Qualche lettera sui giornali dopo il terremoto a L’Aquila

“Il ramoscello d’ulivo sotto le macerie”
E’ difficile celebrare questa Pasqua. L’ombra cupa del venerdì santo si è estesa sulla domenica; nella primavera è rimasta la sensazione del gelo invernale; l’olivo ha perso il suo argento. E’ difficile festeggiare. Alle mamme private dei loro figli a L’aquila, non possiamo dire: “Non temete…non è qui…è risorto…Rallegratevi!” (cf Mt 28, 5ss). Sotto le macerie è rimasto il ramoscello d’olivo benedetto.

“La sabbia e il Vangelo”
Nel Vangelo leggiamo: “E chi ascolta queste mie parole, ma non le mette in pratica, può essere paragonato a un uomo stolto che costruì la sua casa sulla sabbia. E cadde la pioggia e inondarono i fiumi e soffiarono i venti: si abbatterono su quella casa; e cadde e la sua rovina fu grande!” (Mt 7, 26 -27). A L’Aquila non la stoltezza, ma perniciosa furbizia ha spinto costruttori ad edificare non sulla sabbia, ma con la sabbia. Gli edifici hanno resistito alla pioggia e ai venti e alla neve ma non al terremoto, e la loro rovina è stata grande.

“Chi potrà mai restituirmi mio figlio?”
Pensieri la sera tardi di venerdì santo in una tenda da campo. Sono venuti in tanti gli uomini politici.  Sono venuti a consolarci, a portarci aiuto, a farci le condoglianze. Molti si sono commossi; qualcuno ha persino pianto. Lacrime di commozione, non di pentimento. Non sono venuti, infatti, a chiedere perdono; non sono venuti a scusarsi, ché nulla hanno da rimproverarsi: il terremoto non l’hanno provocato loro, e gli edifici che sono crollati non l’hanno costruiti loro. I politici innocenti sono venuti a consolarci, a portarci aiuto e a farci promesse. Tante promesse. Ci restituiranno l’amata e bella città, le amate case e le belle chiese e le belle strade. Ma chi potrà mai restituirmi il mio adorato bel figlio?

A proposito di quest’ultima: è stata restituita dopo dodici anni l’amata e bella città?
Renato Pierri

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