Voglio esprimere tutta la mi solidarietà e vicinanza verso il popolo tibetano, che in questo momento sta vivendo un dramma di cui non possiamo neppure conoscere la portata, a causa della cortina di censura alzata da Pechino. Il Tibet e il suo leader spirituale, il Dalai Lama, sono diventati nel tempo un simbolo ammirato e sostenuto in tutto il mondo per la capacità non violenta di rivendicare il proprio diritto all’esistenza. Dopo aver subito l’annessione da parte della Cina, che ha costretto parte dei suoi abitanti alla diaspora, e il grido lanciato al mondo negli ultimi decenni, il tentativo in questi ultimi giorni di far sentire la propria voce di libertà è stato soffocato con la violenza da parte di un governo che definisce ‘criminali’ i tibetani che manifestano per i loro sacrosanti diritti. Proprio in questo momento nel quale, mentre usa il pugno di ferro, Pechino sembra voler tendere una mano al Dalai Lama, è necessario mantenere alta l’attenzione e restare vicini a chi in questa vicenda è il più debole.
Nella drammaticità di queste ore, è importante che l’Italia abbia mostrato il proprio volto migliore con la manifestazione che si è svolta ieri a Roma, a Campo de’ Fiori, che ha visto aderire migliaia di persone e politici di tutti gli schieramenti. Un segnale di attenzione verso quel popolo martoriato che però non può bastare, perché è necessario che la diplomazia internazionale si muova esercitando un’azione non soltanto finalizzata alla risoluzione di questa crisi ma che, attraverso una vigilanza costante nel tempo, si impegni con tutte la sua capacità di persuasione per costruire un percorso che restituisca al Tibet e ai suoi abitanti quello che gli appartiene: la dignità.
