La fruizione dei dati on-line e l’interconnessione sono indispensabili alla scienza moderna e l’Italia non può esserne privata. Per questa ragione, ho depositato una interrogazione al ministro Franceschini circa la sorte dell’Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane e per le Informazioni Bibliografiche (ICCU). Se non fosse per la pandemia, infatti, più di metà delle stanze dell’ICCU, ospitato nella Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, sarebbero già state occupate dalla nuova Direzione generale Turismo dello stesso Ministero Beni Culturali da cui l’ICCU dipende, stipando i dipendenti dell’uno e dell’altra in tre o quattro per stanza. Si renderà impossibile, così facendo, il ripristino della pianta organica necessaria al buon funzionamento del prestigioso Istituto nato nel 1975 contestualmente al MiBACT. La convivenza forzata peraltro non giova all’espletamento dei rispettivi scopi istituzionali, diversissimi, ma segnala senza equivoco la scarsa importanza riconosciuta dall’Amministrazione allo straordinario patrimonio bibliotecario italiano e al servizio che l’ICCU ha svolto e svolge, in particolare garantendo la rete pubblica di conoscenza e condivisione del sapere. Come sottolinea Gemma Guerrini, Consigliera metropolitana del Movimento 5 Stelle, in una mozione presentata al Sindaco di Roma e alla sua Giunta, “il provvedimento preso comporterà l’interruzione di una attività imprescindibile per la ricerca nazionale e internazionale, con gravissimo nocumento per la cultura”. È paradossale che ciò accada proprio nella stagione che ci ha costretti a prendere atto dell’importanza di promuovere e finanziare la ricerca, così com’è incomprensibile che nonostante la mobilitazione della società civile a favore della difesa e del rilancio dell’ICCU, Franceschini non abbia inteso recedere dall’improvvido proposito di estinguerlo.
Margherita Corrado (M5S Senato – Commissione Cultura)
