ICAR/SIMIT – Scienza al lavoro per eradicazione dell’HIV. HIV oggi è cronicizzabile. Si può azzerare il rischio contagio, ma resta lo stigma e il pericolo ignoranza nei giovanissimi

Dal 12 al 16 ottobre, la 12a edizione di ICAR – Italian Conference on AIDS  and Antiviral Research, la conferenza italiana su AIDS e ricerca antivirale. Un’occasione di confronto e riflessione tra specialisti, pazienti e operatori sanitari per non dimenticare quella che è stata un’altra pandemia, ancora da vincere definitivamente

ICAR 2020 – Scienza al lavoro per una completa eradicazione dell’HIV.

HIV oggi è cronicizzabile. Si può azzerare il rischio contagio, ma resta lo stigma e il pericolo ignoranza nei giovanissimi

“L’idea di risvegliare il virus è il primo passo per quella che i ricercatori hanno ribattezzato una strategia di shock & kill, il cui scopo mira a eradicare completamente il virus dal soggetto infettato” evidenzia il Prof. Massimo Clementi, copresidente del Congresso ICAR 2020

IL PAZIENTE HIV NEL 2020: IN ETA’ AVANZATA, RISCHIO DOPPIO DI MALATTIE CARDIOVASCOLARI E AUMENTO DI PESO – Le terapie moderne per l’infezione da HIV hanno trasformato questa malattia in una patologia cronica. Oggi l’aspettativa di vita di una persona affetta da infezione fa HIV è sostanzialmente sovrapponibile a quella della popolazione generale. “Tuttavia, diversi studi hanno dimostrato una maggior frequenza di alcune patologie non infettive, legate normalmente all’invecchiamento, quali ad esempio le malattie cardiovascolari, per le quali il rischio è quasi il doppio nelle persone con infezione da HIV – ha evidenziato il Prof Paolo Bonfanti, Professore di Malattie Infettive presso l’Università Milano-Bicocca a Monza – Le terapie attualmente a disposizione permettono comunque di abbassare il rischio di sviluppare queste condizioni legate all’invecchiamento, riducendo lo stato di infiammazione cronica che l’infezione determina e che è in parte alla base di esse. Pur trattandosi di regimi terapeutici gravati da minor tossicità rispetto a quelli del passato, possono comunque indurre alcuni eventi inattesi come l’aumento di peso e costituire quindi essi stessi un potenziale fattore di rischio”.

LA STRATEGIA SHOCK & KILL: UNA SPERANZA PER ERADICARE IL VIRUS DELL’HIV – L’Hiv oggi si può controllare, garantendo al paziente una qualità di vita molto simile al resto della popolazione, e si può ridurre la viremia fino ad azzerarne il rischio contagio. Resta di fatto un ultimo limite ancora non superato: l’eradicazione del virus dall’organismo. Uno dei principali ostacoli all’eliminazione dell’HIV dall’organismo è la sua capacità di sopravvivere in forma latente dentro le cellule CD4 (Linfociti T) che si trovano in uno stato non attivo. Queste cellule sono infettate da HIV e lo mantengono in uno stato di latenza: il virus resta così invisibile al sistema immunitario e si formano dei reservoir virali. Soltanto quando il virus comincia a riprodursi, il sistema immunitario rileva la cellula infetta. “La terapia antiretrovirale permette di mantenere un basso livello di replicazione virale durante l’attivazione di queste cellule latenti – evidenzia il Prof. Massimo Clementi, Professore Ordinario di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano – Ma, come dimostrato da recenti studi, un’interruzione terapeutica di poche settimane provoca un rimbalzo della carica virale a livelli corrispondenti a quelli pre-trattamento. In un primo momento, è stato affermato che un trattamento antiretrovirale precoce potesse ridurre la possibilità dell’HIV di stabilire dei serbatoi del virus. Altri studi più recenti, invece, sono basati su strategie che mirano a far uscire queste cellule dalla latenza al fine di riconoscerle. L’idea di risvegliare il virus è il primo passo per quella che i ricercatori hanno ribattezzato una strategia di shock & kill, il cui scopo mira a eradicare completamente il virus dal soggetto infettato”.

