Il discorso di replica del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, pronunciato al Senato il 30 settembre 2010
Signor Presidente, onorevoli senatori,
ho ascoltato con interesse ed attenzione tutti gli interventi.
Ho avuto già occasione di dirlo ieri alla Camera: un serio partito centrista come l’UDC, che condivide con noi la partecipazione alla grande famiglia dei popolari europei, un grande partito di sinistra come il PD, che aspira ad essere un’alternativa di governo riformista, dovrebbero essere capaci di dare una risposta che vada al di là della dialettica, degli slogan, dei calcoli di breve periodo. Una democrazia compiuta ha bisogno di una maggioranza e di una opposizione responsabili, capaci di confrontarsi civilmente su progetti alternativi ed anche di trovare le sintesi, quando l’interesse complessivo della Nazione lo impone e le condizioni della politica lo consentono.
Io spero non sfugga a nessuno il valore di questa discussione, la portata della scelta che il Governo propone. Non si tratta di una piccola contabilità di numeri parlamentari: non è questo in discussione, perché, se la questione fosse solo questa, allora dovremmo prendere atto che il Governo oggi gode di un consenso parlamentare più ampio rispetto all’inizio della legislatura. Ho verificato i dati relativi alle 35 fiducie poste e, stando al risultato del voto alla Camera, quella di ieri è stata la fiducia con il risultato più grande che il Governo abbia conseguito nella storia di questi oltre due anni.
Ovviamente, ne siamo soddisfatti, anche perché questa votazione chiude una stagione di polemiche interne alla maggioranza che certo non hanno fatto bene a nessuno. Oggi constatiamo che tutti i parlamentari eletti nelle file della maggioranza confermano il loro sostegno concreto e coerente all’azione di governo. E so che tutti loro, anche chi ha fatto o sta facendo una scelta, per me dolorosa, di separazione dal Popolo della Libertà, svolgeranno una loro azione parlamentare e politica con lo spirito costruttivo e leale di sempre. Di ciò vi ringrazio.
Dunque, oggi il Governo, a dispetto dei tanti profeti di sciagure, esce da questa discussione più forte e più sereno. Ma non è soltanto per tale motivo che abbiamo voluto questa discussione. Noi speriamo che l’opposizione sia partecipe di questa stagione delle riforme, ma credo che ciò non sarà possibile fino a quando essa non saprà darsi una politica di respiro europeo e fino a quando non saprà distinguere le questioni della politica dal giustizialismo e dalle aggressioni strumentali.
Nel corso del dibattito odierno ho ascoltato diverse critiche e intendo rispondere subito a quella che mi è venuta dal senatore Zanda, perché “ce l’ho qua”. Il senatore Zanda ha dato l’impressione di essere contento che l’Italia, secondo lui, oggi non sarebbe tra i protagonisti della politica estera.
L’Italia sarebbe anche un paesucolo sempre meno influente nel contesto mondiale. Lei si sbaglia di grosso, senatore Zanda, perché oggi il Paese è ascoltato, grazie anche al fatto che ha un leader anziano, un tycoon, il che è molto, molto importante, il più esperto tra i leader dei Paesi democratici, perché è lì a far politica da 16 anni; mi riferisco a colui che le parla in questo momento.
Abbiamo ottenuto risultati straordinari in molti passaggi anche recenti. Ricordo che nel 2002, quando facemmo il vertice a Pratica di Mare, per la prima volta la Russia entrò nell’Occidente ponendo fine a quella guerra fredda, a quei due arsenali nucleari che avevano tenuto con il fiato sospeso per decenni noi, figli della guerra fredda.
E ancora. Dopo che si erano veramente rarefatte, se non annullate, le relazioni tra l’amministrazione repubblicana americana e quella russa, per la decisione che la prima aveva assunto di mettere i missili in Polonia e nella ex Cecoslovacchia orientati verso l’Iran, ma verso la Federazione russa, e per l’offerta frettolosa alla Georgia e all’Ucraina di entrare nell’Alleanza atlantica, sicché, ripeto, non c’erano praticamente più rapporti tra l’amministrazione americana e l’amministrazione russa, quei rapporti sono ritornati ad essere normali grazie al lavoro che questo signore ha fatto nei confronti del presidente Obama e del presidente Medvedev.
