Mentre il Corriere della Notte e Repubblica dedicano titoloni alla Marea nera del Golfo del Messico, un'altra onda di marea per poco non travolge il Primo Ministro spagnolo Zapatero, un tempo simbolo e campione della sinistra di tutt'Europa e adesso stranamente caduto nell'oblio.
Sarà che la crisi ha colpito la Spagna con una virulenza tale da far schizzare il tasso di disoccupazione a livelli pre-aznariani e questo fa saltare i nervi degli anti-berlusconiani; sarà che il modello neo-socialista zapateriano mostra le sue evidenti crepe ormai da tempo in Patria, dove è ormai indifendibile ed al contempo non riscuote più sufficiente copertura mediatica dalle Guzzanti di turno all'estero; sarà che i ciclisti spagnoli, unici eterni impuniti nella squallida galassia del doping, suscitano unanimi antipatie di ritorno per il loro Paese d'origine, specie nelle pieghe del Giro d'Italia; sarà quello che volete, però è un po' strano che i media nostrani alle 7 di stasera ancora non riportino sui loro siti web la notizia del drammatico e risicatissimo salvataggio di Zapatero, che per un solo voto riesce ad approvare la manovra finanziaria correttiva e con essa il suo governo.
169 voti a favore, 168 contro e 13 astenuti (i nazionalisti catalani). Così, in una drammatica seduta, il Senato spagnolo ha approvato la manovra e salvato “Bambi”.
Ora, il discorso non finisce qui, anzi.
Innanzitutto chiariamo per quali ragioni l'intera opposizione si è schierata contro un provvedimento duro ma necessario, perché si sia arrivati ad un confronto così drammatico e infine quali conseguenze possano esserci per il futuro.
Il leader dell'opposizione di centro-destra, il segretario del PP Mariano Rajoy – sconfitto alle elezioni del 2004 e del 2008, la prima per le bombe di Atocha – ha sottolineato che una manovra in cui, inter alia, si operano tagli di 1,5 miliardi di € alle pensioni non può ottenere un appoggio bipartisan. Sulla stessa linea si sono schierati anche i partiti minori presenti in Senato, compresi gli autonomisti baschi e catalani e le formazioni di estrema sinistra.
Risultato: l'astensione dei 13 senatori catalani, che hanno peraltro pesantemente criticato il Governo, ha permesso a Zapatero di cavarsela. I catalani hanno tuttavia puntualizzato di non aver fatto cadere il governo esclusivamente per evitare un probabile crollo di fiducia dei mercati nel caso di mancata approvazione della manovra, ma che a seguito di questa vicenda il cammino di Zapatero è da considerarsi concluso e deve aprirsi logicamente la strada ad elezioni anticipate. Ricordiamo infatti che al Senato il Governo di Zapatero si regge solo grazie all'appoggio di alcune liste minori, non avendo il PS la maggioranza assoluta.
Perché, quindi, si è arrivati ad un voto tanto concitato da far giungere in aula un senatore malato con l'ambulanza pur di non far mancare il suo voto?
Ciò è accaduto in quanto il Governo spagnolo ha presentato la manovra sotto forma di decreto-legge, impedendo all'opposizione di presentare emendamenti al testo.
Domanda: ma non era Berlusconi quello che comprimeva i diritti del Parlamento?
E infine, quali conseguenze per il futuro? Perso l'appoggio dei partitelli che fino adesso lo avevano appoggiato in Senato, Zapatero può scegliere se anticipare il voto e affrontare una sconfitta praticamente certa (figurarsi) oppure rimandarle all'anno prossimo o magari al 2012 (naturale scadenza), sperando che la sorte nel frattempo gli dia una mano, sotto forma di miracolosa ripresa economica oppure di salvifico attentato dinamitardo che in certi casi – la recente storia spagnola insegna – può fare la differenza.
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