Limite massimo di 8 anni al mandato dei rettori, sforbiciata al numero delle facolta’ (al massimo 12 per ateneo), abilitazione nazionale per il reclutamento di professori ordinari e associati, stop ai ricercatori a vita, risorse distribuite agli atenei in base alla qualita’ della ricerca e della didattica (se saranno gestite male riceveranno meno soldi) e commissariamento per gli atenei in dissesto finanziario: sono alcuni dei punti chiave del ddl di riforma dell’universita’ che ha ricevuto il via libera del Senato per poi passare a settembre all’esame della Camera.
Un provvedimento “di regole e di principi”, dal momento – hanno spiegato da viale Trastevere – che gli impegni finanziari saranno stabiliti nella prossima manovra.
Rettori per 8 anni e distinzione tra Senato e Cda – I rettori non potranno rimanere in carica per piu’ di 8 anni, con valenza retroattiva (oggi ciascun ateneo decide il numero dei mandati). Per loro e’ prevista pure la “sfiducia”: se un rettore avra’ mal gestito l’ateneo potra’ essere sfiduciato dal Senato accademico con maggioranza di almeno 3/4 dei suoi componenti. E’ prevista una netta distinzione di compiti tra Senato e cda: il primo avanzera’ proposte di carattere scientifico ma sara’ il Cda – non elettivo, da un minimo di 11 a un massimo di 25 componenti (anche esterni, fino a un massimo di 3) e possibilita’ di avere anche un presidente esterno – ad avere la responsabilita’ delle spese e delle assunzioni. Al massimo 12 facolta’ per ateneo – Le facolta’ potranno essere al massimo 12 per ateneo e i settori scientifico-disciplinari, attualmente 370, saranno dimezzati. Ci sara’ la possibilita’ di federare universita’ vicine (di norma in ambito regionale) per abbattere i costi.
Abilitazione nazionale per reclutare prof – Per diventare ordinari e associati ci sara’ un’abilitazione nazionale. Delle commissioni faranno parte per la prima volta anche membri stranieri. I posti saranno poi attribuiti in seguito a procedure pubbliche di selezione bandite dalle singole universita’. I docenti avranno l’obbligo di certificare la loro presenza a lezione e almeno 350 ore dovranno essere destinate ad attivita’ di docenza e servizio per gli studenti. Gli studenti valuteranno i prof e questa valutazione sara’ determinante per l’attribuzione dei fondi alle universita’ da parte del ministero. Quanto all’eta’ pensionabile viene fissata in 70 anni per gli ordinari e 68 per gli associati.
Stop a ricercatori a vita – Peri ricercatori sono previsti contratti a tempo determinato (minimo 4 massimo 5 anni) seguiti da contratti triennali “tenure-track”, al termine dei quali se il ricercatore sara’ ritenuto valido dall’ateneo sara’ confermato a tempo indeterminato come associato. In caso contrario chiudera’ il rapporto con l’ateneo maturando pero’ titoli utili per i concorsi pubblici. Inoltre, il provvedimento abbassa l’eta’ in cui si entra di ruolo in universita’ da 36 a 30 anni con uno stipendio che passa da 1.300 a 2.000 euro. Il ministro Gelmini ha annunciato uno sblocco parziale degli scatti stipendiali che erano stati bloccati ai ricercatori universitari.
Governance flessibile per universita’ virtuose – Le Universita’ che hanno conseguito stabilita’ e sostenibilita’ di bilanci potranno, d’intesa con il ministero dell’Istruzione, sperimentare una governance flessibile, con propri modelli organizzativi.
Nasce un fondo per il merito – Sara’ costituito un fondo nazionale per il merito al fine di erogare borse di studio e di gestire, con tassi bassissimi, i prestiti d’onore. C’e’ poi la delega al Governo per riformare la legge sul diritto allo studio, d’intesa con le Regioni, con l’obiettivo di spostare il sostegno direttamente agli studenti.