La notte del 6 dicembre 2007 nello stabilimento torinese delle acciaierie Thyssen Krupp morirono sette operai a causa di un incendio.
Nello scorso mese di gennaio è iniziato,nel capoluogo piemontese,il processo per questa strage che vede sul banco degli imputati l’amministratore delegato della società tedesca,che potrebbe rischiare 21 anni di carcere per omicidio volontario con dolo eventuale perché, pur a conoscenza delle carenze nelle misure di sicurezza dello stabilimento,decise comunque il posticipo dei lavori di messa in sicurezza.
Altri dipendenti Thyssen sono invece accusati di omicidio colposo con colpa cosciente;a tutti è contestata l’omissione dolosa di cautele antinfortunistiche.
Nel dibattimento è emerso un fatto sconcertante:venne raccomandato alle acciaierie di predisporre un impianto antincendio fisso e automatico per la linea 5,la linea della strage,da un consulente delle assicurazioni Axa(compagnia assicuratrice dello stabilimento). Il costo dell’impianto ammontava a 20.000 euro.
20.000 euro:il costo di una automobile o di un gioiello e forse il prezzo di sette vite umane. Il consulente fu chiamato a ispezionare lo stabilimento pochi mesi prima dell’incidente e a dare indicazioni sulle migliorie tecniche e organizzative da apportare.
Collocare rilevatori e ugelli in tutta la fabbrica,dispositivi per il blocco di macchinari e tubi pieni di oli minerali avrebbe determinato una spesa complessiva di 80.000 euro.
Invece,nonostante i suggerimenti del consulente della compagnia di assicurazioni Axa,si trattò sugli interventi da realizzare,limando le prescrizioni iniziali.
Alla fine non venne fatto nulla perché la fabbrica torinese stava per sbaraccare. A parlare di soldi e prescrizioni rimaste sulla carta è stato proprio lo stesso consulente dell’Axa,teste dell’accusa, ascoltato in aula per cinque ore di seguito.
Quest’ultimo ha affermato di aver trasmesso la bozza con le raccomandazioni,documento che doveva essere sottoscritto dai dirigenti della multinazionale per poi essergli restituito.
Il teste d’accusa sentito in dibattimento ha detto inoltre di non aver avuto indietro più niente e di aver saputo che l’azienda disse che le prescrizioni,su cui ci fu una successiva trattativa,sarebbero state prese in considerazione al momento del trasferimento a Terni.
Dalla deposizione del consulente-messo in crisi dalla difesa sulla valutazione della capacità effettiva delle cisterne di oli minerali- è emerso che le valutazioni per abbassare la franchigia,da 100 a 50 milioni di euro,vennero fatte sulla base del possibile danno economico causato da un sinistro.
La linea che stava più a cuore era la 4,perché produceva di più e un fermo avrebbe determinato una perdita monetaria enorme.
La 5,quella della strage,era invece considerata di serie b,perché rendeva di meno. Inoltre è emerso che,sempre a parere dell’esperto dell’Axa,le squadre per le emergenze non rispondevano agli standard della compagnia di assicurazioni.
Il processo Thyssenkrupp è diventato un simbolo delle stragi sul lavoro ed assume un valore straordinario perché per la prima volta dirigenti d’azienda vengono messi sotto processo non per omicidio colposo,ma per omicidio volontario.
Questo processo è giunto ad un grande risultato,senza precedenti nella storia della giurisprudenza italiana:i lavoratori vengono ammessi come parte lesa in questo procedimento e quindi riconosciuti come parte civile.
Per completezza di informazione è opportuno ricordare un principio giuridico recepito nel nostro ordinamento che ben si presta ad essere applicato in questa vicenda giudiziaria:non impedire un evento che si aveva l’obbligo giuridico di evitare equivale a cagionarlo.
In tribunale valgono le regole giuridiche,alla Thyssen invece pare non valessero le regole antincendio e di sicurezza.