LE RIVOLUZIONI U=U E PREP, MA RESTA LO STIGMA – In merito alle più significative novità, il 2019 ci ha consegnato un’evidenza scientifica rivoluzionaria, sintetizzata nell’acronimo U=U, Undetectable=Untransmittable, Non rilevabile=Non trasmissibile. Una conclusione che supporta l’efficacia della terapia antiretrovirale nella prevenzione della trasmissione dell’infezione da HIV da persone che hanno raggiunto la soppressione virologica. In altri termini, le persone con HIV in terapia efficace non trasmettono il virus ai/alle partner, grazie alla corretta assunzione della  terapia antiretrovirale. “Mi sembra una rivoluzione rimandata per il momento, vista la poca pubblicità data a una scoperta che segna una svolta epocale – dichiara Sandro Mattioli, Presidente Plus, Persone LGBT+ Sieropositive, Bologna – Per i pazienti significa molto, visto anche l’impatto che può avere sullo stigma e contro la discriminazione: siamo passati dalle accuse di “untori” a un fatto scientifico innegabile, per cui le persone con Hiv, se sottoposte a terapia efficace, non sono contagiose. Questa innovazione dunque ha sia una valenza scientifica e clinica, ma anche un peso sociale, culturale e infine psicologico. Proprio su questi elementi si dovrebbe intervenire con iniziative volte a promuovere il messaggio di questa novità”. In tanti, infatti, soprattutto tra i più giovani ancora non sono al corrente di questa svolta, così come persiste un’ignoranza sulle modalità di trasmissione del virus, sui rischi che si corrono e sulle necessarie precauzioni da prendere in merito a comportamenti corretti e modalità di prevenzione. “Un’altra questione delicata è legata alla prevenzione – aggiunge Mattioli – La PrEP, infatti, la profilassi pre-esposizione, che consiste nell’assunzione preventiva di farmaci attivi contro Hiv, è accertata da numerosi studi scientifici come efficace, ma resta poco diffusa e molto costosa, non rimborsata dal SSN, rischia di diventare una prevenzione di classe perché non accessibile da tutti”. Inoltre, in questi mesi, la situazione si è aggravata per la pandemia di Covid-19: le misure prese per far fronte all’emergenza, infatti, hanno reso più complicata sia la gestione delle persone con HIV, sia la prevenzione, a partire proprio dalla PrEP, che ha subito ulteriori difficoltà nell’accesso.

ICAR2020, LE NUOVE SFIDE DEGLI INFETTIVOLOGI – ICAR 2020, in corso online dal 12 al 16 ottobre, è un Congresso abstract-driven, con una forte interazione tra ricerca di base, translazionale e clinica, ispirato dalla necessità di un linguaggio comune tra comunità scientifica, dei pazienti, particolare attenzione verso i giovani ricercatori, il personale sanitario non-medico, la Community, la società civile. Questa edizione, ridisegnata in digitale, è presieduta dal Prof. Massimo Clementi, Professore Ordinario di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano; da Sandro Mattioli, Presidente Plus, Persone LGBT+ Sieropositive, Bologna; dalla Prof.ssa Cristina Mussini, Professore Ordinario di Malattie Infettive presso l’Università di Modena e Reggio Emilia; il Prof. Guido Silvestri, professore ordinario di Patologia Generale alla Emory University University School of Medicine di Atlanta; il Presidente SIMIT Marcello Tavio, Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona).

