Napoli: il lento quanto inesorabile declino del Vomero La crisi del commercio viene da lontano non certo dal coronavirus

” Mi meraviglierei che qualcuno si meravigliasse – esordisce Gennaro Capodanno, presidente del Comitato Valori collinari, che al Vomero è nato e dove ha sempre vissuto, e che del quartiere collinare partenopeo ha potuto osservare, descrivendolo in migliaia di comunicati e di lettere, il lento quanto inesorabile degrado sociale oltre che urbano, anche ricoprendo ruoli istituzionali, come quando negli anni ’80 fu eletto a capo della circoscrizione vomerese quale presidente -. Per ultimo c’è chi vorrebbe far intendere che la crisi dell’unico comparto occupazionale e produttivo del quartiere, quello del terziario commerciale, possa essere determinata dal coronavirus, quando è notorio che tale crisi, con tantissime ditte che sono scomparse, è in atto da alcuni lustri a questa parte e che l’epidemia in atto, che non vede Napoli tra le zone rosse, al massimo potrebbe avere diminuito gli introiti in alcuni settori merceologici “.

“ Un declino che da tempo affligge un’area del capoluogo partenopeo di poco più di due chilometri quadrati, abitata da circa 48 mila napoletani, con una densità abitativa dunque superiore ai 22mila abitanti a chilometro quadrato – puntualizza Capodanno -. Tanti, se solo si pensi che la densità abitativa media italiana e di poco superiore ai 200 abitanti a chilometro quadrato, meno di un centesimo di quella del Vomero, e che lo Stato più densamente popolato del mondo è Macao in Cina con poco più di 20mila abitanti a chilometro quadrato. Ma oramai i vomeresi vivono come tante monadi, ognuno per proprio conto, ignorando gli altri e ciò che accade nel loro intorno. Ci sono famiglie che abitano da lustri nei palazzi e non s’interessano neppure di sapere chi sono i loro vicini di pianerottolo. Lo sanno bene anche i ladri d’appartamento che agiscono indisturbati, grazie anche al silenzio di quanti avvertono i rumori e gli strani movimenti e non fanno nulla per farli cogliere sul fatto, o gli aggressori d’inermi passanti, molti dei quali giovani, bersagli delle famigerate baby gang, che imperversano da tempo nel quartiere, e che sanno di poter contare sul fatto che difficilmente qualcuno interverrà a difendere i malcapitati “.

“ Vittime principali di questo stato di cose sono gli anziani, presenti in gran numero nel quartiere collinare, anche perché non è stata mai realizzata alcuna struttura pubblica al coperto ad essi destinata, per consentirgli d’incontrarsi e di socializzare. Persone avanti negli anni che hanno fatto però la fortuna di tanti privati che, vista la mancanza di analoghe strutture pubbliche, hanno trasformato civili abitazioni in “case per anziani” dove vengono applicate rette mensili con cifre a tre zeri di euro per ospitarli in una camera. Al Vomero ce ne sono tantissime – prosegue Capodanno -. Infatti dai dati demografici pubblicati sul sito del Comune di Napoli emerge che nell’ambito della Municipalità 5, costituita dai quartieri Vomero e Arenella, il rapporto percentuale tra la popolazione con 65 anni e più e quella con meno di 15 anni, il cosiddetto indice di vecchiaia, scelto quale indicatore sintetico del grado di invecchiamento della popolazione, risulta superiore a 100. Infatti, nella Municipalità 5 è pari a 168,45%, superiore al dato cittadino (91,13%), e, soprattutto, superiore a quello nazionale (131,4%) “.

“ A fronte di questo stato di cose, qui parzialmente descritto, bisogna rilevare il profondo cambiamento che il quartiere ha subito negli ultimi lustri, anche per la totale latitanza delle istituzioni preposte e la mancanza di un’idonea quanto indispensabile programmazione – osserva Capodanno -. Scomparsi quasi del tutto i luoghi di aggregazione sociale. A partire dagli esercizi commerciali, la maggior parte dei quali erano a carattere familiare e si tramandavano da padre in figlio di generazioni di vomeresi, dove la gente s’intratteneva a parlare, al punto che alcuni si erano dotati anche di seggiole dove i clienti si accomodavano a conversare in attesa del loro turno, esercizi sostituiti da anonimi quanto glaciali store di marche internazionali, popolati di commessi che la sera prendono il metrò per tornarsene a casa. Chiuse molte librerie, come la libreria Guida Merliani, l’Internazionale, la libreria Loffredo, scomparse ben cinque delle otto sale cinematografiche presenti negli anni ’60, sparito il megastore FNAC con il forum che negli anni era diventato un vero e proprio punto di riferimento per giovani e meno giovani con i suoi appuntamenti culturali quotidiani. Scomparso anche uno dei simboli del quartiere collinare, la palma posta al centro della più antica e prestigiosa piazza del quartiere, piazza Vanvitelli, aggredita ed uccisa dal famigerato punteruolo rosso, ma anche dall’indifferenza di chi non mosse un dito per tentare di salvarla. Sono sorti invece come funghi bar, pub, ristoranti e sfizioserie. Insomma nel quartiere collinare oggi si riempiono le pance mentre per alimentare la mente non resta quasi nulla “.

“ E la cosa più grave – conclude Capodanno – è che questo stato di cose appare al momento del tutto irreversibile, anzi si aggrava ogni giorno di più, complice anche il degrado urbano, con marciapiedi e carreggiate, trasformate, dalle sempre più frequenti buche e avvallamenti, in percorsi di guerra, mentre i pochi esercizi commerciali storici rimasti continuano ad abbassare le saracinesche e di certo non per la recente epidemia da coronavirus che al massimo potrà contribuire al colpo di grazia. Sicché gli unici a fregarsi le mani sono delinquenti e clan malavitosi che, nel ventre molle del quartiere collinare, hanno negli anni costruito e consolidato le loro cospicue fortune economiche “.

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