Economia ed etica della conoscenza (La costruzione di un futuro eco-sostenibile)

La conoscenza è un fattore produttivo sui generis che produce valore, attraverso vie molto differenti da quelle percorse dall’economia tradizionale, basata su beni materiali e tangibili.
Le sue caratteristiche peculiari risiedono nella capacità di moltiplicare gli usi e di conseguenza il valore creato, generando una condivisione di saperi applicabili proficuamente nel contesto competitivo.
Assimilare dunque la conoscenza ai fattori produttivi tradizionali appare un limite che non consente di cogliere appieno il potenziale che racchiude.
L’annunciata società della conoscenza preconizzata negli anni 60 è oggi giunta al suo apice, grazie ai mutamenti a cui sono andate incontro le società. La conoscenza da semplice strumento del potere e dell’economia diventa essa stessa una merce.
A supporto delle visioni utilitaristiche, ecco apparire l’homo economicus, razionale decisore che valuta in termini di costi benefici ogni azione da compiere.
E’ evidente il limite di questa visione in quanto l’uomo è composto da un insieme imprescindibile di elementi razionali e irrazionali che non vanno mai scissi, per non cadere nell’errore cartesiano di scindere mente e corpo.
Anche l’eccesso di intangibilità spesso produce una mentalizzazione che rende eccessivamente immateriale ogni forma lavorativa, spingendo quasi a reclamare il recupero di forme di lavoro professionali centrate sulla manualità che stiamo gradualmente rischiando di perdere. Il lavoro artigiano incarna un grande paradosso, in quanto da atti mentali semplici, come individuare oggetti specifici e quindi metterli alla prova, emerge un'attività altamente raffinata e complessa.
Vale a dire che l'animale umano che lavora può trovare arricchimento nelle abilità tecniche dell'artigiano e dignità nello spirito del suo mestiere.
In sostanza l'orgoglio per il proprio lavoro è centrale nei mestieri tecnici ed è la migliore ricompensa per il grande impegno di ogni individuo.
La crisi economica che attanaglia il sistema economico finanziario ha generato bolle speculative in cui sono stati risucchiati, da un giorno all’altro, i risparmi di milioni di persone.
Il futuro richiede un nuovo manager che sappia armonizzare e scientificamente ottimizzare le relazioni intercorrenti tra obiettivi, merito, partecipazione, motivazione, salute e vita.
L’era dell’imprenditore orientato soltanto verso la massimizzazione del profitto, al fine di incrementare la redditività ed accrescere il proprio patrimonio è superata. Chi gestisce l’impresa è attento alla creazione e alla diffusione del valore, sia all’interno, che all’esterno dell’azienda, allo scopo di produrre risultati sempre migliori, inseguendo la qualità totale.
Il fine economico deve essere solo un mezzo per il raggiungimento di obiettivi morali e sociali che, se attuati, accresceranno l’ammirazione e consegneranno all’imprenditore il riconoscimento della comunità e allo stesso tempo, rafforzeranno l’impresa stessa.
Prestigio, profitto e potere rappresentano gli strumenti che preservano l’equilibrio economico aziendale e acuiscono lo scarto competitivo nei confronti dei competitori.
I valori economici vanno combinati con quelli morali, rispettando un codice etico nella gestione aziendale . Lo sviluppo deve essere sinergico con quello ambientale e non procedere a suo danno.
Ciò è auspicabile, anche senza dover arrivare alle conclusioni estreme del club di Roma che ipotizzava un rallentamento del progresso industriale indotto dall’esterno, che sarebbe oggi inattuabile vista l’espansione delle economie di paesi in forte sviluppo come Cina e India che rivendicano la possibilità di espandersi, senza dover pagare per i danni che l’occidente ha causato all’ambiente dall’era industriale ad oggi.
Il lassismo che per troppi anni ha partorito solamente politiche miopi, ancorate ad interessi particolaristici, ha segnato il futuro delle generazioni a venire, condannate a convivere con tassi di inquinamento ai limiti della vivibilità nelle grandi metropoli.
Fortunatamente la sensibilizzazione nei confronti delle energie pulite, sembra in costante crescita negli ultimi anni in Italia. Il rispetto dei dettami tracciati nel Protocollo di Kyoto che prevede l’obbligo per i paesi industrializzati di diminuire l’emissione di biossido di carbonio e dei gas serra al 5,2%, rispetto alle emissioni registrate nel 1990, sta spingendo i governi a realizzare politiche energetiche maggiormente rispettose dell’ambiente.
Il recente “Programma Energia Intelligente” coglie nel segno, avendo il nobile obiettivo di tutelare gli Stati dell’Unione europea, con forniture energetiche eco-sostenibili, a prezzi contenuti, in cambio dell’impegno delle singole Nazioni di ridurre del 20% le emissioni di gas serra e aprirsi alle energie alternative. Investire in energia eco-sostenibile(termosolare, eolico, fotovoltaico, biomasse) è una soluzione alla portata sia dei cittadini che delle imprese stesse, che potrebbero ridurre in questo modo i costi di produzione e realizzare una crescita che salvaguardi l’ambiente.
Non serve armarsi di buone intenzioni, urge una nuova etica che persegua obiettivi realistici e attuabili, senza voli pindarici e retorici che lasciano il tempo che trovano

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