Sommario: PERCHE’ BISOGNA RIPARTIRE SUBITO – LA POLITICA DELLE MASCHERINE – BUROCRAZIA: UN CASO CONCRETO
RIPARTIRE SUBITO
E’ meglio non entrare nel merito dei provvedimenti del governo per evitare polemiche, anche se tutti coloro che si occupano della materia confermeranno quello che sostengo da settimane ovvero come i decreti emessi – soprattutto quelli pensati per ottenere contributi – siano scritti in modo spesso incomprensibile.
Soprattutto (al contrario di mille dichiarazioni, continue apparizioni di Conte in TV, proclami, interviste ed appelli semplicistici) i “sacri testi” sono molto spesso di difficile applicazione, salvo che alla fine – per disperazione o volontà politica – l’INPS e gli altri Enti non dichiarino una specie di “liberi tutti” accettando tutte le domande presentate, anche da chi non ne avrebbe i titoli (un invito quindi a far “comunque” domanda: “all’italiana” poi si vedrà…).
Gli ordini professionali sottolineano unanimi come, di fatto, quasi nessun iscritto “normale” potrà mai usufruire dei famosi 600 euro e questo vale per avvocati, commercialisti, veterinari, ingegneri, architetti e consulenti. Paradossalmente ne godrà solo chi ha platealmente lavorato in “nero”, così una volta di più chi ha fatto il furbo verrà premiato autodichiarandosi indigente.
I decreti sembrano a volte scritti coi piedi, per esempio là dove si parla di “reddiio” anziché di “incassi”. Eppure mentre un incasso è verificabile subito, il “reddito” di una persona o di una impresa lo si conosce solo a fine anno (anzi, a metà dell’ anno dopo): o si è voluto inutilmente complicare le norme o al Ministero non sanno bene quale sia la differenza dei termini, di sicuro è impossibile calcolare seriamente – senza il confronto di seri dati completi – un reddito parziale trimestrale.
Non è questo però il nocciolo del problema, ma piuttosto che Conte e il governo dovrebbero capire come occorra subito programmare e dare il via alla progressiva ripresa delle aziende o – quando sarà ufficialmente possibile farlo – diventerà troppo tardi per intervenuta asfissia del sistema.
Confindustria calcola la chiusura del 57% delle attività industriali e ci si rende conto facilmente che di conseguenza – salvo alimentari e farmacie – questa riduzione sale a quasi il 100% nel commercio, artigianato, servizi, professioni e terziario con una perdita di produzione stimabile in oltre 100 miliardi al mese.
Ma perché non si può dare subito la possibilità alle imprese di progressivanente riaprire, se sono in grado di dimostrare che siano osservate tutte le misure di sicurezza sul luogo di lavoro e sotto la diretta responsabilità dell’imprenditore?
Ovviamente serviranno adeguati controlli, ma tenere chiuso per decreto chi potrebbe e vorrebbe invece lavorare essendosi messi in regola è un assurdo che danneggia tutti.
Vale per molti lavori all’aperto, l’edilizia, gli artigiani, le piccolissime imprese e quelle famigliari (tanto sono già reclusi insieme in casa!) e per gli stessi negozi, ovviamente limitando gli accessi della clientela, come oggi fanno i tabaccai o i fruttivendoli.
Invece al momento in un supermercato non si può neppure comprare un cacciavite pur esposto sugli scaffali: va bene limitare la potenziale futura concorrenza, ma dov’è un minimo di logica?
Anche perchè – quando finalmente si ritornerà a produrre – se le “filiere” saranno rimaste tutte ferme troppo a lungo è evidente che passerà un piu’ lungo periodo per poter rimettere in moto il sistema, dai trasporti ai rifornimenti di materie prime per arrivare ai prodotti finiti.
Non possiamo pensare che Stato ed Europa risolvano finanziariamente i problemi delle imprese, anche perché devono e dovranno occuparsi prima di tutto del sistema sociale e delle famiglie, oltre a finanziare anche ingenti investimenti pubblici.
Si permetta quindi già da ora a milioni di aziende, piccole imprese ed attività commerciali – se in regola – di faticosamente rimettersi in marcia.
Saranno spesso produzioni a ritmo ridotto, ma anche quel poco può servire a tenere accesa la speranza di una ripresa più veloce.
Se i soldi non girano non producono ricchezza e ci sono infiniti anelli della catena che rischiano di spezzarsi e fallire. Basti pensare agli affitti degli studi professionali o dei capannoni destinati alle attività di piccole e medie dimensioni: come pagarli ai proprietari che molte volte non sono grandi società finanziarie o immobiliari, ma semplici persone fisiche – spesso anziane – che campano su quegli affitti?
Se i proprietari non incassano saranno altri milioni di persone da mantenere, ma le aziende ferme non incassano e quindi neppure volendo potrebbero pagare l’affitto.
Ci sono poi autentiche assurdità: in agricoltura per esempio manca e mancherà mano d’opera (moltissimi immigrati sono tornati a casa): possibile che non si possa utilizzare almeno in parte la sterminata platea dei redditi di cittadinanza?
