Accesso alle cure nei paesi in via di sviluppo: se ne parla lunedì 7 ottobre al Festival BergamoScienza

Eugenio Bolia
Dal 5 al 20 ottobre torna la XVII edizione di BergamoScienza, il festival di divulgazione scientifica organizzato dall’AssociazioneBergamoScienza, che per 16 giornate animerà la città con incontri, conferenze, dialoghi e spettacoli – tutti gratuiti – dedicati alla scienza. Focus del festival, quest’anno, sarà la sostenibilità della vita sul pianeta, sia in termini di impatto climatico e salute dell’acqua e dell’aria che di alimentazione: scienziati di fama internazionale si confronteranno sulle possibili soluzioni per affrontare le principali sfide ambientali e sociali della società contemporanea, tra cui l’accesso alle cure nei paesi in via di sviluppo: progressi e nuove sfide. Ne parleranno lunedì 7 ottobre alle ore 21 al Centro Congressi Giovanni XXIII Livia Tampellini, infettivologa di Medici Senza Frontiere esperta di Ebola e Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri.
Decenni di progresso medico e scientifico hanno consentito un miglioramento della salute e della speranza di vita nel mondo, ma non per tutti. Alcune malattie, come per esempio Ebola, rimangono una minaccia e possono riemergere anche in forma più grave. Come si deve comportare la comunità internazionale davanti a tali sfide?

Rispetto alla devastante epidemia di Ebola in Africa occidentale nel 2014, la più grave mai registrata nella storia, oggi sono disponibili nuovi trattamenti e un vaccino in fase sperimentale. Ma la loro diffusione è ancora del tutto inadeguata e dopo più di un anno l’epidemia in Repubblica Democratica del Congo non è ancora sotto controllo.
«Ero in prima linea contro l’Ebola già quattro anni fa. Ora abbiamo più possibilità per trattare i pazienti, ma la risposta internazionale non è ancora riuscita a fermare l’epidemia». racconta la dottoressa Livia Tampellini. «I vaccini sarebbero disponibili, ma la loro diffusione è inadeguata e spesso razionata e vediamo continuamente persone a rischio che non hanno ricevuto il vaccino. È come dare ai pompieri un secchio d’acqua per spegnere un incendio, permettendo loro di usarne solo un bicchiere al giorno».
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Nella foto l’infettivologa Livia Tampellini.

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