BERLUSCONI: Avremo la fiducia. Oppure si scioglierà  solo la Camera

Se il governo venisse sfiduciato alla Camera si scioglierebbe solo quel ramo del Parlamento.

Così il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nel suo collegamento telefonico con la manifestazione Pdl al Teatro Nuovo di Milano. “Andremo avanti a governare – ha detto Berlusconi – con la fiducia che ci verrà data al Senato e, penso, anche alla Camera. Se non ci verrà data andremo a votare per la Camera”.

Commentando la situazione Silvio Berlusconi ha detto che “ci sono professionisti della politica ormai vicini all’età in cui grandi leader come Bush e Blair scrivono le loro memorie che possono aspirare alla presidenza del Consiglio o della Camera solo attraverso decisioni di palazzo quindi agendo come se la gente non esistesse. Ma questa non e’ democrazia, è solo partitocrazia.
Quindi siccome noi siamo democratici e nel nostro Paese deve valere la democrazia, cioè quello che decide la gente … tutte le cose che stanno succedendo rafforzano il convincimento degli italiani che vogliono restare liberi che dobbiamo andare avanti contro una sinistra non ancora democratica”.

Infine il premier ha ricordato che “la maggioranza degli italiani è con noi e non si fa turlupinare da trasmissioni televisione pagate con i nostri soldi. E’ indegno avere una tv pubblica di questi tipo…
Non leggete i giornali, descrivono una situazione che non c’e’ e che e’ indipendente dagli elettori, descrivono posizioni politiche partitocratiche. La verita’ e’ che gli elettori esistono e che al 60% sono con me”.

BERLUSCONI: approvata la finanziaria chiederò la fiducia
al Senato e poi alla Camera

13 novembre 2010

Berlusconi chiederà la fiducia in Parlamento, prima al Senato e poi alla Camera, dopo l’approvazione definitiva della Finanziaria.

Lo scrive il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in una lettera inviata questa mattina ai presidente di Senato e Camera, Renato Schifani e Gianfranco Fini. Berlusconi intende “rendere comunicazioni presso il Senato della Repubblica sulla situazione politica – anche alla luce del preannunciato ritiro della componente di Futuro e Libertà per l’Italia dal Governo da me presieduto – immediatamente dopo la definitiva approvazione della Legge di stabilità e del bilancio dello Stato. Adempimenti, questi ultimi, la cui inderogabile necessità ai fini di una positiva stabilizzazione del nostro quadro economico e finanziario è stata da più parti, anche in modo estremamente autorevole, sottolineata”.

“Su tali comunicazioni – prosegue la lettera del premier – il Governo ha intenzione di verificare il permanere del rapporto di fiducia da parte del Senato e, immediatamente dopo, da parte della Camera dei deputati”. “La richiesta che avanzo – aggiunge il presidente del Consiglio – tiene naturalmente conto del fatto che le mie ultime comunicazioni sulla situazione politica – con relativa richiesta del voto di fiducia – vennero da me rese in data 29 settembre prima presso la Camera dei deputati e quindi, il giorno successivo, presso il Senato della Repubblica”.

PDL SENATO: Il testo della mozione di fiducia

12 novembre 2010

“Il Senato invita il Governo a proseguire nella sua azione secondo le linee tracciate dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi”. E’ il testo della mozione del Pdl al Senato, primo firmatario il capogruppo Maurizio Gasparri. Martedi’ alle ore 13 si terra’ la Conferenza dei capigruppo che decidera’ sulla calendarizzazione della mozione.

BERLUSCONI O ELEZIONI: Perché Berlusconi si deve dimettere?

