Taranto – Quando una convinzione personale viene confortata da una considerazione scientifica, ci si sente decisamente meglio. Così, in un contesto di “prìncipi della medicina” udire quella frase: “Non sempre il nuovo è meglio del vecchio”, beh, fa davvero bene al cuore.
Il contesto era la cerimonia di conferimento delle Medaglie d’Oro per i cinquant’anni di laurea ad alcuni iscritti all’Ordine dei Medici e Odontoiatri della Provincia di Taranto; e la frase l’abbiamo estrapolata – per nostro personale godimento – dalla dotta conferenza affidata proprio a uno dei premiati, il dott. Nicola Baldi, celebre cardiologo, già stimato primario al “SS. Annunziata” di Taranto, ancora molto attivo professionalmente, armato di stetoscopio e curiosità.
Per dovere di cronaca dobbiamo menzionare anche gli altri nove “camici d’oro” festeggiati al Salone della Provincia, ovvero i dottori Paolo Bellando Randone, Domenico Catucci, Diodato Girimonti Greco, Diego Guarniera, Angelo Micera, Maurizio Parisi, Angelo Pupillo, Antonio Sapio e Silvano Valente; e il giuramento professionale di un gran numero di giovanissimi nuovi medici nelle mani del presidente dell’Ordine, il dott. Cosimo Nume.
Ma perché quella frase contro una parte del “nuovo” espressa da un professionista certamente non conservatore? Perché è possibilissimo non essere conservatore e, al tempo stesso, avere un minimo sindacale di buonsenso per non accettare passivamente ogni dogma della – spesso balzana – età moderna.
Il fatto è che la relazione di Baldi era incentrata su una corrente di pensiero – che come al solito ha un nome inglese – che chiamano slow medicine, ovvero medicina lenta, facendo il verso a quello slow food, il mangiare lento, bandiera dei buongustai contro le sveltine nutritive del fast food.
Se devo dirla guardando a uno dei miei miti cinematografici, è una specie di rivolta al “Dott. Tersilli medico della mutua” del grande Albertone, quello che visitava più pazienti contemporaneamente.
“Gli enormi progressi della medicina moderna – ha detto il dott. Baldi – hanno creato anche alcuni inquietanti paradossi…”. Sintetizziamo: paradosso numero uno, medici insoddisfatti; due, pazienti sani ma preoccupati; tre, popolarità della medicina altalenante; quattro, crescita vertiginosa della spesa pubblica. Volendo si potrebbe continuare. Ovviamente c’è un universo di positività: dalle malattie un tempo incurabili ora curabilissime, alle tecnologie galoppanti che consentono di fare “miracoli”, all’aspettativa di vita sempre crescente (con terrore dei presidenti dell’Inps – ndr).
Allora qual è la sabbia che “molesta” l’ingranaggio, che rende insoddisfatto un medico che dispone di buone cure, e rende preoccupato un paziente curabile. Secondo il dott. Baldi, “La medicina moderna contiene alcune convinzioni fuorvianti. La prima è che il nuovo sia sempre meglio del vecchio (eccolo lì – ndr); che tutti i test e i trattamenti siano efficaci e sicuri (ma una Tac sprigiona 500 volte le radiazione dei Raggi X); che la tecnologia possa risolvere tutto; che la precoce identificazione delle malattie sia sempre meglio; che emozioni, stati d’animo ecc. siano da trattare coi farmaci”.
E veniamo agli sprechi dell’attuale pratica medica. Secondo Baldi (e non solo) la vecchia procedura che, partendo dall’anamnesi e dai sintomi, passa agli esami per la conferma, quindi giunge alla diagnosi, sarebbe oggi invertita.
“La tecnologia – ha detto il professionista – ha messo in ombra la relazione del medico coi pazienti (…) sino ad arrivare alla stupidaggine di dare un tempo definito a ogni visita”. (ecco che torna il dott. Tersilli…).
La reazione a un nuovo che impazzisce è il ritorno alle buone pratiche antiche, ed ecco che è nata questa filosofia della slow medicine, la medicina lenta che comprende anche un uso più sobrio dei mezzi, e una maggiore appropriatezza dell’uso delle indagini.
In tutto questo discorso aleggia un terribile fantasma che si chiama “medicina difensiva”, ovvero quell’eccesso di pratiche diagnostiche che un medico mette in atto per difendersi da eventuali cause intentategli contro e che ha fatto davvero esplodere la spesa sanitaria italiana.
(Nella foto dello Studio Ingenito, il dott. Baldi – a sinistra – durante la relazione)
Antonio Biella