Il diritto allo studio vale se è uguale per tutti

di Vito Piepoli

La capacità di offrire pari opportunità di istruzione a tutti gli studenti, indipendentemente dal territorio in cui vivono e dal background familiare e sociale dal quale provengono, è fondamentale.
Alle ragioni connesse con l’efficienza devono essere unite quelle connesse con l’equità, finché le risorse non sono equamente distribuite tra le famiglie e i docenti, ci saranno sempre delle differenze sul grado di istruzione che si potranno raggiungere.
Ma la didattica a distanza (DAD), utilizzata di questi tempi per garantire continuità del servizio ai docenti e diritto allo studio agli alunni, risponde alla necessità di efficienza ed equità ?
Vi possono accedere tutti e allo stesso modo dalle loro abitazioni docenti ed alunni ?
Non penso. Il fatto stesso per cui è da considerare come lo è stato, una modalità integrativa e non alternativa o sostitutiva della didattica in classe, lo dimostra.
Vi sono come è facile intuire limiti e difficoltà, che si traducono in una disparità nelle condizioni di accesso ai servizi.
Limiti e difficoltà che un sistema pubblico in quanto tale dovrebbe verificare per poi eliminare prima di obbligare docenti ed alunni a procedere con la DAD, oltretutto rendendo disponibili sue apparecchiature, non obbligandone ad esserlo, altrui.
Uno dei presupposti indispensabili è innanzitutto il livello e la qualità della copertura del territorio con una rete efficace di collegamenti telematici, e questo cambia da operatore ad operatore, e da un luogo all’altro, in una stessa città e provincia.
Laddove questa condizione di eguaglianza non è presente, c’è già disparità tra docente e docente e tra alunno ed alunno.
Accanto a questo presupposto ne segue un altro, la disponibilità al domicilio dei docenti e degli studenti della necessaria strumentazione, che sicuramente non sarà uguale per tutti, come può essere la dotazione di computer che una scuola mette a disposizione in un suo laboratorio.

E qui c’è un’altra disparità ancora, perché quello di cui si dispone non è uguale per tutti.
Ma è ancora più importante questo: non è detto che vi sia in tutte le case. Pensiamo ad esempio alle famiglie meno abbienti, e a quello che sta provocando in termini di perdita di lavoro, il coronavirus.

Un altro presupposto poi è la capacità di utilizzare questa strumentazione e di farlo anche correttamente, e qui pensiamo in modo particolare agli alunni che hanno bisogno del sostegno, per i quali questa diventa la prerogativa indispensabile.
Se non è assicurata questa, per limiti fisici dovuti al proprio handicap e/o alla mancanza della prossimità di un insegnante di sostegno, la strumentazione è inutile. Anche quindi in questo caso si introducono disparità.

A quest’ultimo punto poi è legato il livello di competenza ed abilità dell’uso del software, cioè dell’insieme delle procedure e delle istruzioni in un sistema di elaborazione dati, vale a dire dell’applicazione scelta per effettuare la didattica a distanza.

Anche questo ha la sua importanza, per cui è indispensabile, che ad ognuno, sia esso docente o studente, qualcuno gli spieghi operativamente le procedure opportune che gli permettono di fare determinate cose, considerando che anche questa formazione va fatta a distanza con tutti i limiti e le difficoltà che ne conseguono per far sì che sia compresa.

Questa formazione è prioritaria rispetto alla stessa didattica che si vorrebbe impartire e richiede tempo, pazienza, applicazioni e prove tecniche ripetute fin quando non si riesce nell’intento.

A questo punto si potrebbero aggiungere altre considerazioni legate allo stare in casa, ma mi sembra che il dato certo e la conclusione scontata è che, aldilà di decantazioni e slanci frenetici da cui tutti ci facciamo prendere, la Didattica a Distanza crea di sicuro disparità, non può offrire pari opportunità di istruzione, è difficile per un sistema pubblico realizzare questo nei domicili.

È difficile pensare che un laboratorio scolastico reale, in cui la scuola mette a disposizione computer uguali per tutti, docenti e studenti, possa diventare mantenendo le stesse caratteristiche di efficienza e equità, un laboratorio virtuale a casa nostra.

Detto questo, il momento è di emergenza, è vero. È necessario mantenere i contatti con i propri alunni, è vero, si sente questa necessità, questo bisogno, ma con tutti, nessuno escluso e allo stesso modo, non si possono fare torti. Ma allora, si riesce a farlo ?

Non può essere un generico si salvi chi può, si fa quello che si può e poi il resto non ci riguarda, della serie se qualcuno non può non è un problema nostro.

Perché così facendo con la nostra DAD, rendiamoci conto che nelle nostre classi virtuali abbiamo accettato alcuni volti delle nostre classi reali ed altri no. Tornando, grazie al tecnicismo che ci distrae, alla frenesia che ci prende e alla coscienza appagante di sentirsi a posto come limitato apparecchio tecnico funzionante, indietro nei principi e nei sacrosanti diritti dell’individuo che sono da salvaguardare, che hanno richiesto anni ed anni di lotte sociali e che vengono così da noi seriamente intaccati senza che ce ne accorgiamo.
Vito Piepoli

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