di Carlo Di Stanislao
“A me piacciono i libri in cui tutti i misteri e le angosce
passano attraverso una mente esatta e fredda e senza ombre
come quella d'un giocatore di scacchi”
Italo Calvino
Petra (parole greca che vuol dire “roccia”) è situata a mezza strada tra il Golfo di Aqaba e il Mar Morto, in Giordania, ad un'altezza tra 800 e 1396 metri sul livello del mare, con area urbana attuale che si situa intorno ai 900 m, nella regione montagnosa di Edom ad est del Wadi Araba, a circa 3 ore di strada da Amman. È accessibile attraverso un Siq (ovvero una spettacolare gola) lungo circa 1,5 km e in certi punti non più largo di 1,8 m, ai lati del quale si innalzano pareti che raggiungono gli 80 m. L’impianto urbano occupa un'area di circa 21 kmq ed è composto da un fantastico mondo di templi e di tombe, ricavato dalle pietre di arenaria, in cui domina il colore rosso, da cui l’altro nome: Città Rossa. Petra è l’unica città al mondo ad essere stata completamente scavata nella roccia e i beduini del deserto sostengono che, durante la fuga dalla terra d’Egitto, Mosè vi si fermò con il suo popolo. L'eco di questa vicenda, a metà strada tra la tradizione e il mito, risuona ancora oggi nel nome del fiume Wadi Musa (“Torrente di Mosè”) che un tempo scorreva in questa zona. Alcuni studiosi l’hanno identificata con Sela, che significa “roccia”, una città menzionata nell’Antico Testamento, in cui si legge che fu la capitale del regno di Edom e, secondo la tradizione araba, Petra fu fondata da un leggendario re di nome Rekemos e, forse, i suoi abitanti la chiamarono Rekeme o Reqem: Città delle Tombe, luogo sacro per definizione. Gli archeologi che condussero i primi studi sistematici sulle antiche vestigia della città, rimasero perplessi dall’assenza di abitazioni, fatto che li indusse ad ipotizzare che questo misterioso popolo vivesse in tende o in grotte scavate nella roccia. I ricercatori, tuttavia, escludono la possibilità che le abitazioni fossero di legno; la maggioranza di essi, invece, propende per l’ipotesi secondo cui Petra fosse una città di tende, a meno che i Romani, quando la conquistarono nel II secolo d.C., avessero distrutto tutte le abitazioni prima di insediarvi la loro colonia. Sebbene la fondazione sia endomita (cioè del popolo discendente di Esaù, che parlava una lingua semitica e costituiva un gruppo tribale che abitava il deserto del Negev e il Wadi Araba) e risalirebbe al II millennio a.C., la città raggiunse il suo grande sviluppo con i Nabetei: un misterioso popolo di misteriosa origine, che si introdusse a poco a poco nella regione tra il 500 e il 400 a.c C. e si arricchì proprio grazie alla situazione della città, crocevia di due importanti vie dei commerci.
Furono loro ad erigere templi e tombe. Petra, poi, nel 106 d.C., durante la reggenza dell’imperatore Traiano, fu colonizzata dai romani e divenne con essi na delle principali tappe poste sul ramo della Grande Via della Seta che attraversava il Medio Oriente, fino al cuore della penisola arabica. Prima di questi anche i Greci ne modificarono alquanto la fisionomia e durante i due periodi, ellenistico e romano, essa fu la capitale del regno dei Nabatei, che fecero di questa città uno dei principali snodi del traffico viario commerciale del Medio Oriente, uno strategico crocevia di antiche vie carovaniere lungo le quali gli aromi della penisola arabica, la seta cinese, le spezie indiane e l’incenso venivano trasportati dal sud dell’Arabia verso la Palestina, i paesi che si affacciavano sul Mar Mediterraneo, l’Egitto e la Siria. Ma, subito dopo la sua conquista, avvenuta senza alcuna resistenza, da parte di Traiano, già dopo 4 anni (110 d.C.), l’Imperatore Traiano trasferì a Bosra, in Siria, la nuova capitale della Provincia d’Arabia, nonché la sede del presidio militare. In verità già da quel tempo i Nebetei non esistevano più e l’infiltrazione romana era avvenuta, con una pacifica coabitazione, da più di un secolo. Nonostante il declassamento, Petra continuò ad essere prospera di commerci e celebre in tutto l’impero per i suoi templi. Ma, in epoca Bizantina, nel 363, fu quasi completamente distrutta da un violento terremoto, a seguito del quale iniziò a perdere sempre più importanza anche come snodo della via carovaniera. Riacquistò un certo lustro durante le campagne militari europee in Terra Santa, periodo in cui i cavalieri crociati vi eressero ben tre forti. Il più maestoso e ancora meglio conservato e quello che ancora svetta dall’estremità meridionale del colle, risalente all’anno 1142, quando i primi crociati, sfruttando le potenzialità difensive del luogo, lo edificano su uno sperone roccioso della collina. A quell’epoca risale anche la fondazione dell'Arcidiocesi di Petra, una delle quatto archidiocesi facenti capo al Patriarcato di Gerusalemme dei Latini, nel Regno crociato di Gerusalemme. Fu eretta nel 1168 dai Crociati che la chiamarono Petra Deserti, serviva la regione dell'Oltregiordano e, tradizionalmente, anche il Monastero di Santa Caterina sul Monte Sinai, sebbene la protezione dei Crociati arrivò raramente così lontano. Ne fu primo arcivescovo Guerrico (1168 -1183).
Come già detto, per entrare a Petra, il visitatore è costretto ad attraversare una stretta gola situata a oriente, il Siq, che in arabo significa “gola”, un canalone scavato dal fiume Wadi Musa nel massiccio calcareo dello Higiaz. Il Siq si snoda per quasi un chilometro e mezzo attraverso le pareti a picco di due rilievi, che raggiungono un’altezza di 80 metri. In alcuni tratti della stretta gola, le cui pareti di arenaria (rossa, in alcuni punti, sono sia decorate che intagliate, è ancora oggi possibile scorgere le tracce di una conduttura in ceramica situata in una cavità della roccia ed un tempo impiegata per rifornire di acqua potabile la città. Al termine del canalone, che in alcuni punti arriva ad essere largo appena un metro, il viaggiatore si trova improvvisamente di fronte a quello che gli archeologi considerano l’opera architettonica più bella, più celebre e più misteriosa della città: El-Khazneh Firaun, che significa il “Tesoro del Faraone”. La facciata, in chiaro stile ellenistico ed alta 32 metri, è suddivisa in due parti: quella inferiore è caratterizzata da un portico corinzio e da un frontone, quella superiore, invece, presenta sei colonne, un timpano spezzato ed un piccolo tempio circolare al centro, detto “thólos”, munito di copertura conica e adornato con statue. Com’è noto Le tombe a thòlos (al plurale tholoi) che in greco significa cupola, sono delle strutture appartenenti alla tarda età del bronzo nonché sepolcri micenei o monumenti funerari della media età del bronzo. Le prime tombe costruite in pietra vengono chiamate anche beehive (alveare), sono situate in Oman, e vennero costruite accatastando pietre piatte originarie delle formazioni geologiche. Dato il largo uso fatto di queste costruzioni, il termine tholos ha assunto, in archeologia, il significato di “copertura ogivale”, facendo rientrare in questa definizione anche i nuraghi sardi o i trulli e le pajare pugliesi. Il primo paragone tra i tholoi e i nuraghi venne fatto da Giovanni Francesco Fara nel diciassettesimo secolo, dopo aver osservato la somiglianza tra i due tipi di costruzione. Esistono nuraghi a sviluppo verticale, composti da ben tre tholoi impilati; tra questi si possono ricordare il Santu Antine di Torralba, il Nuraddeo di Suni, l'Orolo di Bortigali ed il Madrone di Silanus. Costruzioni a tholos sono state rinvenute nei dintorni sia dell'Aquila che lungo le pendici della Maiella e in provincia di Pescara.
Tornando al “Tesoro del Faraone”, gli archeologi non sono ancora riusciti a stabilire esattamente quale fosse la natura di quest'opera risalente al I secolo a.C.; alcuni studiosi ipotizzano che fosse una tomba, altri un tempio, altri ancora una sorta di forziere. Nonostante l’archeologia non abbia ancora svelato il mistero che avvolge questo edificio, la maggioranza degli studiosi concorda nell’assegnargli una valenza sepolcrale e quindi, nel ritenerlo una tomba, anche alla luce del fatto che, a Petra, la maggior parte delle opere architettoniche è rappresentata proprio da tombe. Il nome di questo monumento funebre trae origine dalla leggenda del tesoro che un faraone non ben identificato avrebbe nascosto all’interno dell’urna posta in cima all’edificio. Tra i beduini locali era in uso sparare con i fucili contro l’urna in quanto credevano che all’interno di essa fosse celato un favoloso tesoro e così facendo, speravano di essere sommersi da una pioggia di monete; fortunatamente tale usanza è stata proibita ed ora il monumento è tutelato come il resto della città. Uno dei momunenti nabatei più spettacolari di Petra, poi, è senza ombra di dubbio la “Tomba dell’Urna”, a ricavata dalla roccia di un fianco di El-Khubtha, un massiccio roccioso sulla cui parete sono stati ricavati alcuni dei sepolcri rupestri più interessanti di Petra, le cosiddette “Tombe Reali”: sei monumenti funebri costruiti dal I al V secolo d.C. La facciata, imponente, è caratterizzata dalla presenza di quattro alte semicolonne che sorreggono un doppio architrave, sovrastato da un frontone con un’urna che ha conferito il nome alla tomba. Tra le due semicolonne interne, in basso, vi è una porta, sormontata da una grande finestra; altre tre finestre sono situate più in alto e corrispondono ad altrettante tombe. Di queste tre finestre, quella centrale, rialzata rispetto alle altre due, corrisponderebbe alla tomba del re Malichos II (40 – 70 d.C.). Prima dell’avvento del cristianesimo (pare nel V secolo), la principale divinità di Petra era Dusharra (in arabo ذو شرى, “Signore della montagna”), simboleggiata da massi ed obelischi sparsi un po’ ovunque nella città.
Dushurra era una divinità aniconica dell'antico medioriente, principale divinità del pantheon nabateo, protettrice soprattutto della dinastia regale adorata soprattutto nelle città di Petra e Madain Saleh, delle quali era patrono. Nel periodo greco veniva associata sia con Zeus che con Dioniso. Il santuario a lui dedicato a Petra contiene un tempio nel quale è conservata una grande pietra cubica (una sorta di Ka'ba, ovvero un cubo sacro, come quello de La Mecca) al centro. L'esistenza di questa divinità viene menzionata nel IX secolo dallo storico Hisham Ibn Al-Kalbi. Uno dei misteri più intriganti della Città delle Tombe consiste nel declino della civiltà che l’ha resa così florida e nel suo improvviso spopolamento, un mistero che molti storici ed archeologi hanno tentato e stanno tuttora tentando di svelare ma che sembra resistere al tempo ed alla scienza. Il Dott. Laureano ipotizza che il declino della civiltà nabatea sia dovuto principalmente ad un fattore di ordine economico, per la precisione, ad una diminuita richiesta di incenso e seta, due dei principali prodotti commerciati a Petra ed al fatto che le carovane deviarono, a favore di altre rotte, dai percorsi originari che un tempo portavano alla Città Rosa. Ma si formulano anche più bizzarre ed azzardate ipotesi. Tra queste quella della distruzione ad opera dei Cannoni Invisibili”, detti anche “Cannoni di Barisal”. Si tratta di un fenomeno sonoro consistente in una serie, a volte anche piuttosto lunga, di inesplicabili e misteriosi rumori omnidirezionali di natura ed origine ignote, che ricordano una successione di esplosioni o cannonate, da cui la prima denominazione. La seconda denominazione, invece, trae origine dal nome di un villaggio, Barisal, appunto, situato ad ovest dello sbocco principale del Gange, il fiume sacro dell’India, a circa 70 miglia a sud di Dacca.
Nel 1865 il colonnello Godwin Austen udì i “Cannoni di Barisal” in Bhutan, ai piedi della catena dell’Himalaya e nel 1895 il colonnello H.S. Olcott li sentì presso i villaggi di Barisal e Chilmari, sul fiume Brahmaputra, tuttavia, il merito di aver portato all’attenzione dell’opinione pubblica questo insolito fenomeno sonoro fu dell’esploratore G.B. Scott il quale udì, per la prima volta, i “Cannoni Invisibili” nel 1871 mentre da Calcutta si recava, attraverso le Sunderbunds, nell’Assam. Vi sarebbero diversi luoghi, nel mondo, dove questo fenomeno si manifesterebbe con una certa regolarità. Misteriosi boati ricondotti ai “Cannoni Invisibili”, difatti, sarebbero stati segnalati e verrebbero tuttora uditi, in varie località dell’Inghilterra, della Scozia, dell’Irlanda e dell’Islanda, al largo delle coste del Belgio, in diverse regioni della Siberia e degli Stati Uniti d’America, in particolare nello stato del Montana, sulle Montagne Rocciose e sulle Colline Nere degli stati del Wyoming e del Dakota e persino a Haiti. Charles Sturt, durante il viaggio che nel biennio 1828-1829 lo portò alla scoperta dei fiumi Darlin e Murray, in Australia, descrisse i “Cannoni Invisibili” come un rumore non terrestre, simile a quello prodotto dall’esplosione di una carica di artiglieria. E ripetuti fenomeni di questo tipo si sarebbero resi responsabili, secoli addietro, del declino di questo enigmatico luogo. Infine, in molti, attribuiscono a Petra la collocazione concreta del celebre “Shamballa” : il paradiso in terra, luogo del sole e della luna, di tante tradizioni medio ed estremo-orientali, che secondo i più, è però molto più lontana, collocata in Afganistn, India, Nepal o nel Tibet.
Letture consigliate:
– AAVV: Castelli medievali a Petra e nel vicino oriente tra rilevo e archeologia, Ed. Società Editoriale Fiorentina, Firenze, 2009.
– AAVV: Petra. La città rosa del deserto. Ediz. Ebraica, Ed. Poligraf, Roma, 1996.
– Bourbon F., Lavagno E. : erra Santa. Guida ai siti archeologici di Israele, Sinai e Giordania, Ed. White Star, Vicenza, 2009.
– Bourbon F.: Petra. Guide archeologique. Histoire, civilisation et monuments, Ed. Magnus, Paris, 2007.
– Kolosimo P. : Non è Terrestre, Ed. Mursia, Milano, 2005.
– Martino C.: Misteri in vacanza, Ed. del Grifo, Perugina, 2007.
– Ossioro F.: Petra. Splendori della civiltà nabatea, Ed. White Star, Vicenza, 2009.