Nonostante l’inedita modalità digitale, sono rimasti intatti gli obiettivi, il programma annunciato precedentemente e le consuete caratteristiche. Presentati il 14% di Abstract in più rispetto allo scorso anno. Prevenzione (dal messaggio U=U, alla PrEP al Testing) e innovazione (dalla medicina personalizzata all’eradicazione e alla cura) al centro delle relazioni presentate; “numeri” significativi: 1248 partecipanti, 185 membri della Faculty, 159 della Community, 122 studenti coinvolti nel Contest RaccontART in 40 classi e 7 scuole. Un programma scientifico molto ricco, con 3 corsi Precongressuali, 46 Sessioni scientifiche, 70 comunicazioni orali, 88 poster discussion, 203 Poster exibition, 6 key note lectures, la Mauro Moroni lecture, 2 Meet The Expert. Dei 371 abstract pervenuti, ne sono stati accettati 364 dopo una rigorosa selezione a cui hanno contributo 109 Referee e la Segreteria Scientifica coadiuvati dal Coordinatore Abstract, Franco Maggiolo. L’attenzione a Giovani e Community si è tradotta in 396 Scholarship assegnate (rispettivamente 237 e 159). Dieci i ricercatori selezionati come finalisti per il CROI-ICAR Italian Young Investigator Award, che viene conferito ogni anno durante ICAR insieme agli ICAR 2020 Scientific Committee Awards e ai SIMIT Special Awards. “Il Congresso ICAR di quest’anno è la dimostrazione di come il mondo infettivologico sia dotato di grande resilienza – evidenzia la Prof.ssa Mussini – Nonostante lo tsunami legato al Covid, siamo qua a parlare di temi altrettanto rilevanti come l’infezione da HIV. Siamo riusciti a fare un convegno che ha portato come sempre il paziente al centro: abbiamo posto l’attenzione su tutto il percorso che riguarda l’infezione da Hiv e su alcuni temi di grande rilievo come la gravità delle diagnosi tardive”.

Parte oggi on line, sino al 16 ottobre, la 12a edizione di ICAR – Italian Conference on AIDS  and Antiviral Research-  la conferenza italiana su AIDS e ricerca antivirale. Confronto, aggiornamento e sensibilizzazione tra specialisti, community, studenti in un momento di recrudescenza del Covid

ICAR 2020 – COVID19 e HIV:  nessun collegamento terapeutico tra le due “pandemie gemelle”, né per contagi né per conseguenze.

Per l’HIV test in diminuzione, ma aumenta la telemedicina

“Studi internazionali documentano un calo di test effettuati, a fronte di una costanza nell’erogazione dei servizi forniti. Gli studi inoltre indicano che nelle persone con HIV COVID19 non ha un decorso più grave. Incoraggianti i risultati della telemedicina. Sono aumentati del 50%, infatti, le consultazioni online”, dichiara il Prof. Andrea Antinori, Direttore di Immunodeficienze Virali allo Spallanzani di Roma

L’emergenza sanitaria da COVID19 ha avuto serie ed evidente ripercussioni anche sul fronte della sanità pubblica e sulla battaglia contro altre malattie, specie quelle croniche. E, di conseguenza, anche sul fronte delle malattie sessualmente trasmissibili. Parlando dell’HIV, dagli USA e a livello globale, studi scientifici e sondaggi hanno dimostrato una riduzione significativa di accesso ai test, nonostante sia stato comunque mantenuto l’accesso ai servizi. Una situazione analoga, sebbene non esistono al momento studi specifici e dati ufficiali a riguardo, potrebbe avvenire in Italia.

COME IL COVID19 HA INFLUENZATO LA LOTTA CONTRO L’HIV – “Non siamo ancora in grado di sapere se l’impatto della pandemia da COVID19 abbia comportato conseguenze nell’assistenza alle persone con HIV – dichiara il Prof. Andrea Antinori, Direttore di Immunodeficienze Virali allo Spallanzani di RomaSe fossero confermati i dati sulla riduzione dei test anche in Italia, va capito de questo fenomeno possa essere ricondotto alla riduzione degli spostamenti durante e successivo al lockdown, o se dipende da una effettiva riduzione di comportamenti a rischio, o ancora se da una difficoltà di accesso alle strutture, impegnate ad affrontare la battaglia della pandemia”.

