RICOMINCIO…. …da me

RICOMINCIO….

…da me

Di Monica Saia

PREMESSA

Ho scritto questa storia autobiografica qualche anno fa per mettere in risalto la drammatica situazione vissuta dalla maggior parte dei disabili, in quanto vengono lasciati allo sbaraglio, abbandonati ai loro, più o meno gravi, disagi da una società incompetente, spesso non capace a “raccoglierli” né ad “accoglierli” tantomeno ad “accompagnarli” lungo la tortuosa strada della vita.

Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura…” recita Dante Alighieri nella Divina Commedia.

La nostra vita, proprio perché la vita di tutti incontra delle difficoltà.

Però, noi disabili siamo inesorabilmente e ingiustamente lasciati soli, emarginati e siamo noi, con tutti i nostri problemi preesistenti, a dovere trovare tutti gli appigli necessari per riemergere dal profondo abisso.

Dovremo essere noi ad “auto-sostenerci”.

Ho frequentato l’università e non ho scelto a caso i miei studi, cioè psicologia del ciclo di vita.


Dico non a caso, perché io ho sempre creduto moltissimo nel potere della motivazione, nella perseveranza e molti studi provano che la giusta motivazione e il giusto impegno, portano ai giusti risultati.

Non parlo di sicura vittoria, ma di un percorso che convincerà te stesso di possedere forze che nemmeno tu sapevi di avere.

“Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli” è una celebre frase scritta da Vittorio Alfieri nel remoto 1700.

Oltre a tutto questo, gli studi da me compiuti, mi hanno permesso di mettere la mia brutta esperienza, i miei traumi e tutto ciò che ho appreso, a disposizione di chi ha bisogno di incoraggiamento e sostegno, non riferendomi, in modo specifico, alla disabilità, ma, in senso ampio e, anche positivo, a tutte le difficoltà che possiamo superare.

Tutto ciò che riguarda la forza di volontà, può essere lecitamente attribuito a noi.

Ma, purtroppo, esistono anche problemi dati da parte di forze maggiori, incommensurabili, non empiricamente risolvibili, troppo distanti dal nostro “Volli”.


29 apr alle ore 13:27

Non é qui mio intento rimarcare gli eventuali problemi economici.

Bensì la più frequente incontrata, mancanza di sostegno per una migliore qualità di vita, dove per qualità di vita si intende un benessere psicofisico.

E sì, pochi lo sanno, ma, oltre la malattia, oltre la nostra triste realtà, anche la nostra qualità di vita esiste.

Quindi, si tratta di strategie per oltrepassare, andare oltre le angoscianti cure, capire che non sono solo i farmaci, le visite mediche gli unici dominatori della tua vita.

L'esigenza di esperire una semplice normalità é il ponte ideale per capire che la tua malattia, la tua condizione non viaggiano, obbligatoriamente sullo stesso binario della tua vita.

Questo ponte dovrebbe essere costruito anche da una società che ci coadiuva, che collabora con le nostre forze. Una collaborazione, un aiuto che fatica a emergere che, ordunque, come ho detto prima, rende,ancora, troppo distanti i propri problemi dal “solitario” e semplice “volli”.

Laddove è di competenza, deve essere la società a venire incontro ai nostri bisogni.

Deve quindi esserci un’accettazione e un adattamento reciproco.Non un arrangiamento, un accomodamento qualunque, né eccessivi sforzi al di sopra delle reali possibilità.

Stiamo parlando di adattamento volto all’ottenimento dello scopo desiderato.

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VOGLIO DEDICARE QUESTO SCRITTO AL MIO PRIMO MAESTRO, DI VITA E DI FORZA E, ANCHE DI SCRITTURA : GUIDO LOPEZ, VENUTO A MANCARE NEL 2010

Mi chiamo Monica, oggi ho ventisei anni e dodici anni fa ballavo, giocavo a pallavolo e suonavo il pianoforte.

Ero una ragazza molto vivace, con una vita piena di soddisfazioni, sia dal punto di vista sociale che scolastico; qualcuno aveva la simpatica abitudine di chiamarmi secchiona, ma in realtà era semplicemente passione per la storia, l’italiano e tutte le materie letterarie.

Per quanto riguarda poi l’aritmetica e la geometria … APRITI CIELO!

Invece, una cosa che penso mi abbia resa indimenticabile, è stato il mio spietato, incorreggibile ruolo di “avvocato difensore”: era frequente che mia madre fosse chiamata dagli insegnanti a discutere di note e sospensioni, perché mi mettevo contro i professori e non vedevo gerarchie di nessun tipo, quando vedevo i miei amici in difficoltà.

Come ho già accennato ballavo, non un genere particolare, né pretendevo luoghi particolari … la prassi era semplice, sempre uguale:

partiva la musica e partivo anche io.

Questo prima che cominciasse il mio terribile dramma, per cui la mia vita è stata rovinata … ora sono costretta in una sedia a rotelle per un’emiparesi sinistra. Spiegarvi tutte le mie vicende, trasferimenti e disavventure post-trauma, sarebbe troppo lungo e indubbiamente noioso, invece cercherò di rendere semplice ed interessante questa dolorosa storia di coraggio e voglia di vivere.

A volte, le cose non accadono per caso.

Se, per esempio, improvvisamente piove e tu corri a riparo, potrai dire “Ho un riparo!” e io ho sempre pensato questo, in modo da trovare un lato positivo ad ogni momento buio.

Tuttora penso che i momenti difficili, i momenti in cui cade fredda la pioggia, servano per ricordarmi che posso farcela. Ma, come si dice “La vita è fatta a scale “ e , se pur senza scale ma con l’ascensore, non sono mai stati a me sconosciuti sbalzi di umore, decolli al settimo cielo, crolli sotto terra.

