ANMOS: CONTRATTO UNICO E FORMAZIONE DEI MEDICI

UNA RISPOSTA CONCRETA ALLO STATO DI EMERGENZA PERENNE NEL NOSTRO PAESE

Di Luigi Pignataro* e Daniela Melchiorre**

Il Decreto “Cura Italia”, tra i numerosi provvedimenti, stabilisce anche che la laurea in medicina diviene definitivamente abilitante alla professione. Una tale importante decisione nasce dalla necessità di rendere immediatamente disponibile per il sistema sanitario nazionale una forza d’impiego di 10.000 medici.

La laurea abilitante, laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia, rende dunque il neolaureato abilitato alla professione di medico-chirurgo. Naturalmente questa situazione di emergenza, oltre a richiedere personale medico oggi come ieri carente, richiederebbe anche personale medico qualificato. Cosa faranno dunque i neolaureati che non sono formati per fronteggiare l’emergenza? A maggior ragione se non faranno il “tirocinio”.

Secondo le indicazioni del decreto, saranno classificati come personale ausiliario al quale affidare incarichi temporanei come sostituti nell’ambito della continuità assistenziale (senza alcuna formazione!) agevolando forse la turnazione, oppure garantendo la presenza nei presidi sanitari sul territorio (senza alcuna formazione) o in appoggio agli ambulatori dei medici di famiglia (facendo anche formazione).

Ma questo stato di emergenza sanitaria finirà, ce lo auguriamo tutti. La domanda che ci poniamo come ANMOS è invece: “Finirà anche lo stato di emergenze perenne in cui è stato lasciato il nostro SSN e con esso i medici ed il personale sanitario?”. Ci auguriamo anche questo.

Non nascondiamo la sfiducia in tal senso, ma proviamo a fare una proposta in merito alla regolamentazione della professione medica e della sua formazione. E proprio perché ci saranno fasi successive a quella che stiamo attraversando, abbiamo bisogno di guardare al “dopocoronavirus” in maniera costruttiva ed utile per tutti noi.

Abbiamo ampiamente dibattuto in questi anni su un solo tipo di rapporto di lavoro ed i tempi sembrano darci ragione in merito al fatto che il contratto unico è sicuramente migliorativo sia per le ripercussioni sul sistema sanitario, sia per ridare al medico la dignità che gli spetta.

Abbiamo percepito stima e apprezzamenti in questi giorni difficili ma non è questa la dignità a cui faccio riferimento. Per cui unificare i contratti contribuirebbe a superare almeno in parte gli effetti deleteri della regionalizzazione della sanità e a mantenere il sistema sanitario equo solidale e universale. La scelta non può che avere risvolti positivi anche sulla formazione dei medici.

Per non ripetere gli errori del passato, dovremmo necessariamente e realmente programmare gli accessi alla facoltà di Medicina e Chirurgia sul vero fabbisogno. La legge 264 del 1999 sulla programmazione dovrebbe incrociare i dati tra fabbisogno di medici e specializzandi e capacità degli atenei di formarli.

Evidentemente l’attuale situazione smentisce questa tipologia di programmazione lasciando al Ministero dell’Università  ed al Ministero Salute il compito di sovraintendere ai numeri. La formazione dell’intero corso di laurea non può che essere affidata alle Università. Va però discusso e concordato il ruolo che i Medici Ospedalieri ed I MMG potrebbero svolgere nella formazione universitaria.

Una seria programmazione deve riguardare, altresì, gli accessi alla specializzazioni medico-chirurgiche non solo dell’offerta numerica ma anche delle reali carenze nelle diverse specializzazioni. Per l’anno accademico 2019/2020 sono previsti 11.568 accessi al corso di laurea a fronte di 8.905 accessi alle scuole di specializzazione. Quale ruolo potranno svolgere i medici che non possono accedere alla formazione post laurea, al di fuori dell’emergenza dovuta al COVID19? Come sarà gestito l’accesso all’attuale corso di formazione per la Medicina Generale e per il sistema dell’Emergenza Territoriale. Per evitare fraintendimenti il corso per MMG e per l’Emergenza Territoriale dovrebbe essere equiparato ad una specializzazione e deve essere sottratto alla diversificazione regionale, come pure andrebbe sottratto al controllo di chiunque non sia riconosciuto istituzionalmente.

In merito agli aspetti formativi la formazione post laurea andrebbe intesa come contratto formazione/lavoro con l’individuazione delle realtà accreditate per qualità tra medici dell’ospedale, del territorio (distretto), medici di medicina generale e medici di continuità assistenziale e del sistema 118. La formazione teorica dovrebbe comunque essere affidata all’università, con inserimento nel corpo docente anche di medici ospedalieri, del Distretto, dei MMG, di Continuità Assistenziale e del sistema 118.

La conseguenza di questa impostazione potrebbe generare una veloce e definitiva riforma per dare dignità allo specializzando garantendogli sin dal primo anno, il ruolo di lavoratore anche se in formazione, con inserimento nel SSN e con il riconoscimento di tutte le tutele medico legali e previdenziali, (compresi malattia, maternità, ferie, etc).

*Luigi Pignataro: Medico di Medicina Generale, Regione Marche (Convenzionata e Distretto)

Con la collaborazione di **Daniela Melchiorre: Ricercatore Università di Firenze (Formazione)

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