“MA LUI NON L’HA ANCORA RICONOSCIUTA…”; SPECIALE ‘MAMME CORAGGIO’
Roma – Anna (il nome e’ di fantasia, ndr) dall’inizio del lockdown si e’ vista piombare la Polizia in casa anche due volte a settimana. La motivazione e’ sempre la stessa: il suo ex vuole vedere la sua bambina, Sara (il nome e’ di fantasia, ndr). Quella stessa bambina che all’inizio non voleva e non aveva riconosciuto perche’, come aveva raccontato in una videointervista all’agenzia di stampa Dire Anna, “quando sono rimasta incinta lui ha deciso di sparire perche’ mi sono rifiutata di abortire”. E che ora, pero’, chiede di poter
riconoscere attraverso un percorso giudiziario che gli ha gia’ accordato la possibilita’ di incontrare “senza alcuna gradualita’” la piccola Sara, nonostante “la violenza, le minacce e gli appostamenti sotto casa” che Anna racconta di aver subito da lui negli anni.
“All’inizio dell’emergenza coronavirus – spiega Anna alla Dire –
ho cominciato a non mandare mia figlia con il padre, presentando
regolare istanza di sospensione delle visite al giudice, perche’
io e Sara viviamo con i miei genitori, mia mamma di 76 anni e mio
papa’ di 78, con gravi problemi di trombosi, per cui il Covid-19
potrebbe rivelarsi fatale. Non potevo esporre la mia famiglia a
un rischio maggiore di contagio”, dice Anna, che ricorda le
difficolta’ della piccola a incontrare il papa’. “Ho registrazioni di due ore in cui questo padre urla contro la bambina perche’ lei non si comporta come vorrebbe- aveva raccontato- Sara si fa la pipi’ addosso per la paura”, un particolare riferito anche dalle maestre di scuola della bimba. Nella prima Ctu disposta dal giudice, poi annullata su contestazione dell’avvocato, e alla Ctp, Anna viene definita “madre ostativa e inadeguata”. E nella seconda tutti “i riferiti
di violenza miei e della bambina sono stati derubricati e io
continuo a essere definita una mamma simbiotica, che ha innescato
un conflitto di lealta’”, diagnosticato alla piccola Sara “quando
lei aveva solo 18 mesi”.
Un calvario giudiziario che dalla fine di febbraio si e’
ulteriormente aggravato con un’escalation di denunce penali. “La
prima volta che mi ha mandato la Polizia a casa era il 23
febbraio, prima dell’inizio dell’emergenza – racconta la donna – La
bambina stava male e lui mi ha querelato perche’ diceva che non
gliela facevo vedere senza mai esibire dei certificati medici che
attestassero le sue condizioni di salute, ma non era cosi'”. A
quel punto Anna decide di presentare una controdenuncia “per
calunnia, violenza privata e procurato allarme”, visto che la
bambina “ogni volta che arriva la Polizia in uniforme e’
terrorizzata e vive la paura di essere portata via, perche’ il 23
febbraio sono anche saliti in casa per accertarsi che stesse
male”. Ma l’escalation non si ferma: “Li’ si sono aperte le porte
dell’inferno – sottolinea la donna – Ha cominciato a mandarmi la
Polizia in casa anche due volte a settimana, perfino nel giorno
del compleanno della bambina, e, prima di chiamarla, si piazza
sotto casa mia. Mi ha denunciato una seconda volta perche’ la
tengo con me nonostante il diritto di visita”. Un diritto che, in
effetti, e’ stato garantito dai Dpcm di marzo e chiarito nelle
Faq della Presidenza del Consiglio, che pero’ non tengono conto
di casi specifici come quello di Anna.
“In un primo momento gli avevo consentito di videochiamare
Sara tutti i giorni – precisa la mamma – ma anche queste sono
diventate occasioni da incubo perche’ se la prende con me e con
la bimba, le dice che e’ colpa mia se non si vedono, che mi devo
vergognare, finche’ la piccola non ha voluto piu’ farle”. Un
giorno “e’ arrivato a fare oltre 20 tentativi di videochiamata –
racconta ancora Anna – Era sotto casa mia, suonava al citofono e
inviava messaggi. A quel punto sono stata costretta a chiamare io
la Polizia, che e’ venuta e ha fatto il verbale. Gli agenti, pero’, se ne sono poi andati senza nemmeno accertarsi se lui fosse ancora li’ o meno. E difatti e’ rimasto ancora seduto in macchina sotto casa mia a mandare messaggi. Sono stata cosi’ costretta, a fine marzo, a presentare una denuncia per stalking contro il mio ex”.
Nel frattempo, nel provvedimento del 2 aprile del nuovo giudice titolare del procedimento di riconoscimento della bambina, “il diritto alla salute diventa secondario rispetto al diritto di visita paterno”, osserva la donna, non potendosi ritenere sufficiente la motivazione della convivenza con la famiglia di Anna visto che l’appartamento dove abitano “e’ ampio e dotato di spazi autonomi”. Il giudice, quindi, “dispone che le visite devono riprendere non con il calendario adottato finora, cioe’ due pomeriggi a settimana dall’ora d’uscita dall’asilo fino alle 19.30, o, a settimane alterne, sabato/domenica dalle 10 alle 18 – riprende Anna – ma secondo il calendario con ampliamento delle visite e pernotto proposto dal secondo Ctu, che pero’ non e’ mai stato reso esecutivo dal giudice precedente”. E questo anche se l’iter per il riconoscimento non e’ ancora concluso.
“A questo punto, il mio avvocato ha chiesto chiarimenti al
giudice perche’ ci sembra che ci sia un errore – racconta ancora
la donna – Nonostante la fondatezza della nostra nuova istanza il
mio ex continua a esigere il rispetto delle visite, ma stavolta
secondo il nuovo calendario. Manda messaggi quasi quotidianamente, al punto che non si capisce piu’ quali
dovrebbero essere i giorni di visita. E alla mia richiesta di
attendere una risposta da parte del giudice continua a inviare le
forze dell’ordine”. È in fase di preparazione anche una seconda
memoria per chiedere “la decadenza della perizia del secondo Ctu,
che lo scorso 10 aprile ho denunciato per falsa perizia e perche’
non possiede, a mio avviso, il requisito di specchiata moralita’
necessario per l’iscrizione nell’albo dei Ctu del tribunale,
visto che ha patteggiato due anni per peculato nel 2014. Cosa che
avevamo resa nota al precedente giudice senza che questi lo
ritenesse un elemento dirimente per la sostituzione con altro Ctu”.
La vicenda di Anna e’ stata sottoposta all’attenzione del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, tramite specifica
interrogazione presentata dalla deputata e segretaria della
Commissione parlamentare Infanzia e Adolescenza, Veronica
Giannone, che ha anche inviato una lettera per segnalare il caso
all’Autorita’ Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza e anche alla
ministra della Famiglia, Elena Bonetti. La prossima udienza,
probabilmente decisiva per il riconoscimento, dovrebbe tenersi in
via telematica mercoledi’ 13 maggio.
“Stiamo resistendo, anche agli interventi della Polizia,
provando ancora ad aver fiducia nella giustizia, nonostante le
storture di cui mia figlia e io siamo state vittime, ma- conclude
Anna- con il terrore che il giudice possa prendere decisioni
contrarie all’interesse e al benessere della bambina con
provvedimenti che, in mano a uomini come il mio ex, diventano
delle vere e proprie armi”.