Il vento nuovo si sente, ma non credo si possa parlare di tornadi. Almeno non prima dei ballottaggi

di Oliviero Beha

Da Bersani a scendere la formula dopo questo primo turno alle Amministrative sembra essere “è cambiato il vento”. Non sono un politologo professionista ma fino a percepire un minimo di meteorologia “pneumatica”, a proposito di venti e politica, forse ci arrivo. E’ di quasi un anno fa il mio “Dopo di Lui il diluvio” (ed. Chiarelettere) in cui ragionavo sulle sorti e le condizioni di un Paese in cui Lui era palesemente alla fine, in una stagione tra l’autunno del Patriarca e l’inverno del Caimano infojato e inviagrato (ma almeno non proprio senza limiti come parrebbe il Direttore del Fondo Monetario Internazionale…).Ed è invece ancora su questo portale, tra le rubriche, il mio intervento alla vigilia di questa tornata nei seggi: forse collegare quello che scrivevo a quello che sto scrivendo commentando i dati elettorali può contribuire a discuterne insieme. Dicevo della politica marcia al centro e più speranzosa (lapsus ottimistico!) in periferia, dove la polis si confronta con i suoi problemi quotidiani, dalle metropoli ai piccoli comuni. Dicevo della necessità di andare a cercare “la politica oltre la politica”, e in qualche commento – tralascio le solite menate sul mio antiberlusconismo che ignorano il discorso più generale che faccio e rifaccio qui – mi si obiettava che “ciò non era comprensibile”.Dicevo della impresentabilità della Moratti a Milano esemplificata nell’ultimo confronto elettorale con Pisapia, e dei “grillini” o Movimento a 5 stelle che sembravano costituire quella ipotesi di politica dal basso che tanto ci manca, nello stagno Italia…Dicevo…Insomma, dicevo quello che ho detto e che trovate scritto e rimane, alla latina…Adesso parliamo di venti, o di brezze perché non credo che si possa parlare di tornadi almeno prima dei ballottaggi, e mi preoccupa il solito entusiasmo scapato, cresciuto su una politica politicante solo “un po’ meno cattiva” di quella berlusconiana.Allora: Berlusconi, Moratti, Lassini e soci perdono voti dopo la faccia, ma Bersani e i suoi debbono riconquistarla, questa faccia, e lo stanno facendo direttamente nelle roccaforti “rosse” (diciamo rosa, se non antico stinto) come Torino e per il rotto della cuffia Bologna, dove aspetto di vedere comunque tracce di nuovo “democratico” quando si metteranno all’opera,e indirettamente, attraverso altre facce, a Milano e Napoli.Pisapia e De Magistris, pur diversissimi, non sono dei “loro” ma sono appoggiati da loro e vedremo come, quanto, con che qualità, con quale buona fede politica ecc., già dal ballottaggio. La lezione è che non bisogna avere paura delle Primarie, ma renderle efficienti e trasparenti. Capitolo “grillini”, o comunque movimentismo di base giovanile. Si può discutere di tutto, dalle idee alle modalità di selezione, dalla persona Beppe Grillo alle contraddizioni sul campo, ma sono l’autentica novità di base della politica almeno numeri alla mano e che abbiano preso spesso più voti del Terzo Polo di Casini e Rutelli (e Fini) sotto una sigla petrolifera (Api), è già più di un indizio.Capitolo referendum: in Sardegna hanno votato e come, alla grande, contro il nucleare. Ripartiamo da qui, allora, dalla politica sulle cose concrete, dalla partecipazione, dal rischio di essere superati dalla storia, dalla voglia dei giovani di esserci, nella storia. L’acqua, come il non-nucleare, come una vera riforma della giustizia come tutti i temi oggettivi della convivenza sono meno divisibili tra sinistra e destra di quanto non si creda. Cerchiamo persone dabbene e informiamole correttamente, ovunque esse si collochino. L’obiettivo è ricucire un tessuto sociale, che resista a qualunque fenomeno di politica “metereologica”. Allora sì che il vento avrà fatto bravamente il suo dovere di ripulitore di orizzonti.

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