Italiani all’estero: vorrei essere chiaro

La questione della quale ci occupiamo oramai da tempo immemore è stata studiata, da chi scrive, sempre con una grandissima attenzione. La massa di italiani che inonda i continenti è numericamente importante. Non si tratta certo di quattro gatti sparsi qua e là. La maggior parte di questi non ha bisogno di nulla. Vive lontano dall’Italia da anni, ha i figli grandi nati e cresciuti all’estero, non parlano l’italiano e sono oramai perfettamente integrati nel tessuto connettivo locale. Le questioni irrisolte, sono pochissime. Essi hanno poco o nulla da chiedere al paese. Si tratta di pensioni, di cittadinanza, tributi inerenti qualche proprietà posseduta ancora in Italia e qualche altra cosetta. Ma nulla di che. Alla maggior parte dei connazionali all’estero, mi viene di pensare soprattutto a quanti risiedono in Australia ed America Latina, interessa solo la lingua e la cultura italiana per i propri figli sperando di non sentirli in qualche modo estranei in casa. Apriamo una miserabile parentesi a proposito dell’assenza assai colpevole dei parlamentari eletti all’estero agli “Stati Generali della Lingua e Cultura Italiana nel Mondo” avutisi a Firenze il 21 e 22 ottobre scorso a dimostrazione di quanto interessi a questi personaggi il volere, le istanze e le speranze del proprio elettorato all’estero. Chiusa parentesi. Per il resto, lo si voglia credere oppure no, gli italiani residenti all’estero, non hanno nulla da chiedere. Neanche ritornerebbero più in Italia se non fosse per qualche breve vacanza. Ora, l’elezione di 18 parlamentari attinti dall’invenzione della Circoscrizione Estero, non è servita a nulla o quasi. In ogni caso essi non hanno saputo imporre la loro presenza e neanche saputo esigere quel rispetto che sicuramente non avrebbero, stanti così le cose, neanche meritato. 18 parlamentari lacerati da gelosie e manie di protagonismo becere. 18 parlamentari burattini nelle mani dei partiti senza ideologia e senza codifica progettuale. 18 parlamentari che si sono candidati e ricandidati per ben tre volte eletti senza aver saputo mai essere rilevanti, fosse stato solo a chiacchiere, in nessuna disquisizione politica che li vedesse protagonisti. Questi 18 parlamentari non servono, quindi, alla bisogna né per i loro elettori all’estero e neanche per la politica italiana avvinti come sono sotto lo schiaffo dei partiti. Alcuni di questi ne hanno cambiato a decine. Pensiamo a quanti hanno imitato il salto della quaglia alla perfezione saltando di qua e di là, ora con qualcuno di destra, ora con qualche altro di sinistra, ora con qualche gruppo misto composto un po’ dagli uni ed un po’ dagli altri e così si è andato avanti. Bisogna che si sappia che la formazione di nuovi gruppi parlamentari pesa sulle tasche degli italiani circa 40 milioni di euro annui. Ogni volta che ne nasce uno nuovo arriva a costare da solo tre milioni di euro. Quando nasce un nuovo gruppo parlamentare, vuoi alla Camera oppure al Senato viene dotato di un suo personale e spese di segreteria che incidono complessivamente per il 70% sui costi per il suo funzionamento. Per godere ed avere diritto a questa montagna di soldi, la formazione del gruppo esige un minimo di partecipanti: 20 alla Camera e 10 al Senato. I regolamenti concedono anche deroghe, cioè se non raggiungono il numero minimo di parlamentari per la formazione del gruppo, per i partiti organizzati su tutto il territorio nazionale ma solo se autorizzati dagli uffici di presidenza. Ecco spiegato il mobilismo parossistico di alcuni parlamentari che si affannano a ramificarsi ovunque con la nomina di coordinatori, presidenti e segretari. I parlamentari eletti nella Circoscrizione Etero, poi, ne hanno fatto un vero e proprio lavoro al solo fine di ottenere le deroghe previste dai regolamenti con l’avallo dell’autorizzazione degli uffici di presidenza ed accedere a quella cuccagna consistente in una montagna di denaro pubblico. Si lascia alla sola immaginazione di chi legge cosa significhi la costituzione di un nuovo gruppo parlamentare alla Camera oppure al Senato. Significa nuove location, spostamenti di uffici da una parte all’altra, segretari, collaboratori, mobilia e suppellettili, computers, stampanti, fax, apparecchiature informatiche, telefonini, ipad e chi più ce ne ha ce ne metta. Alla fine dei conti la sola Camera spende, come se non bastasse, ogni anno 57mila euro a deputato, aggiuntivi, si capisce, rispetto alle indennità e ai rimborsi vari accordati a monte. Ecco svelato l’arcano del frenetico viaggiare ovunque nel mondo dei parlamentari eletti all’estero. Ovviamente la giustificazione ufficiale, se glielo si chiede, sta nei contatti con la gente, con il proprio elettorato e via discorrendo. Essi si presentano come imperatori alle riunioni sconfortanti e tristi dei Comites con tre persone pensionate ed assonnate presenti loro malgrado. Con la propria mano sulle spalle di questi ignari poveretti fanno credere che loro, solo loro parlamentari, sanno e possono. Demagogia da quattro soldi. Ma soprattutto demagogia colpevole ed incosciente senza etica né deontologia. Tutto questo è necessario che si dica per onestà di informazione. Sappiamo per certo che i parlamentari si guardano bene dal dire queste cose al loro elettorato già abbastanza stanco ed avvilito quando non indignato e schifato. Perciò non è più tempo neanche di entrare nel merito della questione referendaria se “si” oppure se “no”. Il voto sul referendum è una grande opportunità che si presterebbe a preparare delle modifiche sulla modalità di voto per corrispondenza alle le prossime elezioni politiche. Oggi, parlando soprattutto degli italiani residenti all’estero è venuto il momento di protestare, di fare sentire la propria voce che non è quella di quanti essi stessi hanno eletto a rappresentarli. E’, secondo noi, il momento della protesta guardando e pianificando un progetto di lungo periodo lanciando un messaggio forte e chiaro: basta essere presi per i fondelli! Questo è il motivo per cui consigliavamo vivamente una forma di protesta veramente efficace votando per corrispondenza il referendum ma inviando il plico con la scheda, però, direttamente a Roma al Ministero degli Interni per evitare una volta e per tutte i brogli che sistematicamente si reiterano. E’ una forma di protesta eclatante, importante, dalla quale prendere spunto in futuro e cambiare tutto l’impianto della Legge Tremaglia senza capo né coda soprattutto puntando a votare direttamente in Italia per corrispondenza. Qualcuno ha obiettato che occorrerebbe tanto tempo prima che i plichi raggiungano l’Italia. Non è quello un problema. Le votazioni all’estero cominciano, si sa, una settimana prima di quelle italiane e si concludono, si sa, una settimana dopo, è di dominio pubblico e chi dovrebbe essere addetto a questi lavori non può far finta di niente. Noi non vogliamo infierire su quanti sono stati mestoli di questa pentola ed oggi ignorano e fanno gli indiani. Ma tant’è, come dice, è la reputazione di ciascuno di noi che di solito ci precede in ogni dove che è ciò che fa la differenza. C’è chi di reputazione non può neanche accingersi a pensare di parlare.

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