Oscar Wilde: “Chiunque può simpatizzare col dolore di un amico ma solo un animo nobile riesce a simpatizzare col successo di un amico”.
Di recente, un brillante amico mi ha raccontato di aver guadagnato un incarico lavorativo eccezionale. Mi ha telefonato, ne abbiamo chiacchierato: è stato bello.
Quando l’amico condivide la propria gioia con me, lui è felice ed io mi sento fortunato. Certo: sono lieto per lui – quasi come se si trattasse di me stesso – ed onorato che voglia parteciparmi la propria gioia; ma la prima attribuzione che avverto è la fortuna.
Infatti sono compiaciuto di esser capace, autenticamente, con cuore e testa, di partecipare al suo successo. Beninteso, lo sono quando si tratta di condividere la vittoria di chi lo meriti, non dell’incapace o del neghittoso favorito dai natali o dalla ciorta (sorte).
E, tra il serio ed il faceto, spesso suggerisco all’amico trionfante di scegliere attentamente gli… interlocutori della propria contentezza.
Perché è l’invidia il sentimento più diffuso ed umano, mica l’amore. Amare è considerato piuttosto comune ma è difficile: donare se stessi, dimenticarsi di sé, sentirsi parte dell’altro ed esser pronti ad affrontare la delusione della mancata corresponsione (siamo sicuri ci sia così tanto amore, in giro?!).
Ma l’invidia… quella è facilissima. Non ci vuole nulla. Si tratta della cattiva elaborazione delle fortune e delle qualità degli altri, che ci riesce benissimo; per cui, invece di condividerne il sorriso, rallegrarcene, provare a comprendere perché abbiano centrato l’obiettivo, farci un esame di coscienza e mirare a migliorare, trarre le lezioni giuste, ci chiediamo: perché lui e non io?!
L’invidia è lì, dietro l‘angolo, che ammicca. Vale per tutti, è comprensibile. E conta poco che tu provi affetto o meno per l’altro; anzi, in effetti, proprio quando l’amico ha successo apprezzi se gli vuoi davvero bene e se, soprattutto, lo stimi.
L’invidia rosicchia i fili dell’affettività, dell’empatia ma anche del raziocinio. È comoda, istintiva, consolatoria: in una parola, umanissima. Noi sorridiamole e trasformiamola in volontà di emulazione: può essere la molla per grandi cose.
Chi ha reso questa consapevolezza una parte di sé è una persona fortunata.