LA CHIMERA DEL CENTRO E LE CONFESSIONI DI TABACCI SUL FUTURO DEL PREMIER CONTE

 Certo che di questi tempi se ne leggono di tutti i colori!
Ma se poi andiamo a vedere in profondità le innumerevoli notizie ad effetto, spesso non ci viene difficile scoprire come si gioca molto sul bluff e illusionismi vari.
Questa è oramai la dinamica dell’informazione, che diventa prima di tutto, in alcuni casi, disinformazione per disorientare.
Spesso finalizzate a misurare la reazione dell’opinione pubblica, quasi come un sondaggio preventivo, che talora sembra anticipare romanzi dalla trama assai appassionante.
Come il leggere dell’incipiente moto che
lo spazio del centro politico dell’arco parlamentare,sempre più assottigliato e privo di una identità propria, pare stia interessando le aspettative politiche prossime venture del nostro premier.
La rivelazione ad un quotidiano viene da un navigato traghettatore di tanti esperimenti di nuove identità che lo hanno interessato in tanti anni di vita politica, da quando è rimasto orfano della DC.
Si! Parliamo di Bruno Tabacci che nel suo volersi mettere al servizio delle Istituzioni, ne ha veramente fatte di tutti i colori.

 Anche se bisogna dargli atto del grande spirito ed amore per la democrazia, consentendo e dando casa a rappresentanze,che altrimenti non avrebbero trovato, un simbolo o un riferimento parlamentare per affiorare e  esprimersi con identità propria.
Una metafora dell’accoglienza politica a tutti i costi, senza guardare dentro le menti e la vita politica di chi ha di volta in volta ospitato, in questo suo essere rifugio,alla luce del sole, del pluralismo politico delle aree marginali,eppure espressione di una voce del paese.
E in questo suo spirito missionario possiamo perdonargli il suo afflato di simpatia che gli fa accostare l’opera dell’avvocato del popolo a Moro, ossia a chi ha saputo rappresentare nei termini più alti la capacità politica e di mediazione della DC.

 Vero è che il nostro premier sta dimostrando capacità di mediazione non comune, capace, come è stato, di mettere insieme, anche se non proprio a lui dobbiamo queste capriole politiche di questi due anni, coalizioni di governo nei cui programmi e progetti politici si fa fatica a trovare punti in comune.
Così è stato per la coalizione giallo verde.
Così è stata per la coalizione giallo rossa..
Tutti esperimenti per i quali il movimento 5 Stelle si è speso, abbandonando subito il suo non volersi contaminare con nessun altro partito, regola che agli elettori gli era stata posta come ferrea e non negoziabile,sposando invece quella più comoda e conveniente logica che l’occupazione del potere, vale a giustificare qualsiasi compromesso.
E così è arrivato Conte a suggellare e traghettare questa dottrina del navigare con qualsiasi equipaggio purché non si lasci il timone, anche se nel frattempo nel paese le cose si sono piegate a sfavore del partito di maggioranza relativa,con la consistente perdita di circa la metà dei consensi e la netta emersione di una maggioranza di centrodestra.
Effetto negativo della disastrosa politica del primo Conte che ha aggravato la situazione economica del paese.

 Così mentre gli esponenti grillini erano impegnati a scrivere la Storia in diretta,e Salvini,per lungo e per largo,sorvegliava le nostre coste, con accanimenti su sventurati migranti, quando gli venivano sotto mano,inappropriati,il nostro premier spendeva tutte le sue energie su assistenzialismo e sospensione delle grandi opere,poco o nessun impulso a investimenti produttivi e attacchi alle politiche europee senza valide e credibili proposte nei tavoli comunitari,mentre il paese perdeva posti di lavoro,competitività ed autorevolezza.

 Quando poi è finita la liaison con Salvini ecco ritornare in gioco la grande capacità del nostro premier per una nuova e quasi impossibile mediazione: dare a tutti i costi vita ad un governo in una nuova alleanza con il Pd, partito fino a quel momento così opposto nei metodi e nei programmi, protagonista fino a quel momento di veementi attacchi alle politiche grilline e allo stesso Conte.

