Non si placano le polemiche in merito ad alcuni articoli apparsi su Repubblica e Dagospia relativamente alla nomina di Giovanni Galoppi come presidente del cda di Autostrade del Lazio. Carica che a cui tra l’altro ha rinunciato, come da lui stesso dichiarato, “per evitare strumentalizzazioni”.
Anche una parte del mondo politico esprime solidarietà solidarietà per gli attacchi a Galoppi. In particolare per Lorenzo Cesa, segretario nazionale UdC, si tratta di un “indegno attacco mediatico e ancor più indegno sciacallaggio politico. Galoppi è un professionista di lungo corso, competente, serio e stimato da tutti. Per cortesia istituzionale e non perché vi fosse alcuna motivazione oggettiva – continua Cesa – ha deciso di sua sponte di rinunciare a un incarico per il quale era stato indicato. Trovo vergognosi gli articoli di Repubblica che hanno pensato bene di creare un finto caso a orologeria per speculazione politica”.
Dello stesso avviso Fabrizio Cicchitto (Riformismo e Libertà): “L’avvocato Giovanni Galoppi ha rinunciato, pur non sussistendone oggettivamente le ragioni, a un incarico che gli avrebbe conferito la Regione Lazio, essendo l’avvocato Galoppi incensurato, senza indagini in corso e con un curriculum di tutto rispetto. Credo che in questi giorni sia stata scritta una pagina di cattiva stampa, una vera e propria macchina del fango contro un innocente che ha visto rovinare la sua reputazione. Bene ha fatto a querelare per il danno subito” conclude Cicchitto.
Per l’onorevole Amedeo Laboccetta (Polo Sud) si tratta di una vera e propria “macchina del fango ad orologeria. Massima solidarietà all’avvocato Galoppi, vittima della mannaia giustizialista. Il nostro Paese deve fare ancora enormi passi in avanti prima che si possa dire davvero che la giustizia è uguale per tutti, rapida e non politicizzata. La vicenda Galoppi non è un nuovo caso Dreyfus ma una vera e propria mistificazione. E’ un non caso di mala stampa. Galoppi è innocente, incensurato, parla con un suo assistito dal punto di vista civilistico e viene buttato dentro mediaticamente a una vicenda penale del suo assistito in cui c’entra come i cavoli a merenda. E poi vogliamo chiamarlo stato di diritto? E Zingaretti si imbarazza a nominarlo?”