Tu vò fà  l’americano

La vittoria totale di Vendola in Puglia, riporta nuovamente il focus su quella che è l'incerta, quanto confusa identità del Pd. Un partito che dopo le recenti primarie, “alla maniera” americana, attraverso il coinvolgimento di elettori e simpatizzanti, ha ottenuto fiducia rispetto al candidato Bersani, ma non ha ottenuto un aumento del consenso. E' questo un evidente ossimoro, e indice che la sua dinamica interna, è percepita dagli elettori, come competitiva a livello di apparato, ma non efficiente e propositiva a livello programmatico.
L' impasse decisoria del Pd, ha una marcata difficoltà nel definire una posizione chiara, riconoscibile, rispetto a quelli che sono i temi irrinunciabili e fondamentali del dibattito politico. Rispetto all'organizzazione partitica, pesa la sua “leggerezza”, ossia l' essere poco partito e avere molti leader in competizione fra loro. E' dunque un partito “leggero” nella società , ma “pesante” nelle istituzioni, e questo non è certamente un dato positivo.
Le primarie, sono state teatro di una mera competizione ed un regolamento di conti e conflitti tutti intrinsechi al partito stesso. Non da meno in questo senso, si appresta ad essere soggettivistica , individualistica, e oligarchica, la campagna per le regionali; per di più risulta ancora sprovvista di un obiettivo chiaro. Anche la scelta dei candidati è motivo di rallentamento.
Cosa rimane oggi del progetto maggioritario e bipolare perseguito da Veltroni per contrastare il modello berlusconiano? Pare “un partito americano all'italiana”, come dice Ilvo Diamanti. Ma assolutamente incapace di usare un linguaggio comprensibile e un progetto politico credibile.
Si pensi che si iniziò a parlare di “partito leggero” dopo l'avvento di Tangentopoli, quando si iniziò a ritenere la corruzione conseguenza di un partito inteso come una macchina burocratica molto pesante, e che sarebbe stato preferibile un partito meno costoso, con meno apparati interni, e quindi con meno occasioni per il malaffare. E' innegabile l'esistenza di alcune forme di corruzione legate ai partiti “pesanti”, ma è qui utile ricordare l'utilità del partito pesante rispetto alle lotte contro le ineguaglianze sociali, vecchio fiore all'occhiello della sinistra: chi ha poche risorse, deve necessariamente sviluppare strutture organizzative forti. E quel partito di massa, coincideva con il partito pesante, cavallo vincente delle sinistre: socialiste, comuniste, socialdemocratiche; che avevano la peculiarità di finanziare l'impegno politico di coloro che sprovvisti di risorse proprie, non avrebbero mai avuto accesso all' arena politica.
Il partito leggero invece, è funzionale esclusivamente ha chi ha grandi risorse finanziarie: notabili, imprenditori, ecc, inoltre l'insostenibile leggerezza dei partiti attuali, non li rende certo immuni dalla corruzione.
Se si è giustamente evidenziato che il partito pesante produceva storture, come il favorire la costruzione di un ceto politico che, burocratizzandosi si stacca dal basso, non si è però previsto che il partito leggero non avrebbe riequilibrato attraverso la sua politica, le disuguaglianze economiche, sociali, e gli effetti perversi del capitalismo. Il partito leggero, ci costringe quindi ad accettare un ritorno a patiti politici specchio delle disuguaglianze sociali. Infatti il Pdl è leggero per definizione, ci entra chi possiede risorse, prestigio e status sociali, nonostante i tratti fortemente populistici e demagogici, inducano erroneamente la base e “il popolo” a credere il contrario.
Rispetto alla manifesta incapacità del Pd a definire una posizione chiara e riconoscibile per gli elettori, si innesta questo concetto di leggerezza, inoltre, mette in evidenza il fatto che formule come quella di “partito a vocazione maggioritaria”, sono strumentali a fare da copertura ad una assenza di consenso e coordinamento interno sui temi fondamentali, cioè le politiche economiche, quelle sui diritti civili (testamento biologico, pacs), e sulla giustizia. Insomma, una vera incapacità di dettare l'agenda, di formule organizzative che possano colmare il vuoto che si è creato a sinistra con la nascita del Pd, che con le sue contraddizioni intrinseche (vedi Binetti che dichiara di fare campagna elettorale contro la Bonino) ha giustificato non la riduzione dei vertici, ma quella dei militanti: ovvero quella parte “intermedia” di cittadini che sta tra i dirigenti e i semplici votanti e che è quella che tiene in piedi un partito “democraticamente”.
La vittoria di Vendola in questo panorama entropico, pare l'unico elemento di speranza per poter anche solo aspirare di tornare a governare (sempre che al Pd interessi), ma soprattutto di far rinascere un centro sinistra. Non funziona più il ragionamento che si vince al centro perchè tanto il voto di sinistra è acquisito comunque. I partiti che tendono a smarcarsi dagli elettori, chiudendo i canali di comunicazioni con essi, producono demotivazione e assenteismo. Infatti tutti gli studi sociologici attestano che difficilmente l'elettorato di sinistra vota per lo schieramento opposto, tuttavia l'astensionismo a sinistra cresce in maniera esponenziale, come ci siamo potuti rendere conto nelle ultime elezioni politiche e amministrative, quindi questa vecchia ipotesi di agganciare l'elettore mediano sembra sempre meno credibile, oltre che controproducente. La vicenda della Puglia, dimostra che ci vuole un reale investimento nel disegnare un progetto che sia il riflesso di una diversa concezione della politica, e nel quale si riconosca che i cittadini hanno spesso idee migliori di chi li governa.

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