Ma perché Silvio Berlusconi dovrebbe dimettersi? Perché l’ha chiesto, ad AnnoZero, Italo Bocchino, con queste testuali parole: “Silvio Berlusconi ritiene di avere costruito lui Palazzo Chigi e vuol lasciarlo ai figli Marina e Piersilvio”? Perché domenica scorsa in un comizio a Bastia Umbra il presidente della Camera ha invocato (anzi, intimato) un percorso bizantino di crisi “pilotata”, con dimissioni del premier, allargamento della maggioranza all’Udc, reincarico allo stesso Berlusconi, nuovo governo con nuovo programma “da discutere”?
Se questa è la correttezza costituzionale e istituzionale di un partito appena fondato dalla terza carica dello Stato, siamo fuori da ogni prassi della Costituzione, che prevede le dimissioni del capo del governo – e di conseguenza dell’intero esecutivo – in due casi: se viene meno la fiducia in Parlamento, a seguito di un voto di sfiducia; o volontarie da parte del presidente del Consiglio, e in questo caso è prassi che il Quirinale rinvii sempre alle Camere il governo perché in Parlamento sia sanzionata la sfiducia.
Il governo non è – e la Costituzione lo impedisce – una sorta di albergo con le porte girevoli. Chi occupa una carica di rilievo nelle istituzioni dovrebbe saperlo, come chi, a cominciare dalla sinistra, ha sempre agitato il vessillo della difesa della Costituzione.

La realtà è che tutti, dalla sinistra a Fli, temono che una crisi di governo secondo Costituzione porti alle elezioni anticipate, che potrebbero essere impietose nei confronti di chi ha provocato la crisi.

Come è stato detto perfino in un talk show che ha fatto dell’antiberlusconismo la ragion d’essere, emerge che quella contro Berlusconi è “una fronda di palazzo”, e che i frondisti risultano per quello che sono, cioè degli irresponsabili.

Da qui si torna alla domanda iniziale. Perché Berlusconi dovrebbe dimettersi? Il 29 settembre ha ottenuto dal Parlamento una fiducia larghissima su un programma di riforme economiche e sociali. Qualcuno che l’ha votato ha cambiato idea? Lo dica. Per la verità Fini qualcosa ha accennato: “I cinque punticini di Berlusconi…”. Allora, se quei cinque punti erano solo punticini, i finiani possono andare in Parlamento e certificare che un mese e mezzo fa si erano sbagliati.

Se invece il motivo è diverso, cioè che nella maggioranza c’è chi vuol passare dall’altra parte, con la sinistra, certifichi questo suo ribaltone.

Perché Berlusconi dovrebbe dimettersi? Berlusconi è a palazzo Chigi non perché “l’abbia costruito lui”, ma perché ce l’hanno mandato gli elettori e perché il Parlamento gli ha confermato la fiducia. La situazione economica italiana e mondiale, le cose fatte e da fare, sono tali da indurre un capo di governo a piantare a metà il proprio lavoro per consentire giri di valzer parlamentari?

In questa situazione economica non esiste in nessuna parte del mondo un governo che si dimetta per giochini di palazzo. I governi, tutti quelli del G 20 che erano riuniti a Seul assieme a Berlusconi, governano e se ne assumono le responsabilità.

Berlusconi non ha detto che non si dimetterà a nessun costo, come sostengono taluni frondisti. Ha detto che lo farà se gli verrà meno la fiducia parlamentare, secondo prassi costituzionale. Ma nessuno, di quelli al lavoro su governi tecnici e ribaltonisti, ha il coraggio di mostrarsi per quello che è: uno che, anziché al Paese, pensa a ordire manovre. E poi dicono che lo fanno nell’interesse dell’Italia.

La storia si ripete. Ogni volta che ha legittimamente vinto le elezioni e ricevuto un mandato popolare, si cerca di “mandare a casa” Berlusconi. Non sconfiggerlo politicamente o sulle cose concrete: “mandarlo a casa”. E’ accaduto nel ’95, la storia si è ripetuta nei 15 anni successivi. Per “mandare a casa” Berlusconi si sono coalizzate tutte le forze di sinistra, con il contributo costante delle procure. Si è fatto appello a tutto, dai veleni personali alle alluvioni. I governi che lo hanno sostituito erano talmente forti e credibili che una volta ne sono caduti cinque in cinque anni, e l’altra volta due in due anni.

Solo così si è mandato a casa Berlusconi. Ora, a quanto pare, ha deciso di dare una mano anche il presidente della Camera.
Abbiamo già detto che è paradossale che una carica istituzionale, anziché fare da arbitro, si getti nella mischia, commetta falli e tiri pure il rigore. Dovrà pure spiegare, ai suoi elettori, perché la “nuova destra” non vede l’ora di allearsi con la sinistra. Ma dovrà spiegarlo lui, non pretendere che un premier pienamente legittimato si faccia cortesemente da parte, per mere ragioni di potere altrui.

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