La linea di politica estera è un po’ la carta d’identità di una forza politica. Su quella del Pd, però, c’è una certa confusione. Il ministro degli Esteri Massimo D’Alema, unico dei ministri degli Esteri europei, insiste sulla strategia del dialogo fra Israele e l’organizzazione terroristica Hamas, linea a nostro giudizio sbagliata e ritenuta “offensiva” dal governo israeliano. D’accordo con D’Alema è il candidato premier della sinistra radicale, Fausto Bertinotti. Veltroni che cosa può dire sul punto?
E’ evidente che la politica estera italiana si è venuta a trovare e tuttora si trova in una posizione eccentrica rispetto agli altri paesi europei. L’argomentazione che bisogna trattare soprattutto con gli avversari è fallace e, mi permetto, sciocca e miope. Hamas è un’organizzazione terroristica, come tale autoproclamatasi e inserita dalla UE nella lista delle 40 organizzazioni terroristiche più pericolose. Hamas ha sempre rifiutato di riconoscere Israele e, soprattutto, si rifiuta di avviare qualsiasi trattativa con il governo israeliano.
Di che cosa cianciano allora D’Alema e Bertinotti? Ieri il ministro degli Esteri ha provocato un incidente diplomatico con l’ambasciatore di Israele in Italia, al quale va la mia piena e convinta solidarietà. La linea di politica estera di D’Alema su quali convinzioni è fondata? Pensa forse, mostrando il sorriso agli assassini di Hamas, di meglio tutelare le truppe italiane dislocate nel Sud del Libano? D’Alema farebbe bene ad astenersi dall’assumere posizioni politiche mai discusse nelle sedi istituzionali proprie ed evitare di fare campagna elettorale strizzando l’occhio alla sinistra radicale. La sopravvivenza di Israele, caro ministro, non può essere merce di scambio in campagna elettorale.
