Il 1968 fu l’anno della contestazione studentesca, dei Beatles, dei Rolling Stones, della Beat Generation e della incessante richiesta di libertà da parte dei giovani.
Fu in questo clima che nacque una micro nazione ideale chiamata Isola delle Rose dal nome del suo ideatore, l’ingegnere bolognese Giorgio Rosa (1925-2017) che la progettò e realizzò.
Scopo di questa singolare impresa era quello di creare uno Stato indipendente del tutto sganciato dallo Stato italiano, autonomo fiscalmente, e che potesse autofinanziarsi attraverso gli esercizi commerciali che sarebbero stati creati sull’isola.
A questa storia sono stati dedicati un romanzo e una ricostruzione filmica che uscirà tra un anno.
L’isola fu in realtà una piattaforma artificiale marina di 400 metri quadrati edificata nelle vicinanze di Rimini, e precisamente fuori delle acque territoriali italiane, costruita su un’ossatura di tubi d’acciaio.
Fu dichiarata Stato indipendente il 1° maggio 1968.
Aveva come lingua ufficiale l’esperanto, lingua internazionale artificiale, creata nel 1887 dal medico polacco L. L. Zamenhof, per favorire le relazioni e l’avvicinamento dei popoli. Questo Stato ebbe anche una sua moneta, il mill, e francobolli.
L’isola aveva un proprio governo con propri ministeri, un suo stemma, una sua bandiera, e perfino un inno il Chor der Norwegischen Matrosen, tratto
dall’ Olandese volante di Richard Wagner.
Resa di pubblico dominio la notizia, l’Isola fu meta di un rilevante flusso turistico e di curiosi tanto da suscitare l’attenzione delle autorità italiane in particolar modo per le idee veicolate dalla sua stazione radio che si temeva potessero alimentare rivoluzioni, specialmente studentesche, che contrassegnarono tutto il 1968 e lo caratterizzarono.
Il governo italiano decise di intervenire.
Fu interpellato persino l’allora Capo dello Stato Saragat da parte degli occupanti dell’isola e il deputato Menicacci propose anche un’interrogazione parlamentare sulla vicenda.
Il 25 giugno 1968 le forze dell’ordine italiane si recarono sull’isola, la occuparono e alla fine dell’anno fu deciso l’abbattimento dell’isola stessa per timore che diventasse supporto di operazioni militari albanesi, centro di ricerche petrolifere abusivo, casinò illegale gestito dalla malavita.
Messe in posa le cariche esplosive, stranamente la piattaforma fu solamente danneggiata ma non distrutta.
Ci pensò il tempo con una burrasca a porre fine a questa realizzazione di libertà che durò solo 55 giorni.
Con il passare degli anni, purtroppo, la memoria di questa affascinante storia, si è affievolita, anzi è del tutto scomparsa.
Questo articolo vuole ravvivarne il ricordo.