Se esiste qualcuno, con il coraggio di affermare che l’attuale modo di vivere è normale, sarei felice di conoscerlo, anche per stabilire se mi trovo di fronte ad un “disturbato” psichico che, per sua disgrazia, non è in grado di stabilire il colore della neve o quella del carbone, oppure per farmi un’ autoanamnesi.
Non sono medico ed, onestamente, in questo momento non avrei piacere di esserlo dopo le tante “magre” che ci ha riservato ultimamente la scienza che, sia pur dopo la veloce “scoperta” dei vaccini anticovid, ha messo però allo scoperto anche un suo argomentare confusionario, divergente anche a 360 gradi, tanto da far scendere quasi a picco la fiducia che noi, poveri pazienti, speranzosi, riponevamo in essa.
Ma non voglio attribuirle delle colpe, anche perché non avrei titolo per farlo, ma vorrei semplicemente dire che è l’attuale coacervo socio-politico-industriale che, nell’era in cui stiamo “vivendo”, sta determinando affanno e poche certezze. Non vorrei dirlo, anche perché l’ho già detto e scritto parecchie volte, ma la società moderna non esprime più quella connotazione che dovrebbe accompagnare atti di ordinaria fisiologia umana, ma sembra, anzi lo è diventata realmente, espressione di revanscismi quotidiani fra gli uni e gli altri, tanto che ciascuno di noi, si trasforma in attore più simil-teatrale che rappresentante serio della categoria professionale di specifica appartenenza: in questo, le performance in tv da parte di virologi, epidemiologici, infettivologi , meritano il premio Oscar alla biennale del cinema di Venezia…
Ma se questo riguarda la scienza medica, che dire del giornalismo di adesso che non costituisce certo il famoso “cane da guardia” a difesa della società, ma un provocatore che costruisce la notizia, non già sulla essenza che l’ha determinata, ma sul prodotto riveniente dalle schegge volanti di detta provocazione che, spesso, c’ entrano come i cavoli a merenda… per esempio, ieri sera, nella trasmissione sul giudice Borsellino (emittente LA7) mi è parso di capire (meglio sarebbe se avessi capito male) che la strage configurerebbe a pieno titolo la connivenza della procura con i deliquenti… anche se nessuno l’ha voluto dire esplicitamente. Se ho capito male, presento da subito le mie scuse, anche perché ho fiducia nelle istituzioni democratiche, ma nessuna sull’organizzazione e su certi uomini. La frase, detta da Di Pietro in detta trasmissione, secondo cui per far fuori un magistrato ci vuole un altro magistrato oppure un attentato… non solo lascia intendere cose impensabili, ma mi lascia sgomento e basito malgrado che, alla mia età, oggi non mi meravigli più di niente, o quasi.
Oltre alla scienza medica ed al giornalismo, spenderei una parola anche per l’industria, tralasciando gli interessi delle multinazionali, specie oggi per i vaccini. Oggi i mercati sono in lotta fra loro, ma non tanto per le leggi della libera concorrenza, ma perché, come mi piace dire, quando un catino è pieno non si può più aggiungere altro… sarebbe sufficiente fare delle riflessioni sul mercato delle auto (modalità di vendita, restituzione, noleggi…) per capire che, anche in questo contesto, andrebbe fatto qualche ragionamento volto ad una qualche riconversione industriale se non si vuol morire soffocati, non tanto dalle stesse macchine, quanto dagli stratagemmi risibili in atto per vendere (basterebbe ascoltare la pubblicità quotidiana in tv o sui mass media). Ma questo mercato delle auto è estendibile per modalità anche in tanti altri contesti…
Detto questo in breve e facendo quindi un esame obiettivo della situazione, non mi pare che oggi ci possa essere un cambio di rotta verso un vivere normale, tanto da dover ipotizzare, nel breve termine, un potente corto circuito sociale che sarà a decretare, ahimè, che neanche una pandemia come quella che stiamo vivendo, ha insegnato qualcosa.
Dobbiamo stare attenti perché tutto ha un inizio ed una fine.
Arnaldo De Porti