L’altra metà dell’avanguardia. Modernismo e questioni di genere in una mostra storica, frammenti dall’intervista a Lea Vergine*

 

Nel 1975 la Libreria delle donne di Milano, con Luisa Muraro, Lia Cigarini e Corrado Levi, mi chiese di presentare una cartella di artiste donne. Rimango un po’ perplessa… Scrivendo per la prima volta su nove artiste insieme, tra le quali Carla Accardi, Dadamaino e Amalia del Ponte, ho cominciato a prendere coscienza di separazioni terrificanti…

Quindi, dopo aver scritto e trafficato inevitabilmente con il mio “personale”, avevo un subbuglio dentro di me, forse un autentico star male. Bisognerebbe studiare, e non l’ha fatto mai nessuno fino ad ora (né gli psichiatri né i critici d’arte) perché le donne hanno questo irriducibile masochismo. Da dove arriva?

Contemporaneamente, arrivavano cataloghi di mostre come “Künstlerinnen international 1877–1977” allo Schloss Charlottenburg o quella al Brooklyn Museum nel 1977, fatta da Linda Nochlin e Ann Sutherland Harris [“Women Artists: 1550–1950”], dove si presentavano miscellanee sulle pittrici attive dal XVI al XX secolo! Censimenti deprimenti a metà strada fra dato antropologico e romanzeria, rassegne e pubblicazioni che avevano appiattito i problemi del passato su quelli contemporanei, banalizzando i primi e confondendo i secondi in nome di una malintesa militanza su tematiche alla moda. Arrivavano libri e cataloghi di elenchi in cui si andava da Elisabetta Sirani a Novella Parigini. Un’indecenza e una condotta profondamente scorretta.

Così, mi sono detta, è il momento di fare una ricerca ben fatta e cominciare a vedere come si sono comportate le artiste che, all’interno dei gruppi d’avanguardia, avevano uno spazio parallelo e non erano mimetiche nei riguardi dei compagni. Però questa è già la seconda parte del secolo scorso. Suzanne Valadon, che non faceva parte di nessun gruppo, produceva dipinti post-impressionisti non male, ma era un’altra cosa…

Mi interessavano le artiste che si erano misurate con i maschi dei vari gruppi e volevo andare a vedere proprio questo.

Nelle recensioni, grande confusione: perché non c’è questa? E perché non c’è quell’altra? Ormai c’era l’abitudine all’elenco. Anche Germaine Greer, per molti aspetti bravissima, quando si è trattato di scrivere di pittrici ha preso dei granchi.

Ma come si fa a porsi la domanda che si ponevano allora, conoscendo pochissimo, tutte le “innocenti” che volevano occuparsi di questo: “Perché non c’è un Leonardo femmina?” Come può esserci un Leonardo femmina con tutto quello che le donne hanno dovuto patire in millenni?

La scrittura è altra cosa: sempre stata concessa alla donna. Tanto la faceva in bagno, in cucina, apriva un quadernetto, si metteva in un angolo… Bisogna arrivare quasi a Vanessa Bell e Virginia Woolf per meritare una scrivania. Sennò nell’angolino. E la scrivania veniva concessa perché non dava troppo fastidio; il fastidio che dà, invece, un’attività come quella dello scultore o del pittore, che ha bisogno di spazi e molto altro e ha bisogno di un minimo di indipendenza.

Era proprio lo sdegno per questo materiale vergognoso e patetico che arrivava; c’era di tutto, dilettanti, professioniste, suore che dipingevano, una cosa dissennata!

[…] Mi ero imbarcata in un’impresa assolutamente inimmaginabile allora. […] Ho avuto il primo assegno per andare a Roma e poi a Parigi nel dicembre del 1978. E così è iniziata la ricerca… […]

Lo scandalo ci fu, certo, perché la mostra era di sole artiste e senza includere tutte le loro tragiche vicende personali. Devo dire che mi sono resa conto, già quando feci quella cartella nel 1975, che le donne le avevo sempre trattate alla stessa stregua dei maschi. Una volta, un’artista romana negli anni settanta mi disse: “Io ci tengo moltissimo a lei”, e io: “Perché? Perché scrivo bene? ”, “Ma no – disse lei – io quello non lo capisco neanche. Ci tengo moltissimo perché lei ci tratta come esseri umani”.

* estratto dall’intervista di Massimiliano Gioni a Lea Vergine, L’altra metà dell’avanguardia. Modernismo e questioni di genere in una mostra storica, in La Grande Madre. Donne, maternità e potere nell’arte e nella cultura visiva, 1900-2015, a cura di Massimiliano Gioni, catalogo dell’omonima mostra promossa da Comune di Milano | Cultura, ideata e prodotta dalla Fondazione Nicola Trussardi insieme a Palazzo Reale per Expo in città 2015, Palazzo Reale, Milano 26 agosto – 15 novembre 2015 (p. 267, 268, 269)

Crediti immagine: Lea Vergine con Carlo Tognoli e Achille Castiglioni in occasione dell’inaugurazione della mostra L’altra metà dell’avanguardia 1910-1940, Palazzo Reale, Milano 1980

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