Decretare poi che nelle aziende agricole si possono utilizzare famigliari fino al sesto grado purchè lavorino gratis è ugualmente assurdo: perché allora non rimettere in pista subito piuttosto un sistema di voucher, almeno fino a che il sistema non sarà tornato normale?
Idee che vanno pensate ora e progressivamente applicate concretamente da subito, come “carburante” indispensabile per la ripresa.
Tra una polemica e l’altra e troppe comparsate in TV, qualcuno ci pensa?
CINA E TAIWAN: LA POLITICA DELLE MASCHERINE
L’ hanno chiamata “La Politica delle mascherine”, che va di pari passo ad un bel po’ di torbido che gira intorno all’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) che molti solo adesso cominciano a capire essere anche un organismo politico oltre che di gestione e controllo sanitario.
Prima le accuse di mezzo mondo alla Cina di aver nascosto per settimane la vera portata dell’epidemia (con i filmati pubblicati lunedi anche da Rai 3 dove si vedono le condizioni igieniche dei mercati cinesi e il portar via morti per strada a Wuhan in numero che sembrerebbe ben più numeroso ai dati ufficiali) ora le accuse all’OMS di essere un organismo sino-dipendente e non super partes.
A far nascere il caso è la perdurante chiusura dell’OMS a Taiwan che per loro “non esiste” e quindi quello che viene fatto a Taipei non conta.
Peccato, perché a Taiwan l’epidemia è stata arginata molto meglio che in Cina (solo 329 casi e in tutto 5 decessi) con metodi chiari, democratici ed organizzati: esperienze utili e soprattutto immediate, ma censurate.
L’imbarazzo cresce perché ora Taiwan ha regalato (non come buona parte del materiale sanitario cinese che invece è stato fatto pagare) ben 10 milioni di mascherine chirurgiche all’ Europa e in particolare all’Italia, oltre a un ingente carico di materiale sanitario offerto dai cattolici di Taiwan al nostro paese e coordinato con la nunziatura apostolica vaticana a Taipei. Di Maio non ne parla in evidente stato di imbarazzo (poi a fine epidemia ci spiegherà chi ha firmato i contratti con Pechino senza gara né controllo dei prezzi), ma i fatti restano e sono quelli che sono.
Per l’OMS però Taiwan – appunto – non esiste, non se ne deve parlare e nemmeno la gravità della situazione riesce a superare i pregiudizi politici che in campo sanitario non dovrebbero esistere verso nessuno.
Peccato, perché è documentato che la Repubblica di Cina (il nome ufficiale di Taiwan) viene considerata un esempio vincente nella lotta al virus ed è stata tra i primi paesi ad avviare controlli e sperimentazioni pur non facendo ufficialmente parte dell’Oms, che riconosce soltanto la Cina continentale.
Un punto su cui il governo di Taipei è tornato più volte negli ultimi giorni per rivendicare i propri meriti, arrivando persino ad accusare direttamente l’agenzia internazionale di aver ignorato gli avvertimenti formali ricevuti alla fine di dicembre, quando per la prima volta medici taiwanesi avevano già intuito la possibile trasmissibilità umana della malattia.
Una volta di più l’Italia e l’Europa non possono continuare a far finta che Taiwan non esista solo per il “politicamente corretto”, ergo ingraziarsi la Cina comunista.
Perfino la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha intanto ringraziato ufficialmente Taiwan per “il gesto di solidarietà” e – piaccia o meno a Pechino – è stata questa la prima volta di un formale ringraziamento europeo, mentre l’ Italia ufficiale invece tace, come al solito.
Chi fosse interessato ad approfondire:
BUROCRAZIA: UNA TESTIMONIANZA
Pubblico integralmente una email che mi è giunta da una lettrice de IL PUNTO che lavora in una pubblica amministrazione:
Ciao Marco,
giovedì (26 marzo n.b.) mi è arrivata, per lavoro, la raccolta delle disposizioni in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Codiv-19 e il testo unico delle ordinanze della protezione civile. Sono complessivamente 6 leggi, 2 delibere del consiglio dei ministri, 7 decreti del presidente del consiglio dei ministri, 19 ordinanze del capo del dipartimento della protezione civile, un protocollo generale. Poi ci sono i provvedimenti del ministero della salute e quelli del ministero della pubblica istruzione. In totale sono per ora 38 documenti diversi che fanno 295 pagine… Segue un indice senza i riferimenti a quale pagina posso trovare lo specifico decreto e già il giorno dopo ne avevano fatto un altro… Come può un cittadino italiano capirci qualcosa e un ufficio pubblico cercare di seguire la legislazione se si rincorre in questo modo?
Ma la follia di fare leggi aggiuntive senza mai abrogare le precedenti al fine di avere un testo unico di riferimento è un processo così impossibile da fare? Quando impareremo?
Ciao C.
SPERIAMO IN MEGLIO! BUONA SETTIMANA MARCO ZACCHERA