 

“L’esperienza internazionale infatti rivela un evidente calo di test effettuati, come dimostrato da dati americani e da una recente survey del WHO in 140 paesi. In Italia non disponiamo ancora di dati ufficiali sui test HIV in era COVID19, anche se in sede di congresso ci saranno interessanti novità su questo argomento. Quello che possiamo dire è che c’è stata una continuità dei servizi erogati, sebbene con alcune restrizioni per quanto riguarda le attività ambulatoriali, limitate nella fase di lockdown alle attività essenziali non differibili. Anche oggi le prestazioni ambulatoriali alle persone con HIV devono adempiersi con tutte le norme di sicurezza al momento richieste, dalle distanze di sicurezza alla sanificazione, evitando il sovraffollamento degli ambulatori. Una notizia positiva, invece, riguarda i risultati della telemedicina, che si dimostra metodica sempre più implementata nel setting HIV, e anche gradita dai pazienti. Sono aumentati del 50%, infatti, le consultazioni online, grazie anche a piattaforme sempre più evolute, i cui servizi sono migliorati anche durante la pandemia stessa. Questi nuovi strumenti saranno indubbiamente validi anche al termine dell’attuale situazione d’emergenza, purché non si comprometta la qualità e la professionalità del servizio offerto”.

LE TERAPIE HIV E COVID19 – Sul fronte delle terapie, due le osservazioni che gli specialisti di ICAR sottolineano. All’inizio della pandemia da COVID19, infatti, si era discusso molto sulla possibilità che alcuni farmaci  antiretrovirali potessero funzionare contro il coronavirus in questione, in special modo il Lopinavir/ritonavir e il darunavir/cobicistat. Ma i risultati degli studi, sin dai primi mesi della pandemia, hanno purtroppo dimostrato che gli inibitori delle proteasi di HIV non sono efficaci contro il COVID19. In tal senso è importante che non vengano modificate le terapie anti-HIV nella speranza di potersi proteggere dall’altra infezione. E’ inoltre importante sottolineare, inoltre, che la malattia da COVID19 non ha ripercussioni più gravi, come dimostra la quasi totalità degli studi internazionali finora effettuati, anche nei pazienti immunodepressi, in particolare per i pazienti sieropositivi. “Al momento non sono state rilevate – conclude il Prof. Antinori – conseguenze più gravi e decorsi diversi rispetto ai malati con COVID19 non HIV”.

IN ITALIA ICAR È L’ATTESO APPUNTAMENTO PER CAPIRE  HIV E COVID – Se ne parlerà durante la 12a edizione del Congresso ICAR – Italian Conference on AIDS and Antiviral Research, che si apre oggi online sino a venerdì 16 ottobre. L’appuntamento si conferma come punto di riferimento per la comunità scientifica nazionale in tema di HIV-AIDS, Epatiti, Infezioni Sessualmente Trasmissibili e virali. ICAR è organizzato sotto l’egida della SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, di tutte le maggiori società scientifiche di area infettivologica e virologica e del mondo della community. Il Congresso, quest’anno in versione digitale in modalità webinar, sarà presieduto dal Prof. Massimo Clementi, Professore Ordinario di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano; da Sandro Mattioli, Presidente Plus; dalla Prof.ssa Cristina Mussini, Professore Ordinario di Malattie Infettive presso l’Università di Modena e Reggio Emilia; il Prof. Guido Silvestri, professore ordinario di Patologia Generale alla Emory University di Atlanta; il Presidente SIMIT Marcello Tavio.

