Sommario: QUATTRO ANNI DOPO – REFERENDUM: PERCHE’ VOTERO’ NO – PD ALLA SALSA DI STELLE – RICORDO DI LUIGI PENNA
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QUATTRO ANNI DOPO
Quattro anni fa l’ennesimo terremoto colpiva l’Italia centrale. Le foto prese dall’alto mostrano ancora molte delle macerie dei primi giorni e una inchiesta dell’ANSA chiarisce che – per esempio nella zona di Amatrice – “Sono in progettazione più di 120 interventi di opere pubbliche, per alcuni dei quali si stanno già avviando le procedure di gara per l’affidamento dei lavori.” Ci rendiamo conto che il linguaggio burocratico sottolinea come – dopo 4 anni ! – siamo solo ai primi appalti e solo “per alcune” delle opere, mentre tutte le altre concretamente sono ancora al punto di partenza ? Bisognerebbe parlare di questa inefficienza e magari sarebbe occasione anche per avere finalmente un rendiconto delle somme raccolte dalla protezione civile per le vittime di quel terremoto (per non parlare di quelle raccolte per il COVID), ma il “buco nero” in argomento è totale.
Approfondimento: PERCHE’ VOTERO’ NO AL REFERENDUM
Il 20 e 21 settembre, insieme alle elezioni regionali e amministrative parziali, si terrà un demagogico referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari. Demagogico perché – ovviamente – la gran parte degli italiani voterà SI tanta è l’acredine verso i loro/nostri rappresentanti, il “palazzo” e i “costi della politica” certi così di risparmiare e riformare positivamente la Costituzione..
L’esito è quindi scontato, anche perché non serve il quorum e tutto è condito dalle solite sparate grossolane di cui usa la “pancia” – anziché la testa – pensando così di prendere più voti per sé la prossima volta correndo dietro al comprensibile risentimento popolare.
Ho passato 18 anni alla Camera (eletto per cinque legislature) e permettetemi di dire che la “macchina” l’ho conosciuta bene. Vi assicuro che se invece della pancia si usasse la testa si capirebbe che conta poco ridurre il numero di deputati e senatori senza porsi piuttosto il problema di come e perché non funzioni il Parlamento e a che cosa dovrebbero servire i nostri eletti.
Aggiungo che la riduzione permetterà una assolutamente trascurabile riduzione della spesa pubblica (più o meno 2 euro l’anno per italiano !!) perché – anche qui – non si va mai a fondo per capire quali siano i reali costi e problemi del Parlamento, ad iniziare da migliaia di dipendenti che guadagnano spesso più dei deputati.
Un risparmio ridicolo rispetto a miliardi di euro spesi dalla amministrazione pubblica per scelte dispendiose e inutili, dai nuovi banchi dell’ Azzolina ai forestali siciliani.
D’altronde si riducono 300 parlamentari e contemporaneamente si assumono decine di migliaia di nuovi dipendenti pubblici senza invece – semmai – razionalizzare la spesa della pubblica amministrazione e attivare una vera ed obbligatoria mobilità interna.
Ma – soprattutto – la mia sarà una solitaria ed ideale PROTESTA perché, correndo dietro alla demagogia dei “tagli”, nessuno si pone il vero problema DELLA PREPARAZIONE E SCELTA DEGLI ELETTI.
L’ho ripetuto tante volte: se siete un medico, un geometra, un commerciante o un barbiere per lavorare dovete aver superato un esame di abilitazione, essere iscritti a un Albo o almeno alla Camera di Commercio, mentre oggi chiunque può diventare deputato/a senza alcuna preparazione tecnico-amministrativa, nè esperienza politica o culturale.
Se un medico è bravo gli affidate la vostra salute e lo pagate, se un medico è incapace va radiato dall’ albo. Se un parlamentare è serio e lavora con impegno e a tempo pieno non c’è nulla di male a pagarlo bene, se è un incapace sono e resteranno soldi completamente buttati via e la preparazione, l’onestà e l’impegno non hanno colore politico.
