Nicla Vassallo risponde a “Perchè la scienza, oggi?”

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Nicla Vassallo, Prof. Ordinario di Filosofia Teoretica e Assiociato CNR:

Qualche appunto su scienze e ricerche scientifiche

Le frodi, e più in generale le violazioni dell’integrità scientifica, sono diventate endemiche nella ricerca internazionale. Si ricordi, per esempio, l’eclatante caso dell’articolo apparso su “Nature” e in seguito ritirato sulle cellule Stap (cellule indotte a tornare allo stato staminale mediante esposizione a batteri o a particolari condizioni ambientali): il supervisore della ricerca, il giapponese Sasai, si è sucidato.

Nel guardarci attorno, anche tra le quattro mura di casa, osserviamo “oggetti comuni” che risultano frutto di qualche applicazione scientifica, applicazione a cui di solito non prestiamo attenzione. Invece, quando ci troviamo al cospetto di una emergenza, quale l’attuale, dovuta al coronavirus, contiamo sulle scienze costantemente, confidando che le ricerche scientifiche ci offrano presto l’agognato vaccino. Presto, già! Invece, una seria ricerca scientifica esula da tempi rapidi: tra il contesto della scoperta e quello delle giustificazione devono passare controlli, sperimentazioni, e via dicendo.

Per amor dell’argomentazione, si supponga che un qualche laboratorio privato “trovi” il vaccino e lo brevetti, sulla scorta di interessi di tipo politico, economico, etico, religioso e via dicendo. Nonostante ciò accada e accadrà, le ricerche scientifiche con uno status epistemico solido, non dovrebbero, mai e meno che mai ora, subire “infiltrazioni” ascientifiche, o, addirittura, antiscientifiche.

La storia dell’umanità procede di pari in passo con lo sviluppo delle scienze, spesso non per risposta a emergenze, come, invece, accade ora nel caso del coronavirus. Traducendo in parole forti quel che Aristotele sostiene nel Primo libro della Metafisicanon aspirare alla conoscenza rappresenta un sorta di omicidio della nostra umanità. Il valore conferito alle acquisizioni scientifiche ci conduce a chiarire le nostre ampie e palesi ambizioni a conoscere, e, dunque, a crescere. In un suo discorso del 1947, Enrico Fermi ci sollecita a riflettere: «La professione del ricercatore deve tornare alla sua tradizione di ricerca per l’amore di scoprire nuove verità. Poiché in tutte le direzioni siamo circondati dall’ignoto e la vocazione dell’uomo di scienza è di spostare in avanti le frontiere della nostra conoscenza in tutte le direzioni, non solo in quelle che promettono più immediati compensi o applausi».

Quel “deve tornare” non lascia perplessità, con un richiamo preciso al dovere, rileva che nel 1947 non tutti i ricercatori erano “puliti”. In parole più semplici, non “tutti” gli scienziati erano e rimangono alieni dalla rincorsa alla fama, al successo, al potere, obiettivi per cui non esistano neanche a scannarsi a vicenda.

Sulla linea rapidamente tracciabile, linea metascientifica e metaconoscitiva, rammento che la ricerca scientifica di per se stessa dovrebbe consistere in ricerca pura, in amore della conoscenza, motivata dall’esigenza di comprendere.

Alcune posizioni filosofiche e scientifiche propugnano una sorta di diffidenza nei confronti della ricerca scientifiche e delle scienze. Vi è chi, insistentemente, sottolinea come le scienze abbiamo condotto in alcune aree alla disumanizzazione del lavoro, chi incrimina le scienze per il fatto di minacciare la fede religiosa (infischiandosene del fatto che le nostre private ingiustificate credenze non dovrebbero mai interferire con conoscenze, ricerca scientifica, scienze); vi è chi rintraccia nella scienza una manifestazione del pensiero “occidentale” e uno strumento deplorevole della dominio occidentale sulle culture “altre”: cosa s’intende con “Occidente”?

Non intendo cercare qui di capire se questi siano demeriti effettivi della scienza, o se letture viziate di essa. Anche perché credo che quasi tutti noi – che si sia detrattori o estimatori della scienza – non abbiamo difficoltà ad ammettere che la scienza spicchi tra le imprese umane. Non è forse la scienza ad aver trasformato in modo radicale la nostra esistenza quotidiana? E non è forse la scienza a modificare costantemente la nostra visione del mondo e di noi stessi, conducendoci a nutrire credenze e ad acquisire conoscenze a cui non saremmo mai giunti altrimenti?

Se queste domande ci paiono retoriche è solo in quanto, consapevolmente o inconsapevolmente, riconosciamo molti meriti alla scienza. Viene allora da chiedersi “che cos’è la scienza?”, anche al fine di operare una distinzione tra quanto è scienza e quanto scienza non è. In termini piuttosto generici, si può rispondere che la scienza, a differenza di altre imprese umane non scientifiche, si avvale di un metodo rigoroso, oggettivo o intersoggettivo, che privilegia la razionalità sull’emotività e che trascende le idiosincrasie individuali e collettive nel tentativo di offrire un patrimonio conoscitivo comune a tutta l’umanità.

Nicla Vassallo

Professore ordinario presso l’Università di Genova e associato CNR, niclavassallo.net

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