È intensa l’attività della diplomazia azera per convincere il mondo che nei territori conquistati agli armeni gli azeri “proteggeranno” i monumenti cristiani.
Dopo aver cercato di ricostruire, a poche ore dalla firma dell’accordo di cessate-il-fuoco, la paternità del celeberrimo monastero di Dadivank (curioso che il ministero della cultura di Baku dopo aver tentato di sostenere che non è armeno ne utilizzi proprio il nome…armeno), ecco la rassicurazione sulla sorte delle altre chiese e monumenti in Artsakh (Nagorno Karabakh).
Purtroppo, le prime evidenze ci raccontano una storia già scritta in passato.
Nella loro avanzata nei villaggi del sud, i soldati azeri (spalleggiati dai mercenari jihadisti tagliateste) hanno abbattuto tutti i monumenti armeni, compresi quelli di natura prettamente religiosa.
E a Shushi, appena consegnata loro, la cattedrale del Santissimo Salvatore (bombardata due volte nello stesso giorno nelle scorse settimane) è stata già vandalizzata come da foto che ben evidenzia il passaggio dei barbari.
E dire che nella stessa città, il governo dell’Artsakh con i pochi fondi a disposizione, l’aiuto di una associazione francese e di una organizzazione iraniana, aveva recentementeterminato il restauro della splendida moschea persiana avendo ritenuto doveroso preservare il patrimonio artistico ancorchè appartenente ad altra confessione religiosa.
Sugli azeri non possiamo stupirci più di tanto, invero.
Negli anni passati circa diecimila katchkar (croci armene di pietra) di epoca medioevale sono state rase al suolo a Julfa nel sud del Nakhchivan per far posto, in una zona desertica, a un campo di tiro militare.
Come i talebani afghani con le statue dei Buddha di Bamiyan: allora il mondo, giustamente, si scandalizzò; per le croci armene non furono spese molte parole salvo qualche accorato appello di alcuni storici dell’arte.
Ma anche decine di chiese e monasteri in tutto l’Azerbaigian negli anni hanno subito la medesima sorte e ora rimane solo una chiesa armena a Baku, sotto controllo della presidenza della repubblica, ridotta a biblioteca. D’altronde i loro fratelli turchi non hanno riservato miglior trattamento alle chiese armene dell’Asia minore…
Se all’Europa è rimasto un minimo di orgoglio è forse arrivato il momento di far sentire la propria voce e ammonire la dittatura azera al rispetto del patrimonio cristiano (anche se armeno)
Consiglio per la comunità armena di Roma