A loro ho intimato, come Presidente per la terza volta del G8 (e questo vorrà pur significare un po’ di esperienza ), di non presentarsi da noi in Italia senza avere almeno siglato il Trattato per la riduzione degli arsenali nucleari, delle bombe atomiche; cosa che fecero. Obama andò prima due giorni a Mosca, poi tornò da Mosca e venne da me all’Aquila mostrando il trattato siglato tra lui e Medvedev. Le sembra poco?
E quando l’amministrazione repubblicana americana non mosse un dito e lasciò fallire la Lehman Brothers, questo signore andò ancora a Washington, restò un giorno intero a colloquio con il Presidente americano e venne fuori la decisione di destinare 700 miliardi di dollari affinché le banche americane non fallissero, altrimenti sarebbe stato il disastro.
E per metterla definitivamente a zero, caro senatore Zanda, domandi al presidente Putin e al presidente Sarkozy come è andata la vicenda dei carri armati russi a 15 chilometri da Tskhinvali, quando c’era la decisione del Parlamento russo, di tutto il quartier generale dell’esercito russo di attaccare la Georgia, di arrivare a Tbilisi e – parole che cito testualmente – di attaccare all’albero più alto il Presidente georgiano. Fu questo signore che con molte ore di discorso al telefono con il presidente Putin e con Nicolas Sarkozy in contatto con il presidente Medvedev, fece decidere alla Federazione russa di non fare quell’attacco che avrebbe portato a zero le relazioni tra l’Occidente e la Russia, e avrebbe creato un divorzio difficilmente superabile tra la Federazione russa, l’Unione europea, l’Alleanza atlantica, gli Stati Uniti d’America.
E veniamo a Gheddafi. Abbiamo ereditato una Libia che non ci dava nessun lavoro pubblico, che non ci voleva più dare gas e petrolio, che ha una festa il 30 agosto che si chiama «Giorno della vendetta». Ora abbiamo una Libia che ci privilegia in tutti i lavori pubblici , che ci fornisce gas e petrolio per i prossimi quarant’anni e, avendo il Presidente italiano avuto il coraggio di chiedere perdono a quel popolo per quello che era stato commesso dai nostri predecessori che avevano voluto sottoporre come colonia un Paese e un popolo , noi siamo oggi in grado di dire di aver risolto la questione coloniale;
e non c’è nessun inginocchiamento da parte nostra.
Si è stabilito in quel Trattato che un anno la festa si celebri in Libia, un anno si celebri a Roma. Il leader Gheddafi è venuto qui, si è recato nella sua ambasciata, dove – se mi consente – ha fatto quello che ha ritenuto di fare e il Governo italiano non è stato informato neppure di quello che voleva fare. L’abbiamo soltanto invitato a una straordinaria esibizione dei nostri carabinieri, che l’hanno lasciato ammutolito e questo è stato tutto. Non c’è stato nessun inginocchiamento; c’è stato un rapporto amichevole tra il Capo di uno Stato, che noi avevamo sottomesso e con cui siamo finalmente arrivati a chiudere la questione coloniale, e il Presidente del Consiglio, il Premier di una moderna democrazia.
Voglio rispondere però anche ad alcuni interventi che mi sono sembrati ispirati dalla preoccupazione del bene comune, anziché da quel pregiudizio negativo di cui ho appena parlato. È singolare che l’azione positiva del nostro Governo sul terreno dell’economia – ma non solo su questo – sia presa a modello più all’estero che in Italia: ma ormai non ci stupisce più di tanto, perché i media, che in gran parte sono vicini alla sinistra… . Sapete contare le copie?
Allora contate le copie dei giornali e vedrete che i giornali che appaiono vicini a noi, e che forse ci fanno più male che bene, sono una frazione minore dell’intera tiratura dei giornali. Signor pubblico ministero, cosa ha da dire?