Il pentastellato ex commesso di negozio “pet shop” di Varazze che con il suo diploma di terza media è stato riconfermato un mese fa a Presidente della Commissione Affari Europei della Camera ne è la milionesima conferma. “Almeno è onesto” si dirà… E ci mancherebbe pure questo!
Il problema non è però l’onesta dei singoli, ma la loro preparazione tecnica, giuridica, legislativa che disperatamente manca nella gran parte dei casi, condizionata soprattutto da un sistema elettorale che impedisce ai cittadini di scegliere direttamente i propri rappresentanti e – anche nel caso dei collegi uninominali – permette ai capataz di ogni partito di imporre tutti i candidati.
Questi sono i veri problemi e limiti del sistema parlamentare italiano che non funziona, non il numero degli eletti, ma piuttosto se e come i parlamentari sappiano e siano in grado di lavorare.
E poi perché allora ridurre solo di un terzo i componenti delle Camere? Se la logica è solo quella del risparmio allora – altrettanto demagogicamente – perché non lasciare a casa la metà dei parlamentari o addirittura tutti: eliminando il Parlamento – alla faccia della democrazia – il risparmio sarebbe assicurato.
Il Parlamento dovrebbe servire in democrazia a rappresentare tutte le aree e le idee del Paese: come potrà farlo un senatore eletto ogni 300.000 persone, ovvero rappresentando spesso più province?
E come potrà rappresentare le idee politiche dei “suoi” elettori se dispersi su un’area enorme?
Sarà un comodo alibi per non rappresentare nessuno, soprattutto se già ora non c’è più alcun legame tra eletto ed elettori.
Peraltro va detto che le leggi di iniziativa parlamentare non si approvano sostanzialmente più da decenni, che il Parlamento vota solo decreti del governo regolarmente illeggibili, contorti, assurdi, che passano tutti o quasi con il voto di fiducia e quindi non si può neppure cambiarli…
Quindi – e qui proprio l’ironia non c’è più – a che cosa serve ancora un Parlamento?
Temi importanti ma di cui non si parla perchè fa “figo” dire che il referendum sarà un voto contro la “Casta” e – soprattutto se detta da volgari e autentici ignoranti come certi attuali parlamentari – sono frasi che insultano non solo i Padri Costituenti ma molte persone di buon senso.
Saremo in pochi a votare NO, ma avrò comunque l’intima certezza personale di votare giusto, anche perché la Costituzione (e lo abbiamo ripetuto allo sfinimento nel 2016 bocciando il referendum Renzi) non è come revisionare il motore di un’ auto dove si cambia e si butta un pezzo difettoso e l’auto riparte come o meglio di prima.
Rido comunque del poco coraggio dei partiti: un PD che votò più volte proprio contro questo “taglio” ora è demagogicamente a favore, gli altri (come nel centro-destra) non hanno il coraggio di dire “no” per correre dietro al populismo del M5S che su queste battaglie stupide, demagogiche e presuntuose ha costruito le sue già appassite fortune elettorali, salvo poi smentirsi periodicamente e clamorosamente – vedi le recenti decisioni della “piattaforma Rousseau” – quando gli conviene, come per il moltiplicarsi delle possibili candidature per i propri dirigenti .
Che peccato: una volta in Parlamento – per la cui libertà si sono sacrificate intere generazioni – si discutevano idee, programmi politici, ideologie…Oggi è stato ridotto a baraccone e certo le cose non miglioreranno solo tagliando di 1/3 i parlamentari. Tra l’altro chi spera che – approvando la riforma – si vada presto a votare è un illuso o è in malafede perché (pensateci!) andranno stabiliti tutti i nuovi collegi elettorali e per Conte passeranno altri mesi, utili in attesa poi del “semestre bianco” per l’elezione del Mattarella-bis, sempre con una maggioranza di sinistra e una comoda (per lui) stampella politica.