DIAGNOSI TARDIVE E PrEP LE URGENZE DI ICAR 2020 – Con la formula digitale cambiano le modalità, ma restano intatti gli obiettivi, il programma annunciato precedentemente e le caratteristiche che hanno sempre contraddistinto ICAR: un Congresso abstract-driven, con una forte interazione tra ricerca di base, translazionale e clinica, ispirato dalla necessità di un linguaggio comune tra comunità scientifica, dei pazienti, particolare attenzione verso i giovani ricercatori, il personale sanitario non-medico, la Community, la società civile.

“Il Congresso ICAR di quest’anno è la dimostrazione di come il mondo infettivologico sia dotato di grande resilienza – evidenzia la Prof.ssa Mussini – Nonostante lo tsunami legato al Covid, siamo qua a parlare di temi altrettanto rilevanti come l’infezione da HIV. Siamo riusciti a fare un convegno che ha portato come sempre il paziente al centro: verrà posta l’attenzione su tutto il percorso che riguarda l’infezione da Hiv. Ci soffermeremo sull’importanza della PrEP, che finalmente si sta implementando anche in Italia, sebbene ancora non venga rimborsata dallo Stato. Porremo l’accento sulla gravità delle diagnosi tardive. Torneremo ad analizzare la grande novità del 2019, U=U, Undetectable=Untransmittable, Non rilevabile=Non trasmissibile, l’acronimo che sintetizza l’importante evidenza scientifica secondo cui l’HIV non viene trasmesso all’interno di coppie in cui un partner è HIV positivo e uno HIV negativo se la viremia del partner HIV positivo non è più determinabile nel sangue, grazie alla corretta assunzione di un’efficace terapia antiretrovirale”.

“ICAR 2020 ha una valenza particolare – sottolinea l’altro presidente Prof. Massimo Clementi – Si tiene in parallelo ad una pandemia virale che ci impegna tutti assieme ai sistemi sanitari del mondo e ha avuto effetti devastanti sulla economia, sul diritto all’istruzione e sulla psicologia delle persone. Ma proprio dai temi dell’ICAR 2020 può venire lo spunto che porta alla soluzione. La fiducia nella scienza è l’unica arma, infatti, che l’uomo ha per vincere sfide grandiose. Le sfide poste dall’infezione da HIV, dall’infezione da HBV e da HCV sono state solo le ultime battaglie. Non c’è alcun dubbio che vinceremo anche quella contro SARS CoV-2. La dimostrazione indiretta verrà dai temi TRATTATI, specie quelli collegati al trattamento farmacologico e al controllo dell’infezione nei soggetti in terapia e dai risultati raggiunti”.

Dal 12 al 16 ottobre, la 12a edizione di ICAR – Italian Conference on AIDS  and Antiviral Research, la conferenza italiana su AIDS e ricerca antivirale. Un’occasione di confronto e riflessione tra specialisti, pazienti e operatori sanitari per non dimenticare quella che è stata un’altra pandemia, ancora da vincere definitivamente

ICAR 2020 – Scienza al lavoro per una completa eradicazione dell’HIV.

HIV oggi è cronicizzabile. Si può azzerare il rischio contagio, ma resta lo stigma e il pericolo ignoranza nei giovanissimi

L’idea di risvegliare il virus è il primo passo per quella che i ricercatori hanno ribattezzato una strategia di shock & kill, il cui scopo mira a eradicare completamente il virus dal soggetto infettato” evidenzia il Prof. Massimo Clementi, copresidente del Congresso ICAR 2020

