Intervista al Senatore Salvatore Bonadonna Rif. Com. Sin. Eur.
Quali sono state le motivazioni che l’hanno spinta quasi subito a visitare in carcere l’imputato dell’omicidio di Giovanna Reggiani, Nicolae Romulus Mailat?
La motivazione è il profondo dolore causato dall’aggressione alla signora Giovanna. La voglia di capire chi potesse essere una persona capace di tanta ferocia e, siccome i giornali indicavano fosse un rumeno o un rom e siccome io credo di conoscere le comunità rom a Roma so anche che non sono persone capaci di tale violenza. Vi sono dei ladruncoli, ma non assassini. La volontà di capire che cosa stesse avvenendo nella immigrazione di questa fascia di popolazione. Mi sono chiesto se non ci fosse stato un salto di qualità.
Coglie una certa metamorfosi nella comunità rumena?
In qualche misura c’è una metamorfosi. E la metamorfosi sta nel fatto che, guardando in faccia questa persona cercando di farlo reagire anche all’accusa di omicidio, di aver assalito, fatto violenza, ad una donna, ho capito soltanto che questa persona era impenetrabile. Fingeva di non capire l’italiano. Ho capito che il valore della vita, per questa persona, non è lo stesso che hanno le persone normali. Questo è l’elemento che mi ha fatto impressione proprio perché la violenza è stata forte. Non a caso ha portato alla morte di quella signora.
E’ stato accusato di essere stato solidale con il presunto assassino.
Ci sono state delle strumentalizzazioni anche volgari da parte della destra. Si è parlato di una mia solidarietà, si è parlato di vicinanza, si è parlato addirittura del fatto che, essendo la Romania un paese comunista, io mi sarei recato in carcere per questo motivo. Ma è tutta gente che non mi conosce, che non sa che da sempre, anche quando militavo nel PCI, ero contro Ciaucescu che consideravo un dittatore efferato che nulla potevano avere in comune con gli ideali comunisti. Queste strumentalizzazioni hanno determinato delle reazioni addirittura delle minacce e alcuni uomini politici, penso al Presidente di Alleanza Nazionale Fini che si è permesso di dire che io sarei andato a trovare l’imputato dell’omicidio e non a fare le condoglianze alla famiglia della signora Reggiani. Ho dovuto rispondere anche pubblicamente. Io avevo già fatto le condoglianze pubbliche alla famiglia ed al marito della povera signora Reggiani che, essendo un ufficiale della marina è anche un servitore dello Stato. Non soltanto come persona ma anche come vice presidente della commissione Finanze del Senato ad un servitore dello Stato. Ma Fini non si è accorto neppure che ai funerali ero presente. Sedevo esattamente due banchi dietro di lui. Ma, siccome lui era preoccupato di seguire dove stavano le telecamere, non si è accorto che io, invece che posizionarmi davanti alle telecamere, parlavo con il marito e con il fratello della signora Reggiani e esprimendo loro la mia più profonda solidarietà. Solidarietà, peraltro, a due persone che in tutto il clima che si è creato intorno a quell’omicidio hanno saputo mantenere non soltanto un grande livello di dignità, ma un grande livello di civiltà contro i tentativi di imbarbarimento della situazione. Davvero il marito, il fratello, poi il giorno successivo, la sorella della signora Reggiani hanno reso delle dichiarazioni che confermano come sia la signora Reggiani, sia la sua famiglia, sono persone di qualità.
Si può definire la sua visita a questo ragazzo una visita di indignazione costruttiva?
Esattamente. Ha trovato le parole giuste. Muove da un sentimento di indignazione. E muove anche da una preoccupazione: ma c’è questo salto di qualità di cui parlavo prima nelle comunità rumene? Se c’è questo salto di qualità, cosa ci dobbiamo aspettare? Tra l’altro, i rumeni popolano i cantieri edili di Roma e le rumene frequentano le nostre case, sapere che nei tuguri, nei villaggi, nelle baracche dove c’è tenta brava gente si mescolino anche personaggi di questo squallore, capaci di tanta aggressione, di tanta violenza, ci deve fare preoccupare.
Che cosa le ha detto questo giovane?
Sostanzialmente niente. Sia perché diceva di non capire l’italiano e forse era vero non lo so. L’unica reazione quando gli ho chiesto come stesse, se avesse mangiato, mi ha risposto affermativamente. Quando poi gli ho chiesto se si rendesse conto di quale violenza fosse stato protagonista di una aggressione sconsiderata ad una signora, tra l’altro una donna che poteva essere la mamma, l’unica cosa che ha detto facendo finta di non capire, ha detto”io violenza no, violenza no”. Però, voglio dire, con la stessa impassibilità ed indifferenza con la quale mi aveva parlato del dormire e del mangiare. Sostanzialmente con una incapacità di reagire con una emotività vera. Questa condizione di indifferenza mi ha colpito negativamente perché significa che ci sono pezzi di questa umanità che ci circonda che si rendono assolutamente estranei a questo nostro modo normale di rapportarsi.