Veniamo a quello che riguarda la critica che ci è venuta sul tema dell’ambiente. Non potevo dire tutto nella relazione. Apro ancora una parentesi: per domani ho dato ordine ai nostri uffici di far pervenire a tutti i signori senatori e le signore senatrici un libro che si intitola «Due anni di Governo». Vi stancherete a leggerlo. Noi ci siamo abbastanza stancati a fare tutto quello che abbiamo fatto in questi due anni, anche con l’aiuto della nostra maggioranza.
L’ambiente è un asse strategico. Non ne ho parlato stamattina, ma è al centro delle nostre preoccupazioni e voglio ricordare qui i principali provvedimenti che sono stati adottati. Ricordo in primo luogo il piano contro il dissesto idrogeologico, volto ad evitare che in futuro si ripetano le conseguenze di calamità e alluvioni di cui abbiamo avuto esempi anche recenti, purtroppo anche con vittime innocenti. Per questo, il Governo ha varato uno stanziamento straordinario di un miliardo e 250 milioni, che raddoppierà con gli stanziamenti delle Regioni: questi saranno stanziamenti per interventi nelle zone più a rischio.
C’è poi un’azione decisa per il recupero di efficienza nelle procedure autorizzative: abbiamo rilasciato oltre 200 VIA (valutazioni di impatto ambientale) e AIA (autorizzazioni integrate ambientali) a fronte delle pochissime rilasciate dal Governo Prodi; abbiamo anche semplificato le procedure, con la revisione del codice dell’ambiente.
La lotta alle ecomafie avviene attraverso i SISTRI, il nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti speciali pericolosi, e un controllo satellitare consente di seguire in tempo reale il percorso dei rifiuti, evitando così abusi e illegalità e riducendo i costi per le imprese.
Ho sentito una vocina che discretamente diceva: «Napoli». Allora parliamo di Napoli. La città ha avuto risolto definitivamente il problema dei rifiuti. Ci sono le discariche che possono contenerli; c’è il termovalorizzatore di Acerra che funziona completamente.
Quando uno dei canali si ferma c’è bisogno della manutenzione, che è periodica, ma funziona benissimo. Cosa non funziona a Napoli? Non funziona la raccolta dei rifiuti, che è nella completa responsabilità dell’amministrazione comunale di Napoli, che ha un nome, e si chiama Rosa Russo Iervolino. Stamattina qui si dormiva, adesso ci divertiamo un po’.
Per l’ambiente abbiamo introdotto l’educazione ambientale come nuova materia scolastica. Abbiamo introdotto gli incentivi per l’efficienza energetica, il risparmio energetico e la mobilità sostenibile. Per la lotta allo smog e all’inquinamento, per la prima volta è stato varato il piano nazionale per debellare con misure organiche l’inquinamento delle città.
La scuola è un altro tema sul quale ho sentito critiche scarsamente documentate.
Lo stesso discorso vale per altre casematte come l’università, la stampa, la giustizia, i sindacati e le cooperative, dove la sinistra ha costruito una propria egemonia culturale e politica con una capacità di ribaltare la realtà dei fatti davvero straordinaria.
Ci accusate di tagli alla scuola. È l’ennesima bugia. La realtà è che negli ultimi dieci anni la spesa per la scuola è aumentata del 30 per cento, passando da 33 miliardi di spesa nel 1999 a 43 miliardi nel 2008. A questo aumento non è corrisposto alcun miglioramento della qualità, anzi la scuola italiana, a giudizio di tutti, si è sempre più degradata.
In effetti, avete trasformato la scuola in un enorme ammortizzatore sociale, assumendo 200.000 precari senza curarvi né della qualità degli insegnanti né della qualità dell’insegnamento e portando i ragazzi a uscire dalla scuola senza alcuna capacità di inserirsi immediatamente nel mondo del lavoro! Oggi abbiamo 7.800.000 studenti nelle aule e 701.000 insegnanti. Questo fa della scuola una grande realtà sociale, che può avere successo e competere alla pari con l’Europa e che dobbiamo gestire con criteri di efficienza. Finora non è stato così.
