Casi in cui l’aborto non può essere una colpa

Gentile dottor Beppe Severgnini, il lettore Stefano Colombo, nella lettera “Quei laici che insegnano al Papa come fare il suo mestiere” (23 settembre), scrive tra l’altro: “I giornalisti che si occupano di Chiesa Cattolica stanno vivendo tempi di vacche grasse grazie a Papa Francesco ed alla sua popolarità dentro e fuori la Chiesa. Forse c'è un problema di preparazione, forse c'è un problema di incomprensione culturale, forse c'è un po’ di malafede… Il Papa ha detto: a tutti i sacerdoti che in confessione si troveranno davanti persone coinvolte nel peccato di aborto, do il permesso di assolvere, senza dover sospendere la confessione e chiedere il permesso al vescovo. Questo atto del Papa, congruente con gli scopi manifesti dell’Anno Santo, non è una novità e tantomeno un cambiamento dottrinale. Nella mia diocesi, Boston, i sacerdoti hanno già questa facoltà data dal nostro arcivescovo Card. O’Malley”. Ora, la novità sta nel fatto che Papa Francesco, in tal modo ha reso più facile a coloro che hanno fatto ricorso all’aborto, d’essere perdonati, giacché avendo già avuta l’autorizzazione dal Pontefice, non devono più chiedere il permesso al vescovo. E la novità sta anche in ciò che Papa Francesco sicuramente ha pensato ma non ha detto, perché non può dirlo, vale a dire che esistono casi in cui l’aborto diventa una necessità. Non si può, ad esempio, ritenere colpevole una donna che abortisce, perché nell’impossibilità psicologica di portare avanti una gravidanza a seguito di stupro. Così come non può esserci colpa qualora si ricorra all’aborto al fine di impedire che si sviluppi un embrione portatore di gravissime malattie, che non permetterebbero al neonato di vivere più di qualche giorno. Vorrei osservare, infine, che se un giornalista ritiene che la Chiesa o il Papa sbagli, non c’è niente di male nel farglielo fa notare, ovviamente in maniera civile e garbata. Niente di male.

Elisa Merlo

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