Quando mi hanno ricoverata, ero pressoche’ sconvolta (avevo solo 14 anni e nessuna esperienza precedente di ospedalizzazone…) e la prima notte che trascorsi sola, è stata una notte di allegria, come inconscia difesa dallo sconforto.

Gli infermieri di turno con il carrellino delle medicine stavano passando nelle camere per distribuire la camomilla.

Costoro erano un uomo e una donna, io, ingenuamente, mi convinsi che fossero i miei genitori travestiti da infermieri, per superare i controlli e farmi compagnia fuori dall’orario di visita.

Questa mia idea, mi ha accompagnato in un sereno e profondo sonno.

RITORNO A PALERMO

Nel momento in cui fai parte di un gruppo di amici affiatato, unito, da tempo, ti senti protetto, sicuro, ed era esattamente così per me:

Per me non esisteva il rischio di soffrire. Sarei ipocrita a non parlare delle più o meno intense liti, ma le brutte parole, le fronti corrugate per la rabbia non si sono mai prolungati più di tanto.

“…E VISSERO TUTTI FELICI E CONTENTI…”

Così accade nelle fiabe, qualche volta nelle amicizie, ma nella mia realtà NO.

Una lenta e vile dissolvenza stava avendo luogo nel mio gruppo e più passava il tempo, più le mie ripetute telefonate non ricevevano risposta, così anche le mie sicurezze si assottigliavano.

Quante volte dicevo “ sì, va bene, tranquilla”, nonostante dentro fossi pienamente consapevole di ascoltare misere scuse tratte da un libro ormai troppo diffuso: “ giustificazioni per evitare Monica”.

Nell’arco di un anno circa il mio caro gruppo formato da sette coetanei e un ragazzo sedicenne, si ridusse in un trio, sul quale, ancora una volta ingenuamente, riposi fiducia.

Trio che pensavo fosse il frutto di una sorta di amore eterno incondizionato, fatto di risate e coraggio per sdrammatizzare la chemioterapia, la radioterapia e i loro devastanti effetti collaterali, che ancora adesso sono causa di ansia per la mia salute presente e futura.

Anche lì commisi un errore di ingenuità e in circa tre mesi mi ritrovai sola, con la mia mamma, il mio papà e il mio speciale cagnolino Willy che mi accompagnava ovunque.

Anche loro erano “caduti in malattia” e sopratutto erano sotto choc per questo “fuggi fuggi generale”. Stavo anch’io per perdere il raziocinio, sono arrivata a credere che fossi vittima di una “maledizione”.

LA MIA RISALITA

Come ho detto prima, la vita è fatta a scale : c’è chi scende e c’è chi sale…ed ora io ero a terra, ora era il momento di risollevarmi e risalire:

nonostante tutto il male subito, dovevo usare tutte le forze rimaste. Prima di tutto mi hanno aiutato i miei genitori e mio fratello, in secondo luogo il mio invincibile e coraggioso cagnolino Willy che mi ha accompagnata dovunque. Adesso ero mentalmente proiettata davanti ad un tavolo da disegno vuoto, attorno a me nessuno…. un silenzio assordante. Dovevo “riprogrammare tutto, come alle origini della terra”. Però non ero completamente sola e sprovvista. Con me avevo due penne che si chiamavano mamma e papà, e un calamaio che sgorgava di forza di volontà per rincorrere una vita che mi è stata portata via troppo presto.

La vita, la mia vita urgeva di aiuto, del nostro aiuto.

Io non potevo titubare, ma solo lanciarmi…senza nessuna sicurezza che l’obiettivo fosse quello giusto…

MI SONO LANCIATA

In questo lunghissimo volo, ho imparato tantissime cose belle, incontrato anche persone sincere e generose, che mi hanno aiutata a crescere e diventare una donna in un contesto non esattamente adeguato a me…

Così pian piano ho accantonato tutte le cattiverie subite, anche se ancora oggi mi abbandono in pianti disperati di una quattordicenne che avrebbe voluto spaccare tutto, ma che è stata uccisa con un netto profondo colpo al cuore, quando tutte le sue speranze, i suoi sogni sono sfumati, diventati lacrime…lacrime amare, perché non ho mai creduto in un mio recupero assoluto, ma solo nella mia forza di vivere più serenamente possibile e cercare di uscire illesa o quasi dalle situazioni spiacevoli, sapevo che ormai il ballo, la danza potevano solo essere un ricordo, però c’ero io…la mia volontà, il mio coraggio, il mio cervello, potevo trovare sempre le alternative ai problemi.

Così, ho dovuto ridisegnare tutto da capo, tutto…e ho imparato il vero significato de “l’importante non è vincere ma partecipare”, perché potrai anche non vincere, ma finchè combatterai non sarai mai perdente.

Dopo tutto questo ho capito che: “la voglia di vivere è la miglior cura per ogni malessere”.

Tanti anni fa, parlo di più o meno dieci anni fa, uno dei primi dottori che ho conosciuto mi ha detto: “Non è forte chi non cade mai, ma chi cade e si rialza”.

Certo, inizialmente può essere interpretata solo come una di quelle classiche frasi fatte per consolare la vittima di una disgrazia, ma per me quella frase è stata sempre una fonte di forza e di coraggio.

“YES, WE CAN “ ha detto il presidente americano Barack Obama. Io vorrei che tutto il mondo pensasse questo…perché tutti con le gambe, senza gambe, con le braccia,senza braccia, ce la possiamo fare.

La forza sarà… “Ricomincio da me”

Monica Saia

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