Per evitare il tracollo ed invertire la rotta abbiamo deciso di spendere meglio, in modo più razionale e investire di più sull’innovazione, sulla formazione, sui premi per i docenti meritevoli e sull’edilizia scolastica. Otterremo così un risparmio nei prossimi tre anni. Non si tratta di tagli, bensì di una razionalizzazione dei costi.
Nella scuola abbiamo introdotto anche importanti riforme, le prime dopo anni di immobilismo. Nella scuola primaria abbiamo introdotto il maestro di riferimento; abbiamo razionalizzato gli organici e, con il quadro orario di 40 ore settimanali, abbiamo – contrariamente a quello che avete sempre affermato – aumentato il tempo pieno. Nelle scuole secondarie abbiamo semplificato la scelta tra i licei, che prima avevano più di 300 indirizzi sperimentali diversi e ora ne hanno sei. Abbiamo introdotto analoga semplificazione negli istituti tecnici e in quelli professionali. Così facendo, abbiamo voltato pagina, portando nella scuola la rivoluzione del merito dopo gli anni della controrivoluzione sessantottina. Il nostro imperativo è di preparare i giovani ai mercati del lavoro, ricomponendo la frattura che si è venuta a creare tra la scuola e il mondo del lavoro.
Quanto all’agenda bioetica, il positivo riscontro del mondo cattolico sui giornali di oggi in merito ai nostri impegni per il sostegno della famiglia e per il riconoscimento del valore di ogni singolo essere umano mi inducono a precisare, con assoluta convinzione, il nostro orientamento su questi temi dell’agenda bioetica. La centralità della persona e la difesa del valore della vita sono al centro della nostra attenzione. Ritengo che sia giunto il tempo di dare attuazione al piano per la vita, piano che avevo annunciato all’inizio di questa legislatura.
Il futuro di un Paese non può dipendere soltanto dall’andamento dell’economia, ma è strettamente legato anche allo sviluppo demografico e alla speranza e alla voglia di costruire qualcosa per i nostri figli. La nostra scelta è netta: vogliamo salvaguardare l’integrità e la dignità della persona, l’umanità dell’uomo, la vita come bene primario.
Stamattina, sulle grandi infrastrutture, avendo io parlato degli investimenti per le infrastrutture al Nord, ho sentito qualche preoccupazione, soprattutto da parte degli amici della Lega Nord. È una preoccupazione infondata, come si può constatare dallo stato di avanzamento delle autorizzazioni e dei finanziamenti dei lavori, fra l’altro pubblicato sul sito del Ministero delle infrastrutture. Il nostro obiettivo, come Governo, è quello di colmare in tutte le aree del Paese (Nord, Centro e Sud) il ritardo trentennale accumulatosi nel campo delle grandi infrastrutture. Nel Nord ciò significa decongestionare il traffico stradale e autostradale e, naturalmente, realizzare l’alta capacità ferroviaria per quello che è il più importante corridoio europeo – il corridoio 5 – che andrà dall’Atlantico sino al Pacifico attraverso l’Ucraina e che, per quanto riguarda l’Italia, va dal Piemonte a Trieste. Questo significa ridurre il costo dei trasporti e della logistica per le industrie del Nord e metterle così in grado di competere con le imprese della Francia, della Germania e del resto d’Europa.
Vorrei poi evitare che una parola di troppo, sfuggita a un nostro senatore nella foga di un intervento polemico, possa ingenerare degli equivoci. In tutta la mia vita sono stato sempre un amico d’Israele. I sentimenti, le ragioni e i valori che ci uniscono a quel popolo sono numerosi e sono per me fortissimi. Da ragazzo ho avuto amici ebrei, che mi hanno raccontato le sofferenze delle loro famiglie. Ho abitato per molti anni a Milano proprio a fianco di una scuola israelita.
Era anche generosità perché ho offerto spesso pranzi e cene.
