stata una buona risposta – una volta tanto – dal mondo della politica e il mio voto è stato affermativo perché globalmente è una manovra sensata.

Ciò non toglie che alcune decisioni non mi abbiano per nulla convinto in una filosofia di fondo di interventi che per quanto attiene alle persone e alle famiglie – secondo me – avrebbe dovuto pesare di più sui ceti medio-alti che su quelli medio-bassi. Ridurre i bonus per i figli a carico, ad esempio, è antitetico a dire di voler sostenere le famiglie e non capisco perché una “pensione d’oro” vada penalizzata del 10% e non in modo significativo un reddito dello stesso importo.

Forse un gesto di maggiore solidarietà andava chiesto anche alle categorie che meglio possono permetterselo e che in molti casi riescono tuttora ad evadere il fisco o almeno a mettere in campo manovre di elusione fiscale.

Mentre il “pacchetto” pensioni è largamente condivisibile, anche qui mi chiedo però perché non si sia potuti intervenire ritoccando o sganciandole dall’adeguamento progressivo le “pensioni baby” che sono stato uno scandalo – soprattutto nel settore pubblico – negli anni ’70 e seguenti, quando “con quattordici anni, sei mesi e un giorno” si andava in pensione da pubblici dipendenti avendo magari lavorato (tra servizio militare, università, gravidanze ecc.) molti anni di meno.

Ricordo sempre una mia compagna di scuola che è andata in pensione a 33 anni di età e quindi sono già 27 anni che percepisce una pensione più che dignitosa mentre miei coscritti artigiani o commercianti prenderanno molto meno e dovranno attendere ancora alcuni anni per pensionarsi: il muoversi solo sul futuro e non sul passato delle pensioni – almeno con qualche intervento correttivo – credo sia un limite forte ad una effettiva equità.

Insisto poi che sono nettamente insufficienti i tagli alla “casta”: di fatto non si è inciso su una pletora di spese superflue. Servono le “auto blu” solo per le massime cariche dello stato? Ok, ma allora perché non togliere auto ed autista fisso – semmai salvo in alcune circostanze e necessità obbiettive, logiche e di istituto – ad una pletora di comandanti e dirigenti provinciali, dirigenti statali, consiglieri di amministrazione, autority ecc?

Anche perché un’auto diesel con meno di 1600 cc di cilindrata non esiste, ma non per questo servono macchinoni, rigorosamente d’importazione.

Altri tagli doverosi vanno imposti ai partiti: il finanziamento pubblico va drasticamente ridotto, così come i benefits relativi. Tutti i redditi pubblici vanno dichiarati pubblicamente, la gente deve conoscerli. Parlare di tagli adesso è sport nazionale, vediamo cosa prevederà il bilancio della Camera in discussione ai primi di agosto. Sacrifici seri si impongono o non saremo credibili mai più agli occhi della gente

Ovviamente non sono soddisfatto dei “tagli” agli enti locali. Sicuramente ci sono sprechi, ma come evidenziarli? Non “tagliando” a tutti, ma selezionando in modo più rigoroso. Se si invoca il federalismo si vuole dare o no l’autonomia finanziaria? E forse sarebbe ora di una vera rivoluzione: l’intoccabilità della perpetua certezza del “posto sicuro” nel settore pubblico. Sarebbe un grande incentivo nell’impegno di ciascuno ipotizzare casi specifici di interruzione del rapporto di lavoro e credo che una revisione anche dell’orario di lavoro (36 ore alla settimana sono troppo poche!) contemperate ad un aumento di stipendio sostanzioso ma solo a chi lo merita sarebbe davvero l’avvio a una riforma seria.

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