Recovery Fund ed agricoltura digitale. Le scelte della Francia

di Filippo Moreschi, avvocato e Responsabile Osservatorio AIDR “Digital Agrifood”

Nell’attesa dell’elaborazione della versione finale del c.d. Recovery plan italiano può essere interessante esaminare, su un piano comparativistico, le scelte della Francia. Un paese molto “vicino” al nostro, anche e soprattutto nel settore agroalimentare.

La Francia è stata tra i primi paesi a pubblicare, nello scorso settembre 2020, la sua proposta di piano di rilancio: un documento di

296 pagine denominato “France Relance”, che prevede una spesa complessiva di 100 miliardi di Euro, di cui 40 finanziati dal c.d.

“Recovery fund” europeo e 60 dallo Stato francese.

Il documento è diviso in tre macroaree deominate “Écologie”, “Compétitivité”, “Cohesion”.

Nella sezione “Écologie” il capitolo “Transition agricole” è dedicato specificamente all’agricoltura, ma molti riferimenti alle realtà rurali si ritrovano anche negli approfondimenti sulla tutela della biodiversità e della resilienza dei territori, sulla transizione energetica, nel capitolo “Territoires” (sez. “Cohesion”) e nel paragrafo della sezione “Compétitivité” dedicato alle forniture strategiche.

La proposta di piano è attualmente sottoposta al negoziato tra il Governo francese e l’Unione europea.

Per ciò che riguarda l’agricoltura, il piano mette soprattutto in risalto l’agroecologia e l’agricoltura biologica, sviluppate in un’ottica sociale di valorizzazione territoriale e delle comunità locali, nel quadro della sostenibilità ambientale, della lotta al cambiamento climatico e, ove possibile, della sovranità alimentare.

Agroecologia, nella definizione dell’OCSE, è lo studio del rapporto tra le coltivazioni agricole e l’ambiente. Il piano francese si focalizza sugli obiettivi della certificazione di Alto Valore Ambientale delle aziende (HVE-Haute Valeur Environmentale), della loro conversione al biologico e sullo sviluppo di filiere che consentano ai consumatori di reperire cibo sano, sicuro, sostenibile e di qualità (“garantir à tous une alimentation saine, sûre, durable, de qualité et locale”).

Con l’attributo “locale” il piano intende sottolineare il grande valore delle filiere corte e guarda con favore al rapporto tra il produttore locale ed il consumatore, attraverso canali commerciali diretti e reti mirate, che vanno dalle forniture alimentari di cibo locale e sostenibile per le mense scolastiche del territorio di produzione, alla rete di ristoranti “ecoresponsabili”, alla sensibilizzazione dei giovani verso le tematiche dell’economia e dell’agricoltura sostenibili, alla riduzione dell’uso delle risorse naturali ed alla valorizzazione delle realtà locali sia rurali che urbane (marcato è l’accento sugli orti urbani condivisi).

 

Nello scenario delineato dal piano, dunque, lo Stato favorisce la

transizione ecologica in agricoltura intervenendo sotto un triplice

aspetto: il contributo finanziario, la leva fiscale attraverso il

credito d’imposta per le imprese agricole che si convertono al

biologico o che acquisiscono la certificazione di Alto Valore

Ambientale (HVE), la messa a disposizione – attraverso i Progetti

Ambientali Territoriali (PAT) ed il sistema della ristorazione

ecoresponsabile – di un mercato per i prodotti locali sostenibili per

le imprese che scelgono la strada della transizione. Con conseguenze

importanti sotto il profilo dell’accesso dei giovani a professioni

agroecologiche altamente qualificate e specializzate, della

sopravvivenza delle comunità rurali e della tutela dei territori.

 

In questo quadro, qual è la parte che viene assegnata al digitale?

Nella sezione rivolta alla transizione agricola, il piano non dedica

specifici paragrafi alla digitalizzazione. Se ne rinvengono espressi

riferimenti nel capitolo relativo al benessere animale, dove si parla

della “digitalisation” ad accompagnare i progetti di miglioramento

dell’automazione e della robotizzazione del settore volti, al

contempo, alla tutela dell’ambiente (riduzione del consumo di acqua e

di energia), al benessere degli animali ed alla tracciabilità dei

prodotti.

Marcata è l’attenzione del piano alla carbon footprint ed al controllo

delle emissioni di ammoniaca dell’aria.

Il riferimento ai sistemi ed alle apparecchiature di precisione si

rinviene laddove il piano supporta la modernizzazione delle

attrezzature e lo sviluppo di tecnologie che consentano un utilizzo

maggiormente ragionato dei prodotti fitosanitari se non addirittura il

loro abbandono, unito al risparmio della risorsa idrica (“accélerér la

modernisation des équipements et du développement de technologies

permettant un usage plus raisonnè voire l’abandon des produits

phytosanitaires et des ressources naturelles”).

Pure, merita menzione l’annunciata promozione, attraverso i bandi di

strutturazione di settore, di progetti pilota, singoli o collettivi,

per lo sviluppo di filiere altamente performanti e di figure

professionali nuove nel campo agricolo ed agro-ecologico. Qui, il

ruolo dello Stato si dipana mediante l’azione dell’Agenzia

FranceAgriMer e, per il settore biologico, del Fondo Avenir Bio.

Il piano –infine – offre aiuti agli investimenti in attrezzature che

consentono la diffusione di tecnologie interoperabili e strumenti di

supporto decisionale e condivisione dei dati (assistenza operativa,

tracciabilità, ecc.).

 

L’apparentemente ridotta menzione, da parte del piano, delle tematiche

attinenti alla digitalizzazione, con particolare riferimento al

settore agricolo, può essere spiegata con due ragioni.

La prima è di carattere squisitamente redazionale, posto che esse

fanno parte del più lungo elenco degli “asset” oggetto di sovranità

tecnologica e si trovano indicate nel capitolo dedicato agli

investimenti sul futuro (sez. “Compétitivité”). Qui, ad esempio, si

parla di 5G, di AI, di digitalizzazione, ma in modo trasversale e

generale e non per singoli settori merceologici o produttivi.

La seconda ragione è estranea al piano ma ne rappresenta un

presupposto, ed è la ormai consolidata attenzione della produzione

agroalimentare francese di qualità alle nuove tecnologie. Ne è

testimone, per citare un esempio, il progetto InVinoTech promosso nel

2018 dai produttori vitivinicoli dell’Alsazia. InVinoTech mira a

raccogliere la sfida della digitalizzazione sotto i molteplici profili

della coltivazione della vite, della produzione del vino, della

commercializzazione e dell’esperienza enoturistica di una delle zone

viticole più importanti d’Europa.

 

In conclusione, se pure manchi nel “France Relance” un paragrafo

esclusivamente dedicato alla transizione digitale del mondo agricolo,

si può dire che il tema della digitalizzazione si configura come la

condicio sine qua non di tutti gli obiettivi della transizione

agro-ecologica del piano di rilancio francese, quasi una sorta di

mezzo per raggiungere gli scopi del documento: la lotta al cambiamento

climatico, la sovranità alimentare, la produzione di cibo sano, sicuro

e sostenibile, la tutela economica e sociale del settore agroalimentare.

 

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