Ma torniamo alle cose serie. La visita al campo di sterminio di Auschwitz, insieme all’orrore per la barbarie dell’Olocausto mi ha trasmesso un sentimento di solidarietà incancellabile. Da allora – l’ho detto e lo ripeto – anche io mi sento israeliano.
Tutelare i valori e l’identità di Israele significa difendere i nostri stessi valori, la nostra origine culturale, civile religiosa; e significa trasmettere alle generazioni future un messaggio di libertà e di democrazia, valori senza i quali è impossibile costruire una società che possa vivere nella pace, nella sicurezza e nel benessere. E vi ricordo che io ho proposto più volte, nel Consiglio dei Capi di Stato e di Governo, di aprire ad Israele la porta per diventare membro dell’Unione europea.
Io non credo che ai cittadini interessino le nostre liti; credo che ai cittadini interessi di più avere la consapevolezza di vivere in uno Stato libero, in uno Stato efficiente, in uno Stato più amico dei cittadini. Sono consapevole che il grande onore e il grande privilegio di guidare una grande Nazione come l’Italia comportino dei grandi doveri: ne siamo veramente tutti ampiamente consapevoli. Non abbiamo mai smesso di lavorare, anche in queste vacanze. Voglio ringraziare tutti i Ministri e i Sottosegretari per il lavoro che hanno svolto e che svolgono quotidianamente: un lavoro spesso oscuro, non raccontato dai giornali (che si appassionano piuttosto alle liti e ai pettegolezzi), ma certamente un lavoro che è indispensabile per condurre il Paese fuori da una stagione drammatica.
Da oggi ci dedicheremo ancora di più a questo. Uscire dalla crisi è indispensabile, e sono sicuro che noi siamo sulla buona strada; una strada che percorriamo meglio di altri Paesi europei, anche se sappiamo bene che in molte famiglie e in molte imprese la crisi si sente ancora, e molto. Ma anche questo non basta: significa poco se non risolviamo i nodi strutturali e i ritardi del sistema Paese, che rendono l’Italia meno competitiva sul piano mondiale. Ricordiamocelo: abbiamo ereditato dal passato un debito pubblico che ci costa il doppio di quello che mediamente costa agli altri Paesi dell’Unione europea.
Abbiamo ereditato dal passato una infrastrutturazione che si dice essere del 50 per cento inferiore, per esempio, a quella dei Paesi che ci sono vicini e con cui siamo in competizione (la Francia e la Germania), proprio perché sono mancati i soldi che erano impiegati – 5 punti di PIL – nel pagamento del debito pubblico sotto forma di interessi. Siamo in questa situazione: le nostre imprese crescono meno perché pagano il 30, il 40 e qualche volta anche il 50 per cento in più l’energia, perché abbiamo abbandonato grazie agli ecologismi di sinistra, la direzione della produzione di energia attraverso le centrali nucleari.
La Francia produce l’87 per cento di ciò che consuma attraverso centrali nucleari che sono sicurissime, tanto che, quando il Governo decide di posizionarne una in una determinata area, le altre aree che potevano invece aspirare ad averla scendono in campo pretendendo di avere la centrale, perché essa porta lavoro ed è considerata assolutamente sicura. Quando un prodotto esce da una nostra fabbrica dove il costo dell’energia è stato del 30 per cento superiore a quello delle fabbriche concorrenti negli altri Paesi, esso già di per sé può avere un prezzo difficilmente comparabile con quello della concorrenza.
Dobbiamo quindi fare queste riforme. E le riforme saranno il tema del lavoro da qui alla fine della legislatura: le riforme che ho indicato nei cinque punti della mia relazione introduttiva, e sulle quali il Governo è qui a chiedervi la fiducia. Per l’Italia si deve aprire una grande stagione di crescita e di riforme, nella democrazia, nella sicurezza e nella libertà.
Pertanto, a nome del Governo, pongo la questione di fiducia sull’approvazione delle identiche risoluzioni nn. 1, 2 e 3, presentate dai Gruppi della maggioranza. Votate bene! Vi ringrazio.