Un governo e un leader votato da nessuno e senza maggioranza nel paese (vedrete la conferma nelle regionali a settembre) che dura una intera legislatura nell’indifferenza del Colle: ma vi sembra un metodo democratico?
Povera nostra Costituzione che viene violata sistematicamente nei fatti e nello spirito (vedi la litania del DPCM) e dove i tre poteri dello Stato si pestano i piedi a vicenda con il potere giudiziario che deborda incontrastato, quello esecutivo che comanda senza controlli e quello legislativo – l’unico nominato teoricamente dal popolo – che si auto-suicida.
E’ davvero progressivamente la fine di ogni logica democratica.
PD+ M5S = ?
La piattaforma Rousseau ha votato a maggioranza (59%, pur con meno di 40.000 votanti) “l’alleanza organica” del M5S con il PD. Alleanza di vertice ma non di base, visto che le candidature unitarie sono poche e che la scelta contraddice una volta di più le motivazioni dei “furono” grillini D.O.C.
Alla prova dei fatti l’implosione del Movimento è evidente, come la necessità di sopravvivere per la sua classe dirigente che doveva far crollare il sistema ed invece ne è diventata stampella. “Il potere logora chi non ce l’ha” chiosava Andreotti e con i Cinquestelle se ne è avuta l’ennesima riprova.
Ma il problema sorge anche in casa PD dove – almeno una volta – si cercava di essere seri o almeno di salvare la faccia perché – approvando l’accordo – è evidente che non sono cambiati solo i Grillini, ma anche i Democratici e anche qui la frase di Andreotti che vale tutto pur di mantenere il potere è di straordinaria attualità.
RICORDO DI LUIGI PENNA
Tra i tanti amici che ci hanno lasciato quest’estate permettetemi un ricordo per un ex avversario politico, il dott. Luigi Penna, già amministratore socialista di Verbania. Voglio ricordarlo non solo come persona per bene, ma raccontando un episodio che ormai nessuno ricorderà più, ma che forse potrà far capire ai più giovani come funzionava un consiglio comunale 30 anni fa.
Consigli comunali dove le lotte politiche, le passioni e le polemiche ideologiche tra partiti erano fortissime, ma dove contava anche la credibilità delle persone, forse un po’ più preparate di adesso.
Parlo del 1987-88: in piena prima repubblica io allora ero il capogruppo del MSI-DN di Verbania e Luigi Penna (PSI) l’assessore alle finanze. Venni nominato dal Tribunale a Commissario giudiziale nella procedura di amministrazione controllata di un’azienda con oltre 100 dipendenti – la Nuova Metalvista – che produceva montature per occhiali ed era ferma in pesanti difficoltà economiche, anche per il forzato ritiro del titolare per motivi di salute.
Un azienda che aveva clienti e “numeri” per uscirne, ma che per ripartire aveva soprattutto bisogno di crediti immediati per circa 300.000.000 di lire.
Trovai una banca locale disponibile, ma servivano garanzie e a questo punto mi rivolsi al sindaco – il socialista ing. Francesco Imperiale, un’altra gran brava persona – e all’assessore alle finanze che era appunto Luigi Penna. “Se volete davvero salvare concretamente l’azienda sia il Comune a metterci la fidejussione, e ripartiamo…” Una procedura rischiosa e giuridicamente quasi “impossibile” eppure alla fine e praticamente all’unanimità il consiglio comunale – su input di Luigi Penna e “sulla parola” di un socialista e di un missino – votò la fidejussione, con tutti i consiglieri (ancora oggi non so se l’avessero capito bene…) che sostanzialmente garantivano “in proprio”.
L’azienda ripartì e – dopo l’amministrazione controllata – venne poi ceduta alla Ratti/Persol senza perdere posti di lavoro.
Così si salvavano allora le aziende: immaginiamoci se mai oggi sarebbe possibile tra burocrazia, ricorsi al TAR, vincoli di Basilea 2 ed ovviamente infinite polemiche e sciocchezze sui social…
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