Perché la Santa Sede non firma la Convenzione d’Istanbul

La giornalista Franca Giansoldati su Il Messaggero del 1 febbraio: “Papa Francesco invita i fedeli a recitare rosari contro le violenze sulle donne ma, ancora una volta, evita di menzionare che la Santa Sede non vuole firmare il Trattato internazionale di Istanbul, considerato la magna charta per combattere alla radice il fenomeno dei femminicidi, degli abusi di potere, delle violenze domestiche”. E su Il Mattino del 25 novembre 2020: “Il documento, come si sa, investe moltissimo sulla prevenzione alla violenza, cerca di proteggere le vittime e perseguire i trasgressori, definisce la violenza contro le donne una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione. I firmatari, inoltre, si impegnano a diffondere una cultura paritaria e di rispetto.  La firma del Vaticano avrebbe un valore simbolico altissimo”.
La spiegazione del perché la Santa Sede non firma, senza rendersene conto la dà la giornalista stessa quando scrive: “I firmatari, inoltre, si impegnano a diffondere una cultura paritaria”. La cultura paritaria non appartiene alla Chiesa, giacché per quanto riguarda l’ordinazione sacerdotale, fa discriminazioni basate sul sesso.  Alle donne è negato il sacerdozio, perché sono donne. La cosa grave è che la Chiesa attribuisce a Dio questa discriminazione. Esclude, infatti, che la chiamata del Signore giunga ad una donna. Dal cielo chiamate solo per chi ha la fortuna di nascere col cosino, nessuna chiamata per chi ha la sventura di nascere con la cosina. In realtà, l’esclusione delle donne dal sacerdozio è ingiusta, contrasta con la ragione, e non trova nessun serio fondamento nel vangelo.
Renato Pierri

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