 Tanto rende la misura di quanto accorto e valente debbano essere le capacità del nostro avvocato del popolo alla mediazione.
Anche se buona parte della spinta alla riuscita di questo tentativo lo dobbiamo al terrore che ha accomunato i due partiti giallo-rossi al facile pronostico del non favorevole responso delle urne, che avrebbe sancito ed ancor oggi sancirebbe la vittoria del centrodestra.
Ci siamo permessi questa piccola incursione nella parabola politica del premier perché francamente l’accostamento a Moro,da parte di Tabacci, lo troviamo alquanto ingeneroso e disinvolto.
Non foss’altro perché in Moro c’era una linea di demarcazione che non avrebbe mai superato.
Ossia la spregiudicatezza e la disinvoltura politica che ha avuto Conte nel prestare la faccia a due esperimenti governativi, così opposti e incompatibili che solo un dr. Jekyll e mr. Hyde poteva sostenere.
Nulla a che vedere con le stagioni politiche di quel tempo, ove la coerenza politica aveva un peso ed una rilevanza capace di travolgere un leader che di essa ne facesse strame.
Ricordiamoci la brevità dei governi perché magari non riuscivano a dare piena espressione ai progetti politici, anche perché la rapidità della crescita economica di quegli anni ’60 avevano innescato una crescendo esponenziale di nuove rivendicazioni civili ed economiche irrobustendo le rappresentanze sindacali, con la necessità d dare risposte adeguate.
E grande fu la lezione della Democrazia Cristiana che seppe trovare nei suoi leader le multiformità nelle risposte Istituzionali attraverso alleanze, talora sofferte, ma che non si acconciavano mai al trasformismo del leader di turno, ma si radicava volta per volta nella multiformità culturale dei filoni e delle correnti di pensiero che consentivano di dare identità politica e capacità di risposta ai leader di quelle aree.
In questo quadro Moro fu l’espressione più alta.
Consapevole che in una democrazia bloccata, era impossibile superare dei confini di schieramento internazionale che i due massimi partiti rappresentavano, capì che un serio coinvolgimento, in nome di valori di leale rispetto del quadro democratico e della centralità della persona, sia pure coniugate in modi differenti,come differenti e non convergenti ne erano le ideologie,

sebbene giammai espresso in alleanza politica, avrebbe giovato molto al paese, sull’ efficacia delle politiche industriali e del lavoro per uno sviluppo più armonico e meno conflittuale, come poi invece caratterizzò quegli anni fino a degenerare nel terrorismo, di cui Moro ne fu la vittima più emblematica.
Con questo palmares mi chiedo quale centro andrà a cercare Tabacci con il suo amico Conte.
Di spazio al momento ce n’è talmente poco,tra Berlusconi, pur se ai minimi termini, in fatto di consensi, Renzi che non trova momento, dalla mattina alla sera,per non attaccare Conte, Calenda che sin dal subito non ha apprezzato la giravolta trasformista del premier ed è rimasto talmente nauseato dell’operazione fatta dal Pd che ne ha fondato uno suo.
Senza contare che c’è un elettorato, al momento in quiescenza, che non ha mai riposto in soffitta quei valori genuini, senza gli errori, che inevitabilmente affliggono chi opera nel concreto, che attende una riproposizione di quel progetto di Paese,che fu della Democrazia Cristiana,sia pure in una nuova declinazione.

 Con tutta la buona volontà non si capisce a quale elettorato vorrebbero rivolgersi nei suoi sogni, se è vero quanto racconta Tabacci,il nostro premier.
In fondo a pensar bene non ha tutti i torti.
Egli è persona fine e ben acculturata e non gli è mancato,di meditare anche sulle argute e divertenti pagine del grande Pirandello,per il quale ognuno di noi non è mai il medesimo, ma a seconda del luogo del contesto o della persona che si ha di fronte, cambia il nostro modo di essere e di apparire,insomma nessuno può davvero conoscerci bene, perché ogni volta è come riproporsi con una maschera diversa.

 E allora perché mummificarsi in una sola identità?

 Sarebbe come andare contro natura!

 Peccato che il grande drammaturgo non abbia vissuto questa nostra epoca, perché sicuramente, qualcuno di questi illustri protagonisti della nostra vita politica, avrebbe trovato posto nelle sue appassionanti opere.

 Roma, 05 giugno 2020

 Luigi Rapisarda

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