IL PAZIENTE HIV NEL 2020: IN ETA’ AVANZATA, RISCHIO DOPPIO DI MALATTIE CARDIOVASCOLARI E AUMENTO DI PESO – Le terapie moderne per l’infezione da HIV hanno trasformato questa malattia in una patologia cronica. Oggi l’aspettativa di vita di una persona affetta da infezione fa HIV è sostanzialmente sovrapponibile a quella della popolazione generale. “Tuttavia, diversi studi hanno dimostrato una maggior frequenza di alcune patologie non infettive, legate normalmente all’invecchiamento, quali ad esempio le malattie cardiovascolari, per le quali il rischio è quasi il doppio nelle persone con infezione da HIV – ha evidenziato il Prof Paolo Bonfanti, Professore di Malattie Infettive presso l’Università Milano-Bicocca a Monza – Le terapie attualmente a disposizione permettono comunque di abbassare il rischio di sviluppare queste condizioni legate all’invecchiamento, riducendo lo stato di infiammazione cronica che l’infezione determina e che è in parte alla base di esse. Pur trattandosi di regimi terapeutici gravati da minor tossicità rispetto a quelli del passato, possono comunque indurre alcuni eventi inattesi come l’aumento di peso e costituire quindi essi stessi un potenziale fattore di rischio”.

LA STRATEGIA SHOCK & KILL: UNA SPERANZA PER ERADICARE IL VIRUS DELL’HIV – L’Hiv oggi si può controllare, garantendo al paziente una qualità di vita molto simile al resto della popolazione, e si può ridurre la viremia fino ad azzerarne il rischio contagio. Resta di fatto un ultimo limite ancora non superato: l’eradicazione del virus dall’organismo. Uno dei principali ostacoli all’eliminazione dell’HIV dall’organismo è la sua capacità di sopravvivere in forma latente dentro le cellule CD4 (Linfociti T) che si trovano in uno stato non attivo. Queste cellule sono infettate da HIV e lo mantengono in uno stato di latenza: il virus resta così invisibile al sistema immunitario e si formano dei reservoir virali. Soltanto quando il virus comincia a riprodursi, il sistema immunitario rileva la cellula infetta. “La terapia antiretrovirale permette di mantenere un basso livello di replicazione virale durante l’attivazione di queste cellule latenti – evidenzia il Prof. Massimo Clementi, Professore Ordinario di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano – Ma, come dimostrato da recenti studi, un’interruzione terapeutica di poche settimane provoca un rimbalzo della carica virale a livelli corrispondenti a quelli pre-trattamento. In un primo momento, è stato affermato che un trattamento antiretrovirale precoce potesse ridurre la possibilità dell’HIV di stabilire dei serbatoi del virus. Altri studi più recenti, invece, sono basati su strategie che mirano a far uscire queste cellule dalla latenza al fine di riconoscerle. L’idea di risvegliare il virus è il primo passo per quella che i ricercatori hanno ribattezzato una strategia di shock & kill, il cui scopo mira a eradicare completamente il virus dal soggetto infettato”.

LE RIVOLUZIONI U=U E PREP, MA RESTA LO STIGMA – In merito alle più significative novità, il 2019 ci ha consegnato un’evidenza scientifica rivoluzionaria, sintetizzata nell’acronimo U=U, Undetectable=Untransmittable, Non rilevabile=Non trasmissibile. Una conclusione che supporta l’efficacia della terapia antiretrovirale nella prevenzione della trasmissione dell’infezione da HIV da persone che hanno raggiunto la soppressione virologica. In altri termini, le persone con HIV in terapia efficace non trasmettono il virus ai/alle partner, grazie alla corretta assunzione della  terapia antiretrovirale. “Mi sembra una rivoluzione rimandata per il momento, vista la poca pubblicità data a una scoperta che segna una svolta epocale – dichiara Sandro Mattioli, Presidente Plus, Persone LGBT+ Sieropositive, Bologna – Per i pazienti significa molto, visto anche l’impatto che può avere sullo stigma e contro la discriminazione: siamo passati dalle accuse di “untori” a un fatto scientifico innegabile, per cui le persone con Hiv, se sottoposte a terapia efficace, non sono contagiose. Questa innovazione dunque ha sia una valenza scientifica e clinica, ma anche un peso sociale, culturale e infine psicologico. Proprio su questi elementi si dovrebbe intervenire con iniziative volte a promuovere il messaggio di questa novità”. In tanti, infatti, soprattutto tra i più giovani ancora non sono al corrente di questa svolta, così come persiste un’ignoranza sulle modalità di trasmissione del virus, sui rischi che si corrono e sulle necessarie precauzioni da prendere in merito a comportamenti corretti e modalità di prevenzione. “Un’altra questione delicata è legata alla prevenzione – aggiunge Mattioli – La PrEP, infatti, la profilassi pre-esposizione, che consiste nell’assunzione preventiva di farmaci attivi contro Hiv, è accertata da numerosi studi scientifici come efficace, ma resta poco diffusa e molto costosa, non rimborsata dal SSN, rischia di diventare una prevenzione di classe perché non accessibile da tutti”. Inoltre, in questi mesi, la situazione si è aggravata per la pandemia di Covid-19: le misure prese per far fronte all’emergenza, infatti, hanno reso più complicata sia la gestione delle persone con HIV, sia la prevenzione, a partire proprio dalla PrEP, che ha subito ulteriori difficoltà nell’accesso.

