Editoriale: Anniversario del massacre di prigionieri politici del 1988 in Iran

Morgan Ortagus, portavoce del Dipartimento di Stato USA,il 17 luglio ha dichiarato:” Il 19 luglio segna l’anniversario dell’inizio delle cosiddette Commissioni della Morte dell’Iran per ordine dell’ Ayatollah Khomeini”. Queste commissioni hanno mandato a morte oltre 30.000 prigionieri politici nel giro di pochi mesi.
” L’attuale capo della magistratura Iraniana e l’attuale ministro della giustizia sono stati entrambi identificati come ex membri di queste commissioni della morte…. Tutti i funzionari iraniani che commettono violazioni dei diritti umani o abusi dovrebbero essere ritenuti responsabili”, ha aggiunto Ortagus.
Tale presa di posizione è giusta, anche se sarebbe dovuta essere condivisa molto prima.. Per i Paesi europei è giunto il momento di aderire a questa presa di coscienza.
Di recente, 31 ex funzionari e figure politiche e militari degli Stati Uniti in una dichiarazione al ” Free Iran Global Summit” di tre giorni, che durante uno dei suoi incontri di sono concentrati sui crimini del regime iraniano, hanno chiesto di ritenere il regime responsabile di crimini contro l’umanità. Hanno, inoltre, esortato tutti i governi ad inviare commissioni di ricerca dei fatti ad Ashraf 3, in Albania, il quartier generale dell’Organizzazione popolare Mojahedin dell’ Iran( PMOI/MEK), per ascoltare la testimonianza di oltre 900 prigionieri politici.
Il leader supremo del regime fu costretto ad accettare il cessate il fuoco e a porre fine ad una guerra, che inizialmente, avrebbe continuato fino alla distruzione dell’ultima casa di Teheran e che avrebbe raggiunto Quds via Karbala. Contemporaneamente alla decisione di accettare il cessate il fuoco, il regime dei mullah decise di massacrare i prigionieri politici al fine di bilanciare le conseguenze negative del fallimento della guerra e di intimidire la società iraniana. A tal proposito, Khomeini emise  un’orribile fatwa, sulla base della quale tutti i prigionieri politici del MEK, che rimanevano fedeli all’organizzazione, sarebbero stati giustiziati e massacrati in tutte le prigioni del paese. La fatwa, che è entrata a far parte della storia ed è stata scritta a mano dallo stesso Khomeini, ordina chiaramente:” Quelli che sono nelle prigioni di tutto il paese e rimangono irremovibili nel sostenere il MEK stanno facendo la guerra a Dio e sono condannati alla pena capitale”. Sulla base di questo decreto, oltre 30.000 prigionieri politici furono massacrati. Nell’arco della storia ci sono stati molteplici crimini e massacri,ma il massacro dei prigionieri politici del 1988 ha alcune caratteristiche uniche:
– Questo crimine è stato commesso su ordine scritto del più alto funzionario del sistema.
– Il ” crimine” delle vittime stava solo credendo e perseverando su di esso.
– Tutte le persone massacrate erano prigionieri, processati e condannati dalla stessa magistratura del regime con processi sommari e molti avevano finito di scontare la pena detentiva.
Date queste caratteristiche, Geoffrey Robertson QC,. Ex giudice di appello presso il Tribunale speciale delle Nazioni Unite per la Sierra Leone, ha descritto il massacro del 1988 come ” Il peggiore crimine contro l’umanità dalla fine della seconda guerra mondiale”.
Alla luce di  questi eventi,(lo stesso successore di Khomeini, Hossein- Alì Montazeri, definì Khomeini e i suoi seguaci aguzzini i peggiori criminali della storia,), la fierezza di quei martiri assume un aspetto unico, sorprendente e persino epico. Migliaia di prigionieri hanno potuto decidere il loro destino e scegliere tra libertà o morte rispondendo ad una sola domanda posta dalla ” Commissione della morte”. La domanda era:” qual è il tuo costo?” I prigionieri sapevano che la parola MEK equivaleva all’esecuzione, ma sorprendentemente tra migliaia di prigionieri in tutto l’Iran a cui era stata posta questa domanda, il 95% di loro ha coraggiosamente dichiarato :” MEK”. Dopo 32 anni, ciò che sostiene, oggi, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti conferma che, essendo il massacro del 1988 un crimine contro l’umanità, non è soggetto allo statuto delle limitazioni. Inoltre,la ricerca della verità è il riflesso del risveglio della coscienza umana nel mondo attuale. È la stessa coscienza che 32 anni dopo il massacro dei prigionieri politici, riconosce che il MEK , oggi come allora, nella scelta tra la resa e il martirio per la libertà, sceglie la via della libertà: un percorso che continua e non si arresterà fino alla creazione di un Iran libero e democratico.

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