Una pasta e fagioli che era la fine del mondo…e la mensa nelle scuole di Torino

La mia mogliettina l’altro giorno ha cucinato una pasta e fagioli che era la fine del mondo. Fagioli borlotti freschi, tagliatelle spezzate, un brodo denso, soffritto d’olio e aglio e cipolla a pezzettini, un po’ di pomodoro fresco, peperoncino, un accenno d’origano. Una leccornia, insomma. Se poi nel piatto ci metti un pezzetto di pane, vai in visibilio. Il pane nel brodo dei fagioli è buonissimo. Mi raccontava mia madre che ad Aversa quando non tutti avevano la possibilità di mettere a cuocere i fagioli, se qualcuno lo faceva, arrivava immancabilmente la vicina di casa un po’ sfacciata, con un pezzo di pane affinché le fosse restituito dopo essere stato messo per qualche minuto nella preziosissima pentola, a fagioli quasi cotti. Sul pane passato nel brodo di fagioli è d’obbligo l’olio d’oliva e una spolveratina di pepe. Anche sulla pasta e fagioli, quando è nel piatto, il pepe ci sta benissimo. Ovviamente se si gradisce il pepe non si mette il peperoncino. Ma torniamo alla mia di pasta e fagioli. Il piatto non era abbondante, il mio poi sempre giustamente un po’ meno abbondante di quello delle figlie, che hanno più appetito di me. E così, mentre le facevo i complimenti per la squisita minestra, ho chiesto alla gentile consorte se nel tegame ne fosse rimasta ancora. Niente, era proprio finita la pasta e fagioli fine del mondo. Piccola delusione, davvero insignificante, rispetto alla delusione per la risposta negativa ad una domanda, che era diventata un ritornello per noi bambini al tempo di guerra, e che mi è tornata appunto alla mente: “Mamma, ce n’è più nella pentola?”. Alle volte la pasta e fagioli, e in special modo la polenta di farina di granoturco o di farina di castagne, si attaccavano al fondo della pentola, e allora a turno uno di noi fratelli aveva la fortuna di ripulirla ben bene. E mi sono tornate alla mente anche le minestre calde della refezione quando Carmelo bambino (non mi sembra di parlare di me, pensando a quel bimbo) frequentava le elementari dalle suore. Lì, ne restava sempre nel pentolone, per una seconda razione. Erano sempre buone quelle minestre. Certamente non buone come la pasta e fagioli cucinata l’altro giorno dalla moglie, ma allora mi sembravano buonissime, tanto che non le ho più dimenticate. Ricordo il riso. Minestra di riso con patate e zucchine. Alle volte un odore in cucina, improvvisamente mi richiama l’odore e il sapore delle minestre divorate da bambino nel convento delle suore a Carrara.

Leggo sui giornali la notizia che a Torino è intervenuto il Tribunale per sancire il diritto del bambino a portarsi a scuola il pasto preparato a casa, e per obbligare tutti gli istituti a riservare uno spazio a chi non mangia in mensa. Nessun bambino si porterebbe il pranzo da casa, se trovasse a scuola una minestra così buona come quella che cucinavano la suore a Carrara, oppure come la pasta a fagioli fine del mondo preparata dalla mia consorte.

Carmelo Dini

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