Squash, la storia di una passione

Squash Ep.1: quando la passione per lo sport diventa manifesto di libertà e coraggio

Chi mi conosce, sa che solitamente scrivo di ‘trucchi e belletti’. Chi mi conosce più a fondo, sa che nel tempo libero amo impugnare la mia fida racchetta da squash e regalarmi almeno un’ora di pratica in campo per ricaricare le energie.

Lo squash è un mix di divertimento, fatica, sudore, sfida. Uno sport completo che ricarica corpo e spirito liberando completamente la mente, isolata da qualsiasi altro pensiero perché concentrata unicamente sulla traiettoria del colpo: sono sufficienti una racchetta, una pallina, tre pareti contro cui scagliare una sfera in gomma nera ed un valido avversario a cui dar battaglia senza mai mollare il colpo. Immaginate quindi la mia gioia nell’avere la possibilità di poter scrivere di questa affascinante disciplina sportiva.

Lo squash può essere osservato e giocato a diversi livelli. Lo spettatore inesperto che segue una partita, vede due giocatori che corrono affannati in lungo e in largo su un campo rettangolare, dietro ad una piccola pallina di gomma, finché uno dei due commette un errore oppure riesce a spedire la palla così lontano dall’avversario da impedire a quest’ultimo di raggiungerla.

All’occhio smaliziato, invece, il gioco appare da subito come uno scontro fatto di tecnica, tattica e resistenza fisica nel quale si costruisce un attacco, si cerca di spiazzare l’avversario, si fa leva sulle debolezze dell’altro, si colgono o si perdono opportunità, si recuperano situazioni disperate e le risorse fisiche e mentali vengono spremute fino al limite.

Giocare a squash è un po’ come giocare una partita a scacchi ma in velocità, con la discriminante di avere solamente il tempo di un secondo per decidere tra una mossa e l’altra, in un precario equilibrio tra delusioni e soddisfazioni.

Ma non è di solo squash che vi voglio parlare oggi, ma di una giocatrice che pur di praticare un’attività sportiva che le veniva negata, ha fatto delle scelte coraggiose.

E’ la storia esemplare di Maria Toorpakay, una giovane donna pakistana che si è dovuta fingere uomo per giocare a squash. Questo, come tanti altri sport, viene considerato disdicevole se praticato da rappresentanti di sesso femminile. Nessun diritto all’istruzione per le femmine in Pakistan, tantomeno praticare un’attività sportiva.

Maria nasce nel 1990 nella regione ultra-conservatrice pakistana del Waziristan del Sud, dove nascere donna equivale -nella maggior parte dei casi- ad esser private già dalla nascita delle basilari libertà di un essere umano. Qualcuno lo ha definito il luogo più pericoloso al mondo.

“Dove sono cresciuta”, racconta nel suo libro La Figlia Diversa – edito da Rizzoli-, “le ragazze finiscono in manicomio oppure lapidate. Le più fortunate vengono date in sposa ad un membro di un club rivale. Sapevo che, nonostante le idee liberali di mio padre e tutti i suoi sforzi, non sarei mai stata davvero libera.”

Eppure, all’età di 5 anni, Maria decide di bruciare tutti i suoi vestiti. Vuole giocare, correre, andare in bicicletta. E l’unico modo che ha per farlo, è rubare i vestiti del fratello. Poi scopre lo squash, che in Pakistan è il secondo sport nazionale. Diventerà una campionessa, anzi un campione, perché si allenerà nel club locale con il soprannome di Gengis Khan, finché il suo bluff non sarà scoperto. Maria diventa la prima donna a praticare lo squash a Peshawar, non senza andare incontro al disprezzo degli atleti uomini e del pubblico. Anche i talebani la notano e la minacciano: Maria sarà costretta per 3 anni e mezzo ad allenarsi in segreto.

“Una volta mio padre aveva detto che a me bastava una racchetta per essere felice. Ho dovuto lasciare la mia terra per rendermi conto che in realtà ci sarebbe voluto molto di più.”

Per giocare a squash e non subire minacce, Maria si è rifugiata in Canada e ha raggiunto il 41° posto della classifica mondiale. Ma la sua lotta per il diritto allo sport delle donne Pashtun continua attraverso la OnlyOne Girl Foundation, che si pone l’obiettivo di promuovere la parità dei sessi nei Paesi musulmani.

Un esempio di libertà, di coraggio e di lotta contro la disparità di genere.

Una storia di passione verso uno sport impegnativo e spettacolare, ma troppo spesso sottovalutato, che nasce nelle carceri inglesi agli inizi dell’Ottocento e che oggi viene praticato da un gran numero di giocatori in tutto il mondo.

Una disciplina perfetta per chi è in cerca di un’attività fisica completa e stimolante che regala divertimento, strategia, equilibrio tra salute e bellezza interiore, insieme alla possibilità di scaricare tensioni e stress. Ma di questo ne parleremo più dettagliatamente nei prossimi articoli.

photo: credits getty images

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