ICAR2020, LE NUOVE SFIDE DEGLI INFETTIVOLOGI – ICAR 2020, in corso online dal 12 al 16 ottobre, è un Congresso abstract-driven, con una forte interazione tra ricerca di base, translazionale e clinica, ispirato dalla necessità di un linguaggio comune tra comunità scientifica, dei pazienti, particolare attenzione verso i giovani ricercatori, il personale sanitario non-medico, la Community, la società civile. Questa edizione, ridisegnata in digitale, è presieduta dal Prof. Massimo Clementi, Professore Ordinario di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano; da Sandro Mattioli, Presidente Plus, Persone LGBT+ Sieropositive, Bologna; dalla Prof.ssa Cristina Mussini, Professore Ordinario di Malattie Infettive presso l’Università di Modena e Reggio Emilia; il Prof. Guido Silvestri, professore ordinario di Patologia Generale alla Emory University University School of Medicine di Atlanta; il Presidente SIMIT Marcello Tavio, Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona).

Nonostante l’inedita modalità digitale, sono rimasti intatti gli obiettivi, il programma annunciato precedentemente e le consuete caratteristiche. Presentati il 14% di Abstract in più rispetto allo scorso anno. Prevenzione (dal messaggio U=U, alla PrEP al Testing) e innovazione (dalla medicina personalizzata all’eradicazione e alla cura) al centro delle relazioni presentate; “numeri” significativi: 1248 partecipanti, 185 membri della Faculty, 159 della Community, 122 studenti coinvolti nel Contest RaccontART in 40 classi e 7 scuole. Un programma scientifico molto ricco, con 3 corsi Precongressuali, 46 Sessioni scientifiche, 70 comunicazioni orali, 88 poster discussion, 203 Poster exibition, 6 key note lectures, la Mauro Moroni lecture, 2 Meet The Expert. Dei 371 abstract pervenuti, ne sono stati accettati 364 dopo una rigorosa selezione a cui hanno contributo 109 Referee e la Segreteria Scientifica coadiuvati dal Coordinatore Abstract, Franco Maggiolo. L’attenzione a Giovani e Community si è tradotta in 396 Scholarship assegnate (rispettivamente 237 e 159). Dieci i ricercatori selezionati come finalisti per il CROI-ICAR Italian Young Investigator Award, che viene conferito ogni anno durante ICAR insieme agli ICAR 2020 Scientific Committee Awards e ai SIMIT Special Awards. “Il Congresso ICAR di quest’anno è la dimostrazione di come il mondo infettivologico sia dotato di grande resilienza – evidenzia la Prof.ssa Mussini – Nonostante lo tsunami legato al Covid, siamo qua a parlare di temi altrettanto rilevanti come l’infezione da HIV. Siamo riusciti a fare un convegno che ha portato come sempre il paziente al centro: abbiamo posto l’attenzione su tutto il percorso che riguarda l’infezione da Hiv e su alcuni temi di grande rilievo come la gravità delle diagnosi tardive”.

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