di Antonio Di Pietro
Fitto fa ridere i polli! Invece di prendersela con Lorenzo Nicastro, il Pubblico Ministero che ha indagato su di lui, dovrebbe recarsi dal giudice e chiedere che si faccia subito chiarezza sulle gravi vicende di corruzione che lo riguardano. Io sono orgoglioso che nelle liste dell’Italia dei Valori per le prossime regionali in Puglia ci sia una persona come Nicastro, che ha servito onestamente il Paese contro la politica del malaffare, mentre Fitto, invece di correre in Tribunale per risolvere i suoi seri problemi con la giustizia, attacca Nicastro e fa mettere in lista condannati e inquisiti.
Vorrei ricordare che il processo ai danni dell’attuale ministro per gli Affari Regionali non è una barzelletta. Negli atti si parla di corruzione, tangenti e abuso d’ufficio. Come ha scritto il gup Rosa Calia Di Pinto nel dispositivo con il quale il 12 dicembre 2009 ha rinviato a giudizio Fitto, «gli indizi di colpevolezza emergenti dagli atti di indagine, in una valutazione prognostica, appaiono suscettibili di arricchimento qualitativo e quantitativo in sede dibattimentale».
Insomma, ne vedremo delle belle anche perché il processo per il reato di corruzione si aprirà il 25 febbraio. Il caso, per rinfrescare la memoria agli elettori, riguarda la presunta maxitangente che nel 2005 l’imprenditore romano Giampaolo Angelucci (anche lui a processo) avrebbe versato, dal gruppo Tosinvest, sui conti del movimento “La Puglia prima di tutto” durante la campagna elettorale per le elezioni regionali.
Per la procura di Bari la somma di denaro non era un semplice finanziamento, ma una vera e propria tangente, visto che in cambio le società di Angelucci, il consorzio San Raffaele, si aggiudicarono la gara per la gestione delle residenze sanitarie assistite, un appalto da più di 190 milioni di euro. Già nel giugno 2006, il gip Giuseppe De Benedictis chiese l'arresto per Fitto e dispose i domiciliari per Angelucci.
Il processo è stato disposto anche per il presidente della società «Aeroporti di Puglia», Domenico Di Paola, l’editore salentino di «Telerama» Paolo Pagliaro, l’ex vicepresidente Udc della giunta regionale pugliese Giovanni Copertino (corruzione, truffa e falso) e l’ex assessore regionale di Fi Andrea Silvestri (truffa e turbativa d’asta).
Fitto, oltre che dall’accusa di corruzione e finanziamento illecito ai partiti, dovrà difendersi da quelle di peculato (si sarebbe appropriato del fondo di rappresentanza del presidente della Regione Puglia durante la campagna elettorale del 2005) e per due episodi di abuso d’ufficio.
Insomma, Fitto se la prende con chi ha perseguito la corruzione ma farebbe bene a spiegare davanti ai giudici le pesanti